Opposti estremismi: l’antisionismo ebraico in Italia, tra marxismo e fascismo

Italia

di Nathan Greppi

Quando nacque, il sionismo ebbe una tiepida accoglienza da parte degli ebrei italiani. Ma con la nascita di Israele e il conflitto con i palestinesi, non sono mancati quelli che si sono schierati apertamente contro lo Stato ebraico

“Due ebrei, tre opinioni”: questo detto la dice lunga su quanto le comunità ebraiche, lungi dall’essere entità monolitiche, da sempre ospitano al loro interno idee e correnti di pensiero politiche e religiose diametralmente opposte tra loro, che possono arrivare anche a scontri molto accesi. Ciò si vede anche nell’appoggio dato dagli ebrei della diaspora all’esistenza d’Israele che, seppur condiviso dalla stragrande maggioranza, in rari casi viene invece osteggiato.
Per quanto riguarda l’ebraismo italiano, questo fenomeno presenta delle peculiarità: a differenza di quanto avviene in Israele o negli Stati Uniti, da noi i gruppi ortodossi e chassidici che si oppongono a Israele per motivi religiosi, come i Satmar e i Neturei Karta, sono quasi completamente assenti. In compenso, oltre ai casi di ebrei di estrema sinistra che avversano Israele per ragioni politiche, in Italia in passato erano presenti dei loro equivalenti anche nell’estrema destra.

Periodo pre-indipendenza
Quando il sionismo nacque, alla fine dell’800, nei primi tempi ricevette una tiepida accoglienza da parte degli ebrei italiani. Questi, a differenza delle loro controparti nell’Europa orientale, erano molto più integrati nel tessuto sociale del loro paese, ed erano meno esposti alla minaccia dell’antisemitismo. Per questo, fatta eccezione per alcuni intellettuali come Dante Lattes che esprimevano un interesse positivo per le idee di Theodor Herzl, almeno fino all’introduzione delle Leggi Razziali nel ’38 la maggior parte di loro non sentiva il bisogno di uno Stato-nazione ebraico.
In questo contesto, fu soprattutto durante il periodo fascista precedente al 1938 che alcuni ebrei italiani si distinsero per un’ostilità feroce nei confronti del movimento sionista: questo perché molti di loro erano essi stessi fascisti, e in quanto tali cercavano di dimostrare una fedeltà assoluta allo Stato italiano. Tra i loro esponenti di spicco vi era il banchiere torinese Ettore Ovazza (tra l’altro zio del giornalista Alain Elkann, che gli ha dedicato il suo romanzo del 1985 Piazza Carignano), che nel 1934 fondò la rivista La Nostra Bandiera, che inveiva pesantemente contro i sionisti e gli ebrei che non erano abbastanza leali verso il regime. La testata venne chiusa con l’avvento delle Leggi Razziali e Ovazza, pur avendo cercato fino all’ultimo di mostrarsi fedele a Mussolini, nel 1943 venne ucciso dalle SS assieme alla moglie e ai figli, a Intra.

Dopoguerra e conflitti arabo-israeliani
Dopo il 1948, e in particolare dopo la Guerra dei sei giorni, se l’antisionismo ebraico di matrice fascista era definitivamente scomparso, quello successivo si è basato principalmente sul modo in cui il conflitto tra Israele e i palestinesi veniva visto e interpretato da comunisti e socialisti.
Un ambito che da sempre, seppur schierato prevalentemente dalla parte d’Israele, ospita a più riprese anche eccezioni, è quello dei movimenti giovanili: già negli anni ’50, sulla rivista ufficiale HaTikwa dell’allora FGEI (Federazione Giovanile Ebraica d’Italia, ribattezzata UGEI nel 1995) era possibile imbattersi occasionalmente in firme di estrema sinistra che prendevano le parti degli arabi, che nel corso del tempo sono diminuite fino a scomparire.
È in seno alla FGEI che nel 1955 venne fondato il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (oggi Fondazione CDEC). Lo storico Guido Valabrega, che fu segretario del CDEC dal 1959 al 1963 ed è scomparso nel 2000, a partire dal ’67 divenne un acceso oppositore d’Israele, nonostante il suo passato di sostenitore del partito socialista israeliano Mapam. Membro in Italia prima del PCI e in seguito di Rifondazione Comunista, scrisse diversi saggi di storia del Medio Oriente da una prospettiva antisionista e filopalestinese.

Non sono mancati casi analoghi neanche negli anni ’80 quando, dopo i massacri di Sabra e Chatila, la scrittrice Natalia Ginzburg pubblicò sull’Unità numerosi editoriali contro le politiche israeliane. Proprio nel 1982, durante la Guerra in Libano, diversi ebrei firmarono un manifesto intitolato Perché Israele si ritiri, che riportava come prima firma quella di Primo Levi, e tra le altre anche quella della giornalista Fiamma Nirenstein. Tuttavia, dopo l’attentato alla Sinagoga di Roma il 9 ottobre di quell’anno, diversi ebrei di sinistra come le già citate Ginzburg e Nirenstein (quest’ultima anni dopo passò dalla parte del centrodestra di Berlusconi) fecero marcia indietro, schierandosi con Israele e le loro comunità contro i loro detrattori.

Ultimo ventennio
Anche dopo la fine della Guerra Fredda e la sconfitta del comunismo, non sono mancati casi di ebrei legati a quell’area politica che hanno preso posizione contro Israele, sempre da una prospettiva terzomondista e antioccidentale: il caso più famoso è quello dell’attore teatrale Moni Ovadia, che nel 2013 lasciò la Comunità Ebraica di Milano in polemica con il sostegno a Israele della maggioranza dei suoi membri. Intervenendo spesso anche nei talk show televisivi, Ovadia è diventato uno dei portavoce in Italia dei movimenti filopalestinesi e del BDS, prendendo parte a diverse iniziative per boicottare Israele.
Anche tra i rappresentanti dei partiti eredi del PCI e della sinistra extraparlamentare non mancano casi simili: Barbara Spinelli, giornalista e già eurodeputata dal 2014 al 2019 per la coalizione “L’Altra Europa con Tsipras”, pur essendo di madre ebrea già nei primi anni 2000 attaccava Israele sulle pagine de La Stampa, dove nel gennaio 2005 scriveva che l’antisemitismo contro gli ebrei della diaspora era stato dilatato dalle “condotte coloniali dello Stato Ebraico”. Mentre nel gennaio 2020, su Il Fatto Quotidiano, paragonava Israele all’Apartheid in Sudafrica e i palestinesi ai nativi americani nelle riserve.
Mentre nei paesi anglosassoni i gruppi ebraici antisraeliani sono molto attivi, in Italia l’unico degno di nota è la Rete ECO (Ebrei contro l’occupazione), fondata nel 2001 e vicina al BDS. In alcuni casi hanno anche giustificato attacchi contro le comunità ebraiche italiane: lo fecero dopo il luglio 2014, quando due ragazzi affissero uno striscione sulla cancellata della Sinagoga di Vercelli con scritto “Stop bombing Gaza, Free Palestine, Israele assassino”. In tale occasione, la Rete ECO giustificò il gesto dei due, esultando quando nel maggio 2017 vennero assolti dall’accusa di istigazione all’odio razziale. Tra i loro affiliati vi erano alcuni dei 350 accademici che, nel 2016, firmarono una petizione contro gli scambi tra le università italiane e il Technion di Haifa.

Parallelamente a questi casi, se ne può citare almeno uno in cui l’ostilità nei confronti d’Israele sconfina in quello che il filosofo tedesco Theodor Lessing definiva “ebreo che odia se stesso”: il giornalista Massimo Fini, in passato firma importante di quotidiani come Il Giorno e oggi editorialista de Il Fatto Quotidiano. Nonostante sia figlio di un’ebrea russa, Fini, per il quale destra e sinistra non esistono più, ha spesso attaccato non solo Israele ma anche l’ebraismo, affermando in un articolo del 2005 sul giornale veneziano Il Gazzettino che “non mi sento ebreo […] perché vedo nel monoteismo la radice dell’intolleranza e del totalitarismo. Ancor meno mi piace che un popolo si consideri ‘eletto da Dio’ perché vi trovo, in nuce, le radici di quel razzismo di cui poi proprio gli ebrei sarebbero stati così atrocemente vittime”. Un anno dopo, intervistato dal quotidiano leghista La Padania, attribuiva a Israele il rifiuto di dialogare con Hamas.

È chiaro che l’ostilità verso Israele e il sionismo da parte di ebrei riguarda principalmente chi si colloca agli estremi dello spettro politico, soprattutto a sinistra ma a volte anche a destra. Comunisti e fascisti, terzomondisti e nazionalisti, sempre schierati dalla parte sbagliata della storia. In un certo senso, questo fenomeno ha anticipato il modo in cui la guerra in Ucraina è stata recepita in Italia, dove posizioni filorusse e anti-NATO sono state espresse sia a destra che a sinistra.
Non a caso Moni Ovadia, ospite ai primi di maggio ad un evento di Michele Santoro, dipinse l’Ucraina come un paese nazista citando come riferimento la giornalista americana Lara Logan, vicina alla destra radicale e licenziata da Fox News per le sue esternazioni antisemite: a marzo diceva che Charles Darwin era stato pagato dalla famiglia di banchieri ebrei Rothschild per inventare la teoria dell’evoluzione. Mentre nel novembre 2021, paragonò l’immunologo americano Anthony Fauci allo scienziato nazista Josef Mengele. Questo è ciò che succede quando gli estremi si toccano.