Mercoledì 16 ottobre ricorrono i 70 anni della retata e deportazione degli ebrei di Roma.
Una ricorrenza che la Comunità romana insieme alla città si sta preparando a commemorare con una serie di iniziative, a cominciare dalla mostra che la Fondazione Museo della Shoah di Roma, proprio in questi giorni sta allestendo nel complesso del Vittoriano, e dal convegno “La razzia del 16 ottobre 1943. Dimensioni e problemi della ricerca storica a settant’anni di distanza” organizzato dalla Comunità ebraica di Roma insieme all’Istituto Storico Germanico di Roma.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parteciperà inoltre alla cerimonia di commemorazione che giovedì prossimo si terrà alla sinagoga di Roma, insieme fra gli altri, al rabbino capo, Riccardo Di Segni e al presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici.
A ricordare i tragici eventi di 70 anni fa, è intervenuto anche Papa Francesco che per l’occasione venerdì scorso, 11 ottobre, ha incontrato i rappresentanti della Comunità ebraica di Roma.
Il Papa si è rivolto al rabbino capo e alla Comunità ebraica di Roma con un messaggio che pubblichiamo qui integralmente, riportato ieri, sabato 12 ottobre sulle pagine dell’Osservatore Romano:
“Illustre Rabbino, stimati membri della Comunità ebraica di Roma, desidero unirmi, con la vicinanza spirituale e la preghiera, alla commemorazione del settantesimo anniversario della deportazione degli Ebrei di Roma. Mentre ritorniamo con la memoria a quelle tragiche ore dell’ottobre 1943, è nostro dovere tenere presente davanti ai nostri occhi il destino di quei deportati, percepire la loro paura, il loro dolore, la loro disperazione, per non dimenticarli, per mantenerli vivi, nel nostro ricordo e nella nostra preghiera, assieme alle loro famiglie, ai loro parenti e amici, che ne hanno pianto la perdita e sono rimasti sgomenti di fronte alla barbarie a cui può giungere l’e s s e re umano.
Fare memoria di un evento però non significa semplicemente averne un ricordo; significa anche e soprattutto sforzarci di comprendere qual è il messaggio che esso rappresenta per il nostro oggi, così che la memoria del passato possa insegnare al presente e divenire luce che illumina la strada del futuro.
Il Beato Giovanni Paolo II scriveva che la memoria è chiamata a svolgere un ruolo necessario «nel processo di costruzione di un futuro nel quale l’indicibile iniquità della Shoah non sia mai più possibile» (Lettera introduttiva al documento: Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo, Noi ricordiamo. Una riflessione sulla Shoah, 16 marzo 1998) e Benedetto XVI nel Campo di concentramento di Auschwitz affermava che «il passato non è mai soltanto passato. Esso riguarda noi e ci indica le vie da non prendere e quelle da prendere » (Discorso , 28 maggio 2006).
L’odierna commemorazione potrebbe essere definita quindi come una memoria futuri, un appello alle nuove generazioni a non appiattire la propria esistenza, a non lasciarsi trascinare da ideologie, a non giustificare mai il male che incontriamo, a non abbassare la guardia contro l’antisemitismo e contro il razzismo, qualunque sia la loro provenienza. Auspico che da iniziative come questa possano intrecciarsi e alimentarsi reti di amicizia e di fraternità tra Ebrei e Cattolici in questa nostra amata città di Roma.
Dice il Signore per bocca del profeta Geremia: «Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo, progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza» (Ger 29, 11). Il ricordo delle tragedie del passato divenga per tutti impegno ad aderire con tutte le nostre forze al futuro che Dio vuole preparare e costruire per noi e con noi.
Shalom!”