di Ilaria Ester Ramazzotti
LIVORNO – Per le vie della città accade anche di inciampare nella memoria. Un inciampo non fisico, ma visibile e luccicante apposto sul selciato a ricordare che proprio lì qualcuno aveva vissuto prima di essere deportato, per oscura destinazione, durante la Shoah. Capita, nella frenesia del quotidiano, di inciampare in una stolpersteine, una mattonella commemorativa che riporta il nome di una vittima dell’Olocausto, secondo un’idea dell’artista tedesco Gunter Demnig.
Così a Livorno, in via della Coroncina, sono state posate nei giorni scorsi due pietre d’inciampo per commemorare, in occasione del Giorno della Memoria, Bona Attal e Dino Bueno, una madre e un figlio che in quella via avevano abitato prima di venire deportati ad Auschwitz nel 1944. La loro antica abitazione esiste ancora e proprio sul suolo di fronte, vicino al mercato centrale, sono state poste le pietre a loro dedicate.
Lunedì 26 gennaio si è tenuta in loco una celebrazione pubblica alla presenza di rappresentanti della Comunità Ebraica, della Comunità di Sant’Egidio e del Comune di Livorno, di famigliari delle vittime e di cittadini intervenuti per partecipare alla commemorazione che ha compreso un incontro fra Edi Bueno, membro della famiglia di Bona e Dino, e gli studenti delle locali scuole superiori. In giornata si è tenuta anche una marcia silenziosa in ricordo delle vittime della Shoah partita dalla piazza del municipio e conclusasi alla sinagoga cittadina.
Bona Attal e Dino Bueno sono gli ultimi due livornesi deportati a essere ricordati con una pietra d’inciampo da quando, due anni fa, la Comunità di Sant’Egidio ha promosso la commemorazione pubblica delle vittime della Shoah contattando proprio Gunter Demnig e coinvolgendo la Comunità Ebraica e il Comune di Livorno. Da allora, sono in totale otto le pietre commemorative incastonate nel tessuto stradale della città toscana. Le altre sono dedicate a Franca Baruch, Perla Beniacar, Enrico Menasci, Raffaello Menasci, Isacco Bayona e Frida Misul.
Incidendo i loro nomi che il nazismo voleva cancellare, Livorno come le altre città europee che hanno accolto le 37 mila stolpersteine esistenti, ricorda i suoi abitanti caduti vittime delle deportazioni. Spesso i luoghi, le vie e le case non sono più come erano state prima della guerra e degli anni che la seguirono. Ma nel percorrere strade e spazi urbani in evoluzione, passando di fronte a case vecchie o nuove, ricostruite al posto di altre bombardate o demolite, le pietre d’inciampo ci invitano a fermarci e a sostare, in nome di chi in quei luoghi seppur cambiati ha abitato ed è vissuto, a riflettere sull’intreccio fra memoria e storia, fra passato e presente.