di Redazione
Il Comune di Milano ha intitolato ieri, 13 ottobre, una via a Eugenio Colorni, filosofo, antifascista, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. La via è situata vicino al quartiere Morsenchio (Milano est).
Il 28 maggio 1944 la banda Koch, una banda fascista aggregata alle SS romane (aveva fornito alle autorità tedesche una trentina di nominativi da destinare all’eccidio delle Fosse Ardeatine), sparava, in una via di Roma, ad un uomo che sarebbe morto due giorni dopo in ospedale. Il nome sulla sua carta d’identità, falsa, era Franco Tanzi. In realtà si chiamava Eugenio Colorni, era un antifascista, un filosofo, un ebreo, e durante il periodo passato nel confino di Ventotene, fra il 1939 e il 1941, aveva collaborato con Altiero Spinelli e Ernesto Rossi alla stesura del Manifesto per un’Europa libera e unita, il testo fondativo della creazione dell’Europa.
Come spiega Roberto Cenati, presidente Anpi Provinciale di Milano in una nota: “Nella prefazione a Il manifesto di Ventotene, Eugenio Colorni scrive: ‘Si fece strada nella mente di alcuni l’idea centrale che la contraddizione essenziale, responsabile delle crisi, delle guerre, degli sfruttamenti che travagliano la nostra società, è l’esistenza di stati sovrani, geograficamente economicamente e militarmente individuati, consideranti gli altri stati come concorrenti e potenziali nemici, viventi gli uni rispetto agli altri in una situazione di perpetuo bellum omnium contra omnes’.”
Membro del movimento di Giustizia e Libertà, dopo gli arresti che nel 1935 avevano fortemente indebolito questo movimento, Colorni era entrato a far parte del Centro Interno socialista, di cui era divenuto uno dei leader. Arrestato dopo le leggi antiebraiche emanate dal regime fascista e confinato come antifascista, era stato mandato a Ventotene e poi a Melfi, da dove era riuscito a fuggire riprendendo la sua attività clandestina antifascista.
“Un’attività importante – continua Cenati – a cui avrebbe posto fine sotto l’occupazione nazista la banda assassina di Pietro Koch che nel giugno del 1944 si trasferisce a Milano, nella Villa Fossati, in via Paolo Uccello 19, luogo in cui gli aguzzini agivano con false fucilazioni, pestaggi, docce fredde e calde, corde sempre più attorcigliate intorno alla fronte. A metà settembre del 1944 le camere di sicurezza traboccavano di arrestati”.