di Paolo Castellano
Sui social network si stanno moltiplicando i paragoni tra gli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento e la liberazione della volontaria Silvia Romano. Fiona Diwan, direttrice dei media della Comunità ebraica di Milano, li ha definiti “inopportuni e incongrui”, mentre Enrico Mentana, direttore del TG La7, li ha giudicati “orrendi e insensati”.
Il 10 maggio la volontaria milanese Silvia Romano, che nel 2018 era stata rapita in Kenya e consegnata al gruppo jihadista salafita somalo al-Shabaab, è tornata in Italia. La ragazza ha riabbracciato i propri cari indossando un abito integrale islamico di colore verde. Quest’ultimo particolare ha però scatenato alcune polemiche sui social, compresi i riferimenti agli ebrei detenuti nei lager nazisti.
Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, sul suo profilo Twitter ha espresso la propria incredulità difronte alle immagini dell’atterraggio in Italia della Romano in veste islamica. «Silvia è tornata, bene ma è stato come vedere tornare un prigioniero dei campi di concentramento orgogliosamente vestito da nazista. Non capisco, non capirò mai», ha twittato Sallusti.
L’11 maggio, Enrico Mentana ha inoltre pubblicato sul suo profilo Facebook un post di Simone Angelosante, consigliere regionale della Lega in Abruzzo, in cui viene riproposto il paragone tra la Romano e i prigionieri ebrei del nazismo. «Avete mai sentito di qualche ebreo che liberato da un campo di concentramento si sia convertito al nazismo e sia tornato a casa in divisa delle SS?», ha scritto su Facebook il consigliere abruzzese.
Mentana ha criticato così i parallelismi tra Silvia Romano e chi sopravvisse ai campi di concentramento di Hitler: «A tutti quelli che in queste ore fanno orrendi e insensati paragoni con chi tornò ad Auschwitz, voglio solo sommessamente ricordare che il campo di Auschwitz sorgeva nella cattolicissima Polonia, e che lo stesso Hitler era cattolico battezzato e cresimato. Provate a riformulare il paragone ora…».
Fiona Diwan, direttrice di Mosaico e dei media della Comunità ebraica di Milano, ha commentato così i recenti confronti tra la reclusione della Romano e i prigionieri dei lager nazisti: «Questi paragoni sono inopportuni e incongruenti. Nel caso di Silvia Romano potremmo supporre che abbia sviluppato una specie di Sindrome di Stoccolma che è un’altra cosa rispetto al trauma della detenzione in un campo di sterminio. Non è questa la sede per indagare le sottili dinamiche vittima-carnefice. Tuttavia, non conosciamo appieno quello che è accaduto durante il suo rapimento e la sua condizione personale. Sappiamo però che Silvia Romano è stata tenuta prigioniera da una compagine maschile di terroristi, trovandosi in una situazione estrema. Che siano libere o indotte da circostanze inimmaginabili, le sue scelte restano private. Non sta a noi giudicare».
Diwan ha poi sottolineato che le frasi sui prigionieri ebrei sono assurde e non conformi alla realtà: «Non è mai successo che un prigioniero di Auschwitz abbia mai indossato una divisa delle SS. Non possiamo dunque comparare una prigionia collettiva a una individuale. Niente è simile a quello che è avvenuto nell’universo concentrazionario dei lager nazisti».