di Roberto Zadik
Attaccato solo perché ebreo. È successo ancora ma non in Francia, bensì nella tranquilla Ferrara dove un ragazzo ebreo è stato insultato da un suo compagno di classe. Sembrerebbe un “normale” caso di bullismo ma dalla frase incriminata “riapriamo Auschwitz” non lascia dubbi che si tratti di antisemitismo.
Fermato dai compagni e assalito negli spogliatoi della scuola, a denunciare l’accaduto è stata la madre del giovane, indignata e profondamente scossa. Uscita su vari siti, la notizia si è rapidamente diffusa anche se, dopo la pubblicazione su Il Resto del Carlino le istituzioni comunitarie locali, il Presidente Pesaro e il Rabbino Capo, hanno subito abbassato i toni definendolo “un episodio che va comunque ridimensionato” come ha specificato a Mosaico il Rabbino Capo, Rav Luciano Caro.
“La notizia – ha ricordato al nostro sito – risale a diversi giorni fa e si tratta di una discussione fra due ragazzi delle medie, uno dei quali ha detto questa frase di cui evidentemente non si rendeva neanche conto delle conseguenze.” Egli ha poi proseguito: “in questa scuola non c’è nessun episodio di antisemitismo ma è ugualmente molto grave che possano verificarsi episodi del genere”.
D’accordo anche il presidente comunitario, Andrea Pesaro, che ha definito l’accaduto come “una discussione fra due ragazzi che è stata prontamente gestita dalla scuola” e che “più che quello che è successo siamo preoccupati dall’origine di questa definizione”. Infatti, stando alle dichiarazioni del presidente Pesaro, l’accadimento desta ancora sconcerto perché “il colpevole viene da una famiglia notoriamente antifascista”.
Roberto Matatia: “non dobbiamo ridimensionare, ma smettere di nasconderci”
Non condivide questo punto di vista Roberto Matatia, l’imprenditore e scrittore ebreo faentino che da anni porta nelle scuole la storia della sua famiglia deportata durante il fascismo, che a Mosaico si dice “perplesso dalle dichiarazioni degli esponenti della Comunità di Ferrara di cui faccio parte. E’ passato il tempo in cui noi ebrei dobbiamo nasconderci: non dobbiamo affatto ridimensionare quello che è successo, ma anzi reagire in modo più deciso. Al che cosa servirebbe, se no, il lavoro che faccio da anni nelle scuole di tutta Italia? Oggi proprio a Ferrara abbiamo un museo ebraico, il Meis, molto attivo all’avanguardia, che parla degli ebrei e della loro storia. Non possiamo e non dobbiamo nasconderci”.