di Paolo Castellano
«Non so perché si sia scatenato tutto questo caos. In Spagna il gesto fascista si fa con il braccio piegato sul cuore a livello del petto… Non sapevo che fosse vietato quel modo di esultare nel vostro paese», ha dichiarato alla Messaggero Juan Bernabé, falconiere della Lazio che il 16 ottobre ha urlato in direzione della curva dei tifosi “Duce, Duce” col braccio testo.
Il saluto fascista di Bernabé è stato filmato dai tifosi presenti allo stadio Olimpico di Roma per la gara contro l’Inter ed è poi stato diffuso sui social network, dove è diventato virale.
Come riporta Rai News, la Lazio ha dichiarato di aver sospeso il falconiere. Tuttavia Bernabé ha detto di non aver ricevuto nessuna comunicazione dai dirigenti della squadra di calcio.
Immediata la reazione di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI), che ha lanciato un appello alla Lazio in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport: «Non basta il gesto della singola squadra, o della Federazione. Credo serva un intervento anche del legislatore per valutare la rilevanza penale che possono avere gesti e parole come quelle nel video».
«Oggi il reato di apologia del fascismo è molto circoscritto e legato a una situazione in cui si debba dimostrare la volontà di ricostruire il partito fascista, sennò è un gesto e rimane lì, specialmente quando si palesa in un gruppo», ha sottolineato Di Segni.
Dalle colonne del Messaggero, Bernabé si è difeso così: «Per me [il saluto fascista] è un saluto militare. Io sono nato dentro l’esercito. Ho una cultura di destra, sono del partito Vox come tanti amici calciatori e ne vado orgoglioso».
«L’ho fatto – l’urlo “Duce, Duce” – è vero: non lo rinnego perché io stimo Mussolini, ha fatto grandi cose per l’Italia così come Franco in Spagna», ha sottolineato il falconiere spagnolo sospeso dalla Lazio.
«La vicenda è di una gravità sconcertante. A prescindere dall’esito della giustizia sportiva, ci riserviamo la possibilità di intraprendere un’azione legale. Speriamo di non essere soli in questa battaglia. Dalle parole bisogna passare ai fatti. Il mondo del calcio, in questo senso, è stato spesso lacunoso. Troppi silenzi, troppe sottovalutazioni. Adesso basta. È il momento di agire», ha dichiarato Di Segni a Rai News.