di Daniel Fishman
Una storia secolare, una kehillà centenaria, concentrata e saporosa, con la voglia di continuare a vivere nonostante la fuga dei giovani. E oggi la speranza portata dai nuovi ebrei arrivati da Israele. Rav Goldstein, venuto da Milano, dice “Qui c’è sempre minian”
Centocinquant’anni fa, la Comunità di Milano non esisteva. In altre kehilloth si festeggiava invece l’Unità. Da qui il pretesto per un mini Giro d’Italia che, passando anche per Torino, Firenze, Trieste, Bologna…, farà il punto sui sentimenti nazionali degli ebrei italiani e su come sono oggi le nostre Comunità, un secolo e mezzo dopo la data che unì, dalle Alpi a Scilla e Cariddi, il nostro Paese. Iniziamo quindi questo viaggio da Modena, pensando di omaggiare innanzitutto l’Emilia Romagna, terra di grandi fervori mazziniani e garibaldini.
Personalmente, sono anche mosso dalla curiosità di incontrare rav Beniamino Goldstein, che dopo l’esperienza milanese ed eupilina, ha deciso di ricoprire la carica di Rabbino Capo, in una Comunità che da tredici anni era rimasta senza un rabbino. “Rav, ma cosa ci fai in mezzo a tutti questi culatelli, mortadelle, e salsicce?” gli chiedo. “Qui è tutto treif!”. Accompagno Beniamino alla biblioteca comunale dove deve rendere un libro preso in prestito. Ci sono tanti giovani, belle scaffalature, libri esposti per stimolare qualsiasi tipo di lettore, la sensazione di un servizio efficiente. “Hai presente i pregiudizi, positivi e negativi, sulla Provincia?”, il rav me li conferma tutti. “In una città come questa il senso civico, i diritti-doveri del cittadino, sono elementi molto sentiti. Ognuno sa dove stare, e ognuno sa cosa deve fare per gli altri. La nostra ultimogenita Rifka è nata qui, e ti posso raccontare del grande livello di attenzione del personale e della ottima struttura organizzativa dell’ospedale. A Milano non credo ci siano agli stessi standard. E venendo alle cose ebraiche, quanto più la comunità è piccola, quanto più è responsabilizzata. Anche per questo, pur essendo solo ottanta persone, abbiamo sempre minian il sabato”.
Effettivamente, se arrivando nella Modena ebraica riuscite a passare il filtro del burberissimo amico Franco Coen, vi renderete conto di quanta animazione c’è nella Comunità. In questo shabbath, dopo e durante la lezione di rav Goldstein, colgo le battute del novantenne e vitalissimo Vittorio Sacerdoti, gli inviti della signora Modena a lottare contro Durban 3, mentre in una altra stanza i bambini della Comunità seguono una lezione.“È un piccolo miracolo”, ci racconta la Presidente Sandra Eckert Crema. “Dopo il disastro dello Shoah, ci siamo giocati un’altra generazione con i matrimoni misti ed un’altra successiva con i giovani che sono praticamente tutti andati fuori città, la maggior parte dei quali in Israele. Ora, oltre ai cinque figli del rav, abbiamo altri sei bambini, ed un altro sta per nascere”.
I nuovi ebrei modenesi… venuti da Israele
Un contributo viene anche da una famiglia di israeliani. La Comunità ha messo un annuncio su un giornale israeliano, proponendo vitto e studi pagati, ad una giovane famiglia che fosse disposta a stare qualche anno a Modena. Ci sono tante università di livello da queste parti (Bologna, Parma, la stessa Modena), e le richieste sono state tante.
È difficile parlare di Istituti di formazione superiore a Modena e non passare alla Fondazione San Carlo, entità che da oltre quattro secoli è un punto di riferimento cittadino.
Conversiamo con Roberto Franchini, il Direttore della Fondazione, persona colta e che ci testimonia della centralità di certe istituzioni cittadine, Comunità ebraica compresa. All’entrata della Fondazione, specializzata in filoni di interesse giuridico e religioso, notiamo le riviste Shalom e la francese Arche, prima di percorrere degli ampi saloni affrescati con i ritratti dei laureati dei secoli scorsi. “Una forma di marketing dell’epoca”, commenta Franchini.
Il mito Mazzini e il Risorgimento
Con lui ci spostiamo in Piazza Mazzini, aperta nel 1903 con la demolizione del quartiere ebraico. Prima la Piazza si chiamava “della Libertà” proprio per ricordare l’apertura del Ghetto avvenuta nel 1859.
Il Sindaco, rav Goldstein ed altre personalità sono lì riunite per ricordare Mazzini, il cui busto si erge proprio di fronte alla Sinagoga (edificata tra il 1869 e il 1873). Come da altre parti, in queste occasioni ricompare quel mondo laico repubblicano e socialista, che ha profondamente inciso nella storia del paese, anche se non è mai stato maggioritario. Il Presidente dei Mazziniani è ovviamente anche Presidente di Italia-Israele, e le particolari fogge di barbe e di cappelli che si notano in questa occasione fanno veramente immaginare che alcuni dei presenti siano i diretti eredi degli uomini del Risorgimento.
Ebrei modenesi come Israel Latis, Benedetto Sanguinetti e Fortunato Urbini parteciparono ai moti risorgimentali. In particolare Benedetto Sanguinetti e Angelo Usiglio, al cui nome è dedicata una via, sacrificarono la vita nei moti insurrezionali, rispettivamente del 1821 e del 1831. Altri giovani ebrei parteciparono alla Terza Guerra di Indipendenza nel Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi. Tra questi Arnoldo Formiggini e Angelo Donati che combatterono a Bezzecca all’età di 18 anni. I mille ebrei modenesi in quel periodo uscirono dal ghetto ed entrarono nelle professioni liberali, lavorando anche nelle amministrazioni pubbliche, nell’esercito e nelle istituzioni culturali e sociali di Modena. Furono gli anni dell’emancipazione.
“Oggi”, dice la Presidente Eckert “non abbiamo grandi rappresentanti a livello economico, ma nel recente passato gli ebrei hanno profondamente lasciato il segno”. Cita le concerie Donati, Leone Padoa che ha inventato i forni per la ceramica, che è una delle glorie del locale distretto della ceramica, oppure l’Avvocato Friedman fondatore delle Cantine Sociali, quelle del Lambrusco. “Mio papà Massimiliano Eckert”, prosegue, “era invece nelle penne stilografiche e il suo successo dipese dal fatto che elaborò confezioni particolari per le cresime e le comunioni!”.
Arrigo Levi è tra i cittadini illustri, ma la Comunità ha tra le sue glorie anche Sandra Reigler, una campionessa italiana di scacchi, ed Elisa Molinari esperta di fama mondiale nelle nanotecnologie.“È sì il contributo di singoli, ma in un anno e mezzo che sono qua ho constatato come la Comunità ebraica abbia un ruolo ben assegnato nel panorama cittadino”, aggiunge rav Goldstein mentre passiamo sotto al Gonfalone che segnala che è in corso il giuramento dei cadetti dell’Accademia, proprio a due passi dalla Comunità.
Ferrari, Maserati, salami vari, queste alcune delle particolarità locali. Mi viene infine in mente la metafora dell’aceto balsamico per descrivere la piccola, concentrata, gustosa Modena ebraica. Una piccola botte nella quale il passato risorgimentale si combina con il difficile ma riuscito tentativo di assicurare una vita ebraica ai suoi iscritti.