di Nathan Greppi
Dopo che per mesi i collettivi antisraeliani hanno cercato di imporre la loro agenda costringendo gli atenei italiani a cancellare gli accordi con le università israeliane, hanno cominciato ad emergere diverse iniziative per dare voce a coloro che invece si oppongono a questa deriva.
Dopo il Manifesto Nazionale per il Diritto allo Studio, sottoscritto dall’UGEI (Unione Giovani Ebrei d’Italia) e da diverse associazioni studentesche, di recente è nato anche il gruppo “Studenti per Israele”, attivo in particolare su Instagram e impegnato nel fare divulgazione e controinformazione per sfatare pregiudizi e luoghi comuni che riguardano lo Stato Ebraico.
Per capire come ha avuto origine il progetto e quali obiettivi si pone, abbiamo parlato con uno dei suoi fondatori, Fausto Recupero, studente di Economia e Management presso l’Università di Firenze.
Come è nata l’idea di creare l’associazione?
Al momento siamo un gruppo di studenti, ma non abbiamo ancora costituito formalmente un’associazione. Contiamo di farlo nel corso del 2025. L’idea di Studenti per Israele nasce però dalla constatazione del clima mefitico che si respira nelle nostre università. In particolare, abbiamo visto veri e propri inviti alla violenza contro gli israeliani e contro chiunque sostenga Israele, e questo ci ha spinto a metterci al lavoro per non essere complici di tutto ciò.
In quanti siete al momento?
Al momento il nucleo più attivo è composto da una ventina di persone, ma ce ne sono altre decine pronte ad attivarsi per iniziative specifiche. Stiamo anche crescendo sui social, tramite i quali raggiungiamo migliaia di persone, il che è molto importante per opporsi ad una comunicazione quasi sempre a senso unico.
In che modo è strutturato il gruppo?
Adottiamo una struttura snella in cui chiunque voglia può attivarsi sul proprio territorio per organizzare un’iniziativa grande o piccola, e noi proviamo a mettere a disposizione persone, organizzazione e materiali stampati, oltre alla sponsorizzazione social.
Come è stato recepito il vostro progetto?
In tutta sincerità, all’inizio ci trattavano come folli, ma poi il successo è stato abbastanza rapido e ora anche qualche scettico si è ricreduto. Il problema non sono tanto gli odiatori, che continuano a odiarci, quanto le persone di buonsenso che non vogliono esporsi.
Che tipo di riscontro ricevete?
Per fortuna abbiamo molti sostenitori e siamo sommersi quotidianamente da dimostrazioni di affetto che ci arrivano da tutta Italia e anche dall’estero. Ovviamente i social sono il terreno più importante per Studenti per Israele, perché è là che molti giovani come noi si lasciano influenzare dalla propaganda d’odio. Su Instagram, in particolare, stiamo facendo un lavoro di informazione che sta avendo un discreto successo, raccontando alcuni aspetti anche poco noti di Israele.
Nel 2024, diverse associazioni contrarie al boicottaggio hanno aderito al “Manifesto Nazionale per il Diritto allo Studio”. Contate di intessere relazioni con altre realtà associative?
L’iniziativa del “Manifesto Nazionale per il Diritto allo Studio” è lodevole, e la appoggiamo in pieno. Siamo sempre aperti a collaborazioni con altre associazioni e realtà della società civile con cui condividiamo questa battaglia. Spesso, in casi come questo, l’unione fa la forza.
Quali progetti contate di portare avanti nel lungo periodo?
Sicuramente vogliamo portare avanti le due attività principali che già oggi ci contraddistinguono: comunicazione social ed eventi nelle università, come il volantinaggio che facciamo regolarmente. Ma nel lungo periodo speriamo di poter organizzare anche eventi più importanti come conferenze o manifestazioni, in modo da far percepire al grande pubblico che gli studenti non sono tutti come a volte si tende a credere.