Napoli: viaggio nella nuova frontiera ebraica

Italia

di Daniel Fishman

Entrando al Centro Bibliografico Ucei a Roma ci si imbatte in una immensa cartina nella quale sono indicate tutte le località che hanno visto la presenza degli ebrei in Italia. La maggior parte dei “pallini” testimoniano di un passato (e forse di un futuro) nel Meridione. La cacciata dalla Spagna è infatti coincisa con l’arrivo di tanti ebrei che nella Penisola pensavano di trovare rifugio. E così, a partire dal 1492, una serie di decreti, proroghe e relativi ricorsi senza esito, fecero sì che si creasse una folta presenza ebraica da quelle parti. Questo, fino al 1541, momento della definitiva espulsione degli ebrei dal Regno di Napoli.

Proprio il presidente di questa Comunità, Pierluigi Campagnano sottolinea come tutto ciò comportò una rivoluzione nel tessuto sociale ed economico meridionale, che d’improvviso si trovò privato di una parte importante della propria economia, tanto che molti studiosi definiscono la perdita dell’elemento ebraico come l’“occasione mancata per il Sud”.

Chi decise di rimanere, dovette abiurare la propria fede, farsi battezzare. Divennero “conversos” per gli spagnoli ed “anusim” per gli ebrei. Da quell’epoca l’identità ebraica è andata progressivamente a scemare, sia in termini quantitativi sia qualitativi.

A distanza di cinquecento anni non si può che rimanere emozionalmente meravigliati quando si sentono storie di una eredità che si è tramandata finora e che oggi, seppur tra mille difficoltà, prova a rinascere.

Per anni Rav Shalomino Bahbout, ora Rabbino di Napoli e uno dei leader ebrei italiani con maggiore “dream and mission”, ha cercato di portare l’attenzione su di una realtà di centinaia (migliaia?) di persone che hanno origini ebraiche, e che rimanevano sotto traccia.

Ma tornando all’oggi e a quanto già esiste, il sito www.napoliebraica.it può essere una ottima porta d’accesso virtuale alla realtà che stiamo osservando. Lo cura, tra gli altri, Debora Curiel, che è anche responsabile di Sullam (Scala), il quindicinale che da quattro anni cura l’informazione della Comunità.

Per incontrarla, vado a San Giorgio a Cremano, un agglomerato piuttosto caotico che ha dato i natali al comico Massimo Troisi. Debora mi accoglie nella sua bella villa proprio sotto al Vesuvio (ce n’est pas pour nous – les Juifs, direbbero a casa mia). Sulle finestre alcune decalcomanie di Channukkà.

“Mio figlio Daniel è un grande tifoso del Napoli. Aveva il sogno di incontrare De Laurentis. Ne ha parlato con rav Mino Bahbout, che l’altro giorno ha niente meno che organizzato una accensione della Chanukkià al San Paolo, nell’intervallo di una partita!”, racconta Debora. Questo momento di forte visibilità (è stata accesa un’altra Chanukkià in Piazza dei Martiri, il “salotto buono” di Napoli), svela qualcosa del particolare momento che sta vivendo la Comunità. Che ha sede in Cappella Vecchia, in un androne molto particolare ma non facilmente rintracciabile. “Durante la Guerra – testimonia Luciano Tagliacozzo, consigliere della Comunità – ai Tedeschi che cercavano la Comunità, i passanti, ma anche alcune autorità, dissero che non sapevano dove questa fosse. De facto proteggendoli”.

“Mino fa cose’e pazzi”, commenta Daniel, che insieme ai suoi coetanei segue un programma per i giovani della Comunità. Non essendoci una scuola, sua madre Debora sta coordinando tre diversi gruppi di giovani, spalmati dai 2 ai 18 anni. “È difficile creare un’attività coerente per dei ragazzi che hanno età diverse. L’Ucei ci invia dei madrichim (guide), che fanno attività due volte al mese. Va poi detto che solo un nucleo di più antica tradizione comunitaria vive in città. Tanti come me stanno fuori; c’è chi viene da Vietri sul mare, Portici, dalla base Nato, e anche da Brindisi. Per questo abbiamo anche provato a fare le lezioni via skype”.

È un’operazione, quella della educazione ebraica per i giovani, molto difficile, ma come si può intuire c’è gente che è disposta a fare sacrifici. “L’altra mia soddisfazione – prosegue Debora – è Sullam (chi volesse riceverlo può scrivere a sullam@gmail.com). In poco tempo la mailing list di chi vuole sapere cosa facciamo si è molto allargata, e sono anche tanti i non ebrei che ci dimostrano attenzione ed affetto. Per le persone più anziane facciamo anche una spedizione in formato cartaceo, ma la via elettronica ci permette di autofinanziarci egregiamente. Agli articoli più seri si accompagnano una rubrica sull’umorismo e una enigmistica con riferimenti ebraici. La rubrica di più vecchia data è però quella di cucina”. Se ne parla a tavola con Debora, mentre mi cucina una amatriciana con del finto bacon kasher. “L’ho preso in America – mi dice. – Qui a Napoli, la kashruth è ancora tutta da pensare. Ma sono fiduciosa perché c’è un’aria nuova in Comunità”.

Un’aria nuova: questo anche grazie all’arrivo di Moshè “Chico”, uno studente israeliano che fa il gabbai in Tempio e che è un po’ il cuore di tante attività. Non si è aperto il fronte del reclutamento di altri studenti israeliani a Napoli anche perché la “nuova frontiera” dell’ebraismo italiano ha già altri importanti obiettivi.

Gadi Piperno è responsabile per l’UCEI delle attività per gli ebrei lontani e del Progetto Meridione. “Dimmi se non è una grande storia”, esordisce col suo tipico accento “ebraico romano de piazza”. Un gruppo di famiglie a Catania, per secoli, si è andato ad insediare comprando case le une vicine alle altre. L’idea era quella di continuare una qualche vita ebraica senza essere “visti da fuori”. Casi analoghi ce n’erano anche in altre località. Purtroppo siamo arrivati con forse cinquant’anni di ritardo. Tanti insediamenti urbani in questi anni sono stati ripensati, riqualificati, ed un patrimonio umano e di relazioni è andato perso (qui non ci si riferisce solo al caso degli ebrei).

A San Nicandro, in Puglia, un certo numero di persone si sono di recente convertite, andando a sommarsi al nucleo iniziale di circa 35 membri. È straordinario pensare che stiamo parlando di persone che fanno convivere uno stile di vita totalmente ebraico con una attività lavorativa contadina. Fuori da Israele, un caso forse unico al mondo!

Un gruppo molto più ridotto è invece a Trani, mentre tra la Calabria e la Sicilia si sta organizzando una collettività di una cinquantina di persone che è alla ricerca di una sede fissa a Reggio Calabria. Quando chiedo al Presidente Campagnano quali sono i suoi sogni, i progetti, le speranze, mi risponde in maniera molto pragmatica. “La Comunità di Napoli, fondata con l’unità d’Italia, ha un territorio vastissimo che comprende ben sei regioni. Se pensiamo che i potenziali ebrei residenti  in Italia meridionale sono valutati in un numero decisamente superiore a quelli iscritti nelle varie Comunità italiane, dobbiamo essere pratici. Per programmare regolari interventi sul territorio bisognerà far fare un salto di qualità organizzativo al Progetto Meridione e alla nostra Comunità”. Campagnano non nasconde una altra ipotesi: “Se si pensa che il 7% di tutto l’8×1000 proviene dal Sud, penso ad una diversa ripartizione del gettito, anche su base territoriale”. “Una manovra economica da accompagnarsi – aggiunge Rav Bahbout – ad una manovra spirituale e morale”.

Mi trovo a Napoli la sera nella quale viene arrestato il capo del clan dei Casalesi. Nella stessa sera, il Napoli vince e passa per la prima volta gli ottavi della Champions. È inutile dire che la città vive un momento “molto particolare”. “Quanto somigliano gli ebrei napoletani ai loro concittadini partenopei?” chiedo a Campagnano. “La Comunità, visto l’esiguo numero di iscritti, la sua recente formazione e la mancanza di un ghetto, è assimilata al contesto in cui vive. Quindi assume atteggiamenti, abitudini e modo di pensare del tutto simile all’ambiente che la circonda, seppur conservando comunque la propria individualità”. Ho finito il giro di incontri. Sto ora passeggiando sull’assolato lungomare, è dicembre, e qui si sta in maglietta. Anch’io decido di assimilarmi all’ambiente che mi circonda. Dietro gli occhiali da sole, penso che Il Bollettino, potrà aspettare ancora un po’ l’articolo su Napoli.