di Ilaria Myr
Sono 2000 le persone che hanno riempito la sinagoga centrale di Milano – mentre altre 350 sono rimaste fuori – martedì 7 novembre per l’evento organizzato dalla Comunità ebraica di Milano a sostegno di Israele e per la liberazione degli ostaggi prigionieri a Gaza dal 7 di ottobre. Esattamente un mese dopo i tragici fatti, un mese dopo i tragici fatti, molti membri della comunità ma anche tanti amici si sono raccolti per ricordare le vittime e chiedere la liberazione degli ostaggi, di cui scorrevano in loop alcune immagini. Fuori dalla sinagoga, alcuni passeggini vuoti, in memoria dei bambini rapiti. (Qui i manifesti con le foto di tutti gli ostaggi distribuiti durante la serata).
Molte le personalità istituzionali che sono intervenute durante la serata, moderata dal vicepresidente della Comunità Ilan Boni. Presente anche la senatrice Liliana Segre, che ad alcuni giornalisti ha dichiarato: “Se sono qui è perché la ritengo una serata importante. Non mi sento di parlare di questo argomento perché sennò mi sembra di avere vissuto invano».
“Chiediamo un impegno concreto per il rilascio di vittime innocenti – ha esordito Boni-. Ciò che è accaduto in Israele, insieme ai troppi episodi antisemiti sempre più numerosi e gravi ci mettono di fronte a dura realtà, che nessuno di noi avrebbe pensato di dovere rivivere. Fra noi oggi c’è la senatrice Liliana Segre, nessuno quanto lei può sentire il peso di ciò che accade. La presenza di tutti voi indipendentemente dal credo politico o religioso ci fa sentire meno soli”. Boni ha anche ringraziato di cuore le forze dell’ordine, “nostri angeli custodi, che difendete i nostri diritti e fate di tutto perché la nostra vita di ebrei italiani possa continuare nella normalità”.
Rav Arbib: “Si sta già dimenticando quello che è successo il 7 ottobre”
Del crescente antisemitismo ha parlato il rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib, che in modo accorato ha descritto il trauma che sta vivendo Israele e tutto il mondo ebraico. “Niente sarà più come prima – ha dichiarato-. Questa manifestazione serve prima di tutto per dire ‘mai più’, una frase che diciamo sempre quando parliamo di Shoah ma che oggi ha ancora più senso, perché si è già cominciato a dimenticare quello che è successo il 7 otto
bre. E poi per chiedere la liberazione degli ostaggi che non devono essere dimenticati. Oggi la presenza di tante persone ci fa vedere il bene, ma purtroppo in questi giorni è uscito anche molto il male: le foto degli ostaggi strappate, professori universitari euforici per quello che è successo. Tutto ciò ci fa capire che siamo davanti a un fallimento educativo: qualcosa non ha funzionato. Quello che sta emergendo è un antisemitismo che non era mai sopito ma nessuno di noi avrebbe mai creduto che avrebbe portato a giustificare la follia del 7 ottobre: le persone che hanno questi atteggiamenti sono antisemite ma sono convinte di non esserlo, perché pensano di agire per una buona causa, per il bene dell’umanità. Ma anche i nazisti pensavano lo stesso. Ecco, dobbiamo fare capire al mondo che cos’è davvero il bene”.
Le istituzioni
Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ha espresso la propria vicinanza alla comunità ebraica, dichiarando di essere “indignato per quello che ho visto nel mio paese. Sono molto amareggiato per quello che ha detto Rav Arbib, che già si comincia a dimenticare. Mentre la senatrice Liliana Segre ha detto prima che le sembra di essere vissuta invano. Dobbiamo invece dimostrare tutti che lei ha vissuto con onore. Sarò sempre con voi”.
In rappresentanza del Sindaco Giuseppe Sala (contestato con fischi e commenti nella sala) è intervenuta la presidente del consiglio comunale Elena Buscemi, che ha parlato di Hamas come gruppo terrorista e ha espresso l’indignazione nei confronti dell’antisemitismo.
Il vice-ambasciatore israeliano: “Bisogna estirpare Hamas”
“L’unica strada per Israele è estirpare Hamas”. Così ha esordito il vice ambasciatore d’Israele Lior Keinan, che nel suo intervento ha sottolineato la barbarie compiuta dai terroristi il 7 ottobre, ribadendo però che Israele non vuole colpire i civili. “Hamas impedisce ai palestinesi di andare a sud della Striscia di gaza, ma a Israele viene chiesto di fornire la benzina che servirà poi per lanciare i missili sul suo territorio. Ma in che altro luogo al mondo esiste una cosa del genere?”.
Keinan ha quindi ringraziato le istituzioni italiane e le comunità ebraiche per il sostegno dimostrato a Israele in questo mese. “Dobbiamo tutti continuare a chiedere la liberazione degli ostaggi, e pretendere che le organizzazioni umanitarie e la Croce Rossa vadano a visitarli”.
Molto accorati anche gli interventi di due amici di Israele e della Comunità ebraica di Milano: Andrea Ruggeri, direttore del quotidiano Il Riformista, e Marco Carrai, ex console di Israele per Toscana, Emilia Romagna e Lombardia. “Israele è un modello di democrazia liberale, e non è accettabile che in occidente ci sia gente che manifesta per un’organizzazione terroristica come Hamas: per loro siamo tutti infedeli”, ha dichiarato Ruggeri.
“Hamas va estirpato perché è terrorismo, non c’entra nulla la causa palestinese – ha affermato Carrai -. Il suo obiettivo è distruggere Israele, che è nata per dare una casa al popolo ebraico. Ma anche poggi lì non siete al sicuro. Siamo quindi qui oggi per affermare il diritto di Israele a esistere”.
Meghnagi: “Il Comune condanni le manifestazioni pro Palestina”
Non sono piaciuti al presidente della comunità ebraica Walker Meghnagi i fischi rivolti al sindaco. “potete non essere d’accordo, ma qui non si fa. Noi siamo italiani e milanesi e rispettiamo il sindaco della nostra città”. Meghnagi non ha però risparmiato al Comune di Milano una osservazione critica, accolta con entusiasmo dai presenti. “Chiediamo al comune di Milano, che non si è ancora espresso di condannare le manifestazioni che ci sono state sabato (quelle pro Palestina, in cui sono state pronunciate frasi antisemite). Una città accogliente come Milano deve esprimersi, è una questione di giustizia”. Infine, ha ringraziato il dr Acone che ha concesso gratuitamente gli spazi per gli schermi Led su cui per due settimane scorrono le immagini degli ostaggi.
“Tutte le comunità ebraiche italiane si stanno mobiltando per il rilascio degli ostaggi – ha dichiarato Milo Hasbani, vicepresidente Ucei e assessore nella comunità ebraica di Milano -. Ma in Italia siamo pochi, solo 30.000 ebrei: oggi però qui mi sento forte con tutti voi”. Hasbani ha ricordato la sua infanzia: nato in Libano, a otto anni con la sua famiglia è andato a vivere in israele. “Mio padre lavorava con gli arabi, ogni settimana andavamo a casa di amici arabai a Ramallah. Ma Hamas è il male degli arabi. E per dirlo forte e chiaro la nostra voce non basta: abbiamo bisogno di tutti voi per farlo”.
Il sostegno della comunità islamica di Milano
Anche la comunità islamica della moschea di Milano ha portato un messaggio di sostegno alla comunità ebraica. Se ne è fatto portavoce il consigliere Abd Al- Gafhur. «Dobbiamo pregare insieme per l’incondizionata liberazione degli ostaggi israeliani – ha detto in un passaggio del suo intervento -. Chiediamo di coinvolgere i leader religiosi ebrei e musulmani per evitare che dilaghi la cultura dell’odio. È tempo per noi uomini di fede essere presenti l’uno per l’altro, nei momenti difficili. Anche se sappiamo che qui tra le nostre comunità tale spirito esiste, c’è bisogno di ampliare questo messaggio perché prevalga la pace».
Le testimonianze dei sopravvissuti al 7 ottobre
Molto commoventi le testimonianze di alcuni sopravvissuti al massacro del 7 ottobre. Shlomi e Amit, due ragazzi di 21 anni che partecipavano al rave Nova, hanno raccontato che cosa è accaduto alle migliaia di ragazzi che erano lì solo per ballare e festeggiare. “C’era una bellissima atmosfera, era una splendida festa che aspettavamo da tre mesi – hanno spiegato, dopo essere stati accolti da una standing ovation -. Verso le 6.30 del mattino abbiamo sentito dei boati e dopo avere capito che erano missili abbiamo aspettato che finissero. Ma a un certo punto ci hanno detto al microfono di scappare, perché era un attacco terroristico: ci siamo messi in macchina ma si era creato un ingorgo, perché le prime auto erano già state colpite dai terroristi. Abbiamo cominciato a correre in direzioni diverse, arrivavano spari da tutte le parti. Vedevamo gente ferita e morire vicino a noi”. Shlomi ha camminato per 30 km senza mai fermarsi. “Chiamavamo la polizia ma ci dicevano che non c’era un posto sicuro dove potevamo rifugiarci. Abbiamo perso i nostri migliori amici”. Eppure ricordando l’orrore questi ragazzi hanno avuto la forza di dare un messaggio di forza e speranza a tutti i presenti. “Malgrado tutto ciò per noi è importante trasmettere che la vita continua, che dobbiamo essere forti e uniti, e che ogni giorni quando ci svegliamo dobbiamo ringraziare per ciò che abbiamo e essere vicini alle persone che amiamo”.
Molto emozionante anche la testimonianza di Giulia Temin, milanese trapiantata in Israele nel Kibbutz Holit, da qualche anno residente a Tel Aviv, di cui abbiamo raccontato la storia sul nostro sito.
Infine Davide Ortona ha portato la propria testimonianza di italiano che tre giorni dopo il massacro è partito volontario per aiutare Israele. “Fin da subito il popolo israeliano si è unito in una grande catena di solidarietà – ha spiegato -. Questa è una guerra che Israele non voleva, ma è necessaria per la sua sopravvivenza. Invito tutti ad andare anche solo qualche giorno in Israele a dare il proprio aiuto e da qui continuare il dialogo per contrastare l’antisemitismo”.
La responsabilità dell’Iran dietro Hamas
Molto forte anche il discorso della dissidente iraniana Rayhane Tabrizi. “Qui nessuno ha nominato l’Iran, ma è la repubblica islamica la testa del serpente, noi lo diciamo da un anno. Ma i governi, compreso quello italiano, devono prendere una posizione chiara e interrompere qualsiasi relazione diplomatica e commerciale con l’Iran”.
L’intensa serata si è conclusa con le preghiere per Israele e gli ostaggi e gli inni italiano e israeliano, cantati dai ragazzi dei movimenti giovanili e dal coro dell’Hashomer Hatzair.