di Ester Moscati
Carlo Calenda è un antisemita? Non lo pensiamo. È piuttosto, ci pare, un sintomo di una certa forma mentale che, sotto la parvenza di una difesa della laicità, non perde invece occasione di rivendicare la supremazia morale del Vangelo sulla Bibbia ebraica.
I fatti: in risposta alle dichiarazioni del Senatore di Fratelli d’Italia Lucio Malan contro i gay (“Nel Levitico sta scritto che l’omosessualità è un abominio”), Carlo Calenda ha twittato: “Non so come qualificare queste esternazioni. Personalmente le considero indegne e sintomo di una profonda ignoranza. Se le nostre regole derivassero dal Vecchio Testamento – continua Calenda – non saremmo molto diversi dai talebani. Per fortuna abbiamo avuto il Vangelo e lo Stato laico”.
In pratica, Calenda accusa gli ebrei di essere dei talebani: ignaro della preminenza dell’interpretazione (rabbinica) sulla lettera della Legge – principio cardine dell’ebraismo – si fa portavoce di una concezione preconciliare della sostituzione della parola evangelica rispetto alla Torà. Sessant’anni passati invano, dal Concilio Vaticano Secondo, verrebbe da dire. Ma evidentemente duemila anni di teologia della sostituzione e di insegnamento del disprezzo hanno lasciato un segno più profondo.
Una mentalità che vede tra i suoi propalatori figure del calibro di Eugenio Scalfari e Dacia Maraini. Il fondatore di Repubblica scrisse, per esempio, nella nota introduttiva a un dialogo con Papa Bergoglio: “La legge mosaica condensata nei dieci comandamenti ordina e impone divieti. Non contempla diritti, non prevede libertà. Quel Dio è unico, è giudice, è vendicatore ed è anche, ma assai raramente, misericordioso”. Mentre più recentemente Dacia Maraini, nel delineare la figura di Gesù, così si è espressa: “Un giovane uomo che ha riformato la severa e vendicativa religione dei padri, introducendo per la prima volta nella cultura monoteista il concetto del perdono, del rispetto per le donne, il rifiuto della schiavitù e della guerra. (…) i principi del vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente), la sua profonda misoginia, l’intolleranza e la passione per la guerra”.
A Calenda risponde sul quotidiano Domani il filosofo Davide Assael: “(…) In un solo tweet Calenda è riuscito a riproporre come niente fosse i peggiori pregiudizi antigiudaici, che descrivono l’ebraismo come una religione chiusa in sé stessa, legalista, spietata e peggio, superata dalla predicazione evangelica, secondo il classico schema della teologia della sostituzione che tante catastrofi ha creato in occidente (…)”. E ancora “(…) Si spera che Calenda, sempre pronto a dare degli ignoranti agli altri, si confronti con la sterminata letteratura post conciliare (…)”.
In effetti Carlo Calenda sembra non aver colto per nulla la portata delle sue parole. Su twitter continua a rintuzzare scompostamente chi gli muove rilievi di antisemitismo per quanto inconsapevole.
Foto: Carlo Calenda (Luca Maiella – Licenza Creative Commons – CC)