di Nathan Greppi
“È stato orribile: la cosa peggiore è che, trovandoci in casa nostra, ci sentivamo al sicuro. Per questo veder irrompere questa gente e sentire certe frasi è stato ancora più brutto, visto che all’inizio era una situazione tranquilla”. Parla così a Mosaico Sara De Benedictis, figlia di Lia Tagliacozzo, dopo che domenica 10 gennaio un gruppo di neonazisti è entrato in un evento su Zoom durante la presentazione del saggio sulla Shoah La generazione del deserto della madre gridando invettive antisemite quali “Ebrei ai forni!” e “Vi bruceremo tutti!”, nascondendosi dietro immagini di svastiche e foto di Hitler. L’evento, organizzato dal Gruppo studi ebraici di Torino e dall’Istoreto (Istituto Piemontese di Storia della Resistenza), verteva sul libro in cui la Tagliacozzo parla della generazione dei figli di sopravvissuti alla Shoah, partendo dalla propria esperienza personale.
Sul suo profilo Facebook, Sara De Benedictis aveva già espresso la propria indignazione all’indomani dei fatti. “Sono Sara, sono ebrea, figlia di madre ebrea. Laica, anzi lontana dalla religione, anzi molto critica nei confronti dell’ebraismo. Sono nipote di sopravvissuti alla shoa, la mia famiglia è stata dilaniata e dimezzata dalle persecuzioni razziali, vivo tutt’ora nella casa dove i nazisti vennero a bussare e a portare via la mia famiglia, compresa Ada. Una bambina dai capelli scuri e il viso dolce, potevo essere io. Sono temi della mia quotidianità. Vivo immersa nella coscienza della seconda generazione. Mia mamma scrive di questo e mio nonno gira per le scuole a parlare di shoa (sono sempre stata molto critica, ho sempre detto “basta parlare di ebrei, basta parlare di shoa!) Sono conversazioni frequenti in casa mia. Ci sono “abituata”. Non mi sconvolge parlare dei miei morti. Ma quello che è successo oggi mi ha sconvolta. Questa volta è stato diverso. Questa volta era diretto proprio a me, proprio a “noi”, per il fatto di essere ebrei. Io seduta nella mia stanza ad ascoltare mia madre e questi stronzi sono riusciti in questo modo ad entrare nella mia casa, un’altra volta. Non mi era mai successo. Non così. Non mi hanno mai augurato di finire nei forni. Non davanti alla mia mamma (….). Oggi ho capito quanto siano importanti le lotte per l’uguaglianza, per i diritti, l’equità e l’accoglienza. E non perché sono ebrea, forse anche, ma soprattutto perché sono un essere umano. Oggi ho capito che sta a me, Sara, costruire un mondo in cui questi sporchi fascisti e neonazisti che mi vogliono nei forni spariscano”.
Lo zoombombing
L’accaduto si inserisce in un fenomeno più ampio, detto “zoombombing”, nel quale provocatori estremisti si infiltrano in eventi su Zoom per fare dei veri e propri “raid telematici” per interrompere o destabilizzare l’evento lanciando insulti. La Tagliacozzo, tuttavia, non si è lasciata intimidire, spiegando ai media che “dopo quei due deliranti minuti che hanno visto protagonisti questi vili e codardi odiatori, la presentazione è proseguita in modo naturale. Con più gente di prima. È così che dobbiamo vedere questa vicenda, guardando avanti, con la consapevolezza che dobbiamo continuare a lottare.”
Non sono mancate parole di sostegno da parte delle istituzioni, tra cui l’ANPI, la CEI attraverso le parole di Monsignor Ambrogio Spreafico, e dell’Università di Macerata (dove insegna il marito della Tagliacozzo). Tra i primi a raccontare i fatti sono stati, sulle loro pagine Facebook, i figli della Tagliacozzo, Sara e Daniele De Benedictis, anch’essi presenti quando è successo.