La mappa dell'intolleranza relativa a Milano

Mappa dell’intolleranza: donne ed ebrei le categorie più colpite su Twitter

Italia

di Redazione
Nell’anno della pandemia l’odio diminuisce ma si radicalizza. Le donne restano la categoria più colpita, soprattutto se lavorano. Subito seguite dagli ebrei. E’ quanto emerge dalla quinta edizione della Mappa dell’Intolleranza, il progetto ideato da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, in collaborazione con l’Università Statale di Milano, l’Università di Bari Aldo Moro, Sapienza- Università di Roma e IT’S TIME dell’Università Cattolica di Milano.

Fattore determinante nell’analisi di quest’anno, che ha riguardato il periodo marzo- settembre 2020, è stato lo scatenarsi della pandemia da Covid 19: ansie, paure, difficoltà si sono affastellate nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti.

È indubbio che il contesto di crisi sanitaria e criticità globale, determinato dalla pandemia, abbia determinato scenari differenti rispetto agli anni passati.

La ricerca 2020

Sono stati estratti e analizzati 1.304.537 tweet, rilevati tra marzo e settembre 2020. Tra questi, 565.526 sono stati i tweet negativi. I tweet sono stati geolocalizzati, dando come risultato le ormai note cartine termografiche dell’Italia. Quanto più “caldo”, cioè vicino al rosso, è il colore della mappa termografica rilevata, tanto più alto è il livello di intolleranza rispetto a una particolare dimensione in quella zona. Aree prive di intensità termografiche non indicano assenza di tweet discriminatori, ma luoghi che mostrano una percentuale più bassa di tweet negativi rispetto alla media nazionale. Perché Twitter? Sebbene tra i social network non sia quello maggiormente utilizzato, il fatto che Twitter permetta di re-twittare dà l’idea di una comunità virtuale continuamente in relazione e l’hashtag offre una buona sintesi del sentimento provato dall’utente.

Entrando più nel dettaglio, si evidenzia una ridistribuzione dei tweet negativi totali; nel 2019 infatti i cluster più colpiti erano migranti (32,74%), seguiti da donne (26,27%), islamici (14,84%), disabili (10,99%), ebrei (10,01%) e omosessuali (5,14%). Nel 2020, occupano i primi due posti donne (49,91%) ed ebrei (18,45%), seguiti da migranti (14,40%), islamici (12,01%), omosessuali (3,28%) e disabili (1,95%).

Lo hate speech è diminuito in modo notevole rispetto al 2019. E anche se il periodo preso in esame nella rilevazione di quest’anno è più lungo, il dato è comunque importante.

La diminuzione indica uno scenario diverso e una mutazione in corso, rispetto agli anni passati: la rilevazione per esempio dei picchi di odio indica una recrudescenza importante e un accanimento (rilevato anche dal numero di tweet) che parrebbero evidenziare un uso diverso dei social. Un uso, quasi più “professionale”, dove circoli e gruppi di hater concentrano la produzione e la diffusione di hate speech. Si odia in sintesi in modo diverso, più radicato e radicale, anche se quantitativamente il fenomeno è diminuito: preoccupa questa incisività di intolleranza nel mondo online, ma anche la speculare diffusività di questo fenomeno a livello geografico.

I dati della Mappa dell’intolleranza 2020 relativi all’antisemitismo

 

La novità di quest’anno è l’introduzione di un’analisi dell’odio online riferito ad alcuni profili di giornaliste e di giornalisti per poter evidenziare sia il livello di attacchi subiti, sia il potenziale di intercettazione e catalizzazione dei discorsi d’odio da parte di alcuni professionisti dell’informazione. In altri termini, quanto vengono colpiti o quanto diventano, se pur inconsapevolmente, vettori di discorsi d’odio i giornalisti più esposti?

Il progetto è firmato da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti in collaborazione con GIULIA – Giornaliste Libere Autonome. Nel periodo marzo – settembre 2020, sono stati presi in esame i profili di una trentina di giornaliste e di giornalisti, comparando i loro profili Twitter e Facebook. Mentre l’analisi su Twitter si è svolta utilizzando il software di sentiment analysis già usato per la Mappa dell’Intolleranza, l’analisi su Facebook è stata svolta da volontarie e volontari delle due associazioni

Strumento essenziale per la mappatura del cosiddetto hate speech, la Mappa dell’Intolleranza si è rivelata anche un utilissimo vettore per individuare e combattere i fenomeni di cyberbullismo, perché dimostra ancora una volta come i social media diventino un veicolo privilegiato di incitamento all’intolleranza e all’odio verso gruppi minoritari, data la correlazione sempre più significativa tra il ricorso a un certo tipo di linguaggio e la presenza di episodi di violenza.

La Mappa verrà donata ai comuni, alle Regioni, alle scuole, a chiunque abbia bisogno di fare un’efficace azione di prevenzione sul territorio.