di Paolo Castellano
Il 9 maggio Halina Birenbaum, sopravvissuta all’orrore di Auschwitz, ha inaugurato la nuova edizione del Salone del Libro di Torino. Ebrea polacca, nata nel 1929 a Varsavia e liberata dal campo di concentramento nel 1945, ha deciso di trasferirsi in Israele nel 1947. Nei giorni precedenti, Halina Birenbaum aveva dichiarato che non avrebbe presentato il suo libro, intitolato La forza di vivere (casa editrice del museo di Auschwitz), se la casa editrice Altaforte legata a Casa Pound avesse presenziato alla kermesse letteraria.
Altaforte è stata infatti esclusa dalla fiera torinese del libro dopo gli esposti della Regione Piemonte e Comune di Torino che hanno accusato il titolare dell’azienda, Francesco Polacchi, di fare apologia di fascismo. Polacchi ha respinto le accuse, affermando che la decisione è solamente un attacco politico all’attuale ministro degli Interni Matteo Salvini, che ha pubblicato con Altaforte un libro-intervista. «È un attacco a Salvini», ha dichiarato il titolare, annunciando un ricorso giudiziario contro quella che egli ha definito “censura”. Tuttavia le polemiche hanno esaurito la prima tiratura del libro. Come riporta Avvenire, nelle prossime ore potrebbe svolgersi una presentazione del volume su Salvini fuori dai cancelli del Salone del Libro di Torino.
La Birenbaum ha espresso soddisfazione per l’esclusione di Altaforte: «Se fosse entrata quella casa editrice, ciò che ho fatto in questi anni sarebbe stato vano», ha detto l’ebrea polacca, ora con cittadinanza israeliana, ai microfoni del Corriere della Sera. «Con la mia presenza qui ho dimostrato che si può dir loro di no e che possiamo sbarrargli la strada».
Nel corso della presentazione, organizzata dall’Associazione Treno della Memoria e dal Museo di Auschwitz, la Birenbaum ha raccontato alcuni frammenti della sua tragica esperienza nel lager nazista di Auschwitz, facendo riferimento anche a Primo Levi – quest’anno ricorre il centenario della sua nascita. «Quel giorno la temperatura nel lager era di quasi 20 gradi sotto zero. Ci costrinsero a spogliarci completamente e a inginocchiarci nel gelo, a sollevare le braccia in alto impugnando dei mattoni. Qualcuno, ogni tanto, cadeva a terra. Ma a un certo punto, non saprei dire da dove, si è levata una voce di donna. “Il mondo”, diceva, “il mondo esisterà ancora, qualcuno parlerà di noi, scriverà di noi, girerà un film su di noi”. Così è stato, io posso testimoniarlo».
Ad Halina Birenbaum è poi stato chiesto se oggi sia preoccupata per l’avanzata dell’estrema destra in Europa. «Sono molto preoccupata. Però vivo in Israele, in un paese che mi può difendere e che si può difendere. Quindi non mi possono rimandare ad Auschwitz perché io vivo in Israele».