di Nathan Greppi
Quello dell’odio sul web, e in particolare sui social media, è un argomento sempre più dibattuto, soprattutto per quanto riguarda i giovani: ma quanto è diffuso in Italia? E quali forme ha assunto negli ultimi anni? È per cercare di rispondere a questi quesiti che lunedì 25 giugno è stata presentata, all’Università degli Studi di Milano, la 3° edizione della Mappa dell’Intolleranza prodotta dall’Osservatorio dei Diritti Vox, in collaborazione con la Statale di Milano, la Sapienza di Roma e l’Università di Bari Aldo Moro. A moderare l’incontro è stata Marilisa D’Amico, docente di Diritto Costituzionale alla Statale.
La Mappa dell’odio
La prima a prendere la parola è stata Silvia Brena, giornalista e co-fondatrice di Vox, la quale ha mostrato un breve video che riportava i numeri e le statistiche dei tweet discriminatori verso minoranze quali gli ebrei, gli omosessuali e i migranti: i ricercatori che hanno lavorato al progetto sono riusciti, in base ai luoghi di provenienza dei tweet pubblicati tra il giugno 2017 e il maggio 2018, a tracciare una mappa termografica dove i punti più “caldi” sono le città da dove provengono più tweet di odio (che non coincidono con le città dove è più diffuso l’odio): in cima alla classifica troviamo Roma (circa 33.000 tweet) e Milano (circa 13.000), seguite da Torino, Napoli e Firenze. Nello specifico, a Roma e Milano i tweet contro gli ebrei erano rispettivamente 1.467 e 430, facendone la categoria meno discriminata tra quelle analizzate (i tweet contro le donne, nelle stesse città, erano rispettivamente 14.468 e 6.309).
“Perché abbiamo utilizzato Twitter? Questo progetto – ha spiegato la Brena – non ha la pretesa di essere un’analisi statistica da tutti i punti di vista, perché di fatto non lo è. Twitter è tra i social media quello meno utilizzato in Italia, però è un media che presenta alcuni aspetti di particolare interesse, perché permette di ritwittare, cioè di far circolare il proprio messaggio e di creare un ambiente di viralizzazione che, quando si tratta di linguaggi dell’intolleranza, è particolarmente interessante; e in più, da la possibilità di geolocalizzare i messaggi”. Ha aggiunto che, rispetto al 2016, nel periodo tra la seconda metà del 2017 e la prima del 2018 sono aumentati i tweet: sono diminuiti i tweet contro i gay, per effetto secondo la Brena della Legge Cirinnà, ma sono aumentati quelli contro ebrei, migranti, musulmani, donne e disabili. Infine, ha fatto notare che “aumentano i tweet ma diminuiscono i profili Twitter, sono pochi tweet ma concentrati nelle mani di pochi haters.”
La disumanizzazione facile e legittimata
Dopo la lettura di una lettera di Emanuele Fiano, ha preso la parola Vittorio Lingiardi, docente di Psicologia alla Sapienza, il quale ha ricordato come “è facile dare voce alla propria pancia quando c’è l’anonimato, quando c’è la brevità della comunicazione, con poco spazio per l’articolazione cognitiva.” Ha spiegato che è stato scientificamente dimostrato che i tweet scritti di notte sono più impulsivi e angosciati di quelli scritti di giorno, e che un elemento fondante è “la disumanizzazione dell’altro, prendere le distanze da qualcuno e dare libero sfogo all’aggressione di qualcuno perché è stato disumanizzato.” Un elemento che secondo è molto più nuovo è invece “la legittimazione sociale a cui sta andando incontro tutta questa vicenda: una volta l’odio era custodito, a volte anche con vergogna, dentro una bolla di segreto, oggi invece è molto popolare, appaghi molto, strutturi delle identità pubbliche.”
L’odio sul web: come individuarlo
Per fare chiarezza sui sistemi informatici che hanno portato a creare la mappa, è intervenuto Cataldo Musto, ricercatore di Informatica all’Università di Bari Aldo Moro, che ha creato la mappa dell’odio su Twitter attraverso 4 fasi: “ci siamo collegati ai social network, abbiamo estratto questi contenuti, abbiamo individuato, tra i contenuti pubblicati in rete, quelli realmente intolleranti, li abbiamo localizzati, e infine abbiamo costruito le mappe.” Ha spiegato che hanno scelto Twitter anche perché li è più facile rintracciare la provenienza geografica dei tweet. “L’estrazione vera e propria,” ha aggiunto, “è stata effettuata sulla base di un lessico: per ogni dimensione fissata in precedenza, abbiamo definito delle parole. Sulla base di questo lessico abbiamo iniziato un processo di drenaggio.”
Ma anche dopo il drenaggio le fatiche non sono terminate, poiché “la lingua italiana, per sua caratteristica, è ambigua, può contenere dell’ironia, e abbiamo cercato di capire quali fossero i tweet davvero intolleranti.” Per spiegarsi, ha fatto l’esempio di un calciatore che di cognome fa “Finocchio”, per cui chi lo citava su Facebook veniva censurato dagli algoritmi. Loro hanno dovuto filtrare i tweet ironici o altri non offensivi.
L’odio gratificante
Dopo un breve intervento di Giovanni Semeraro, docente di Informatica all’Università di Bari che ha raccontato alcuni fatti e opinioni sulla nascita di internet, è intervenuto Giovanni Ziccardi, che insegna Filosofia del Diritto alla Statale, e ha spiegato che “stiamo analizzando tanti casi di persone che odiano in rete ma non odiano, cioè hanno scoperto che odiare una persona porta a quella che viene definita ‘gratificazione digitale’.” Ovvero, c’è chi diffonde odio non perché odia gli ebrei o i gay, ma per avere “mi piace” e visibilità sui social. Infine, è intervenuta Barbara Lucini, del Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica, la quale ha ricordato che spesso quelle su Twitter non sono comunità chiuse, rientrano in una rete internazionale.
I dati sull’antisemitismo
Guardando più da vicino i dati legati all’antisemitismo nel nostro paese, è emerso che dal maggio al novembre 2017 ci sono stati 8854 tweet negativi contro gli ebrei, mentre dal marzo al maggio 2018 erano 6566. Essi erano concentrati prevalentemente in 4 città: Milano, Roma, Bologna e Firenze, con picchi minori a Torino, Venezia e Napoli.