Un progetto per l’Unione

Italia

Claudio Morpurgo, il nuovo presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, sta affrontando in queste settimane di primavera un impegno molto intenso. Giunto recentemente al vertice dell’istituzione centrale che rappresenta le comunità ebraiche italiane dopo le improvvise dimissioni per motivi di salute di Amos Luzzatto, avvocato milanese, trentaseienne, il nuovo presidente dell’Ucei ha deciso di rivolgersi a tutte le realtà vive e interessate al futuro dell’ebraismo italiano per discutere i temi che saranno al centro del prossimo congresso dell’organizzazione.
“I temi su cui lavorare – spiega Morpurgo – sono numerosi. Ma innanzitutto è necessario fare chiarezza su alcuni principi di base”.


Quali, presidente?

Tanto per cominciare, e soprattutto in questa situazione politica complicata e contrastata: non schierarsi. Non lasciarsi strumentalizzare, non lasciarsi usare. Ma offrire noi piuttosto il nostro contributo originale, quello che abbiamo veramente da dire in quanto ebrei.


E come elaborarlo?

Partendo dai nostri valori, dai contenuti autentici che caratterizzano la nostra identità. A cominciare dalla multiculturalità e dalla laicità dello Stato. Per continuare con una valutazione attenta della situazione internazionale, alla difesa strenua della sicurezza e dell’indipendenza di Israele, all’opposizione più ferma contro il terrorismo e contro la cultura della belligeranza espressa da realtà come l’Iran o la Siria.


Cominciamo dalla laicità. Cosa può fare l’Unione perché non resti una parola vuota?

Il neoconfessionalismo deve essere combattuto. Noi rappresentiamo un laboratorio vivente della multiculturalità, la sentinella della società di una società avanzata pluralista. E le nostre azioni devono partire dalla difesa delle istituzioni cardine della società laica, come per esempio la scuola pubblica, cui deve essere garantita con il massimo rigore tutta l’autonomia necessaria. Ma dobbiamo intervenire anche su molti altri grandi temi che agitano la società italiana, come per esempio le politiche di accoglimento degli stranieri.


In conclusione, qual è il posto degli ebrei nella politica italiana?

Ovviamente il mondo ebraico italiano è attraversato da tutte le differenze politiche che appartengono alla società che ci circonda. Ma quando ci esprimiamo a nome delle istituzioni ebraiche e degli interessi degli ebrei italiani non abbiamo da essere né di destra né di sinistra. Non abbiamo da prendere indicazioni dai partiti su come dobbiamo comportarci e come dobbiamo pensare. Dobbiamo semplicemente essere noi stessi. Sui nostri valori dobbiamo essere chiari, autorevoli, intransigenti, fermi. Ma di una fermezza che non scade mai nella polemica fine a se stessa.


E per quanto riguarda Israele?

La difesa dell’identità e della libertà di Israele costituisce un elemento essenziale. Non dobbiamo però cadere nel tranello di rinchiuderci in una sterile reattività, non possiamo limitarci a invocare giustizia e corretta informazione per Israele quando crediamo che questi valori siano minacciati, quando siamo attaccati, quando siamo sollecitati dall’esterno. Ma piuttosto dobbiamo trovare il modo di raccontare in maniera attiva cos’è davvero questa realtà straordinaria, quale patrimonio insostituibile rappresenti per noi, per la nostra identità. E quanto questo patrimonio sia insostituibile per tutto il mondo progredito.


E come?

Possiamo farlo sviluppando attività di lobbing a tutela degli interessi di Israele, ovviamente, ma dobbiamo raggiungere questo risultato soprattutto cementando il legame fra Italia e Israele, favorendo iniziative concrete, scambi economici, commerciali e scientifici. Israele non è un panda da proteggere, è un partner straordinario, una realtà che ci fa vivere il nostro ruolo nella Diaspora a testa alta, da protagonisti. E lo fa grazie al suo modello economico, alla sua capacità di integrazione sociale, alla sua prodigiosa sensibilità nei confronti della cultura e delle ricerca.


Ma a chi bisogna andarlo a spiegare?

A noi non interessa essere ridotti al ruolo di interlocutori di comodo, che si mandano a chiamare solo quando è necessario, per condannare qualche azione sconsiderata o per completare la lista degli invitati in una manifestazione ufficiale. Abbiamo grandi storie da raccontare e grandi progetti da realizzare che possono fare da ponte da un capo all’altro del Mediterraneo. Questo è quello che vogliamo arrivi da parte nostra alla pubblica opinione, ma anche che ho voluto chiarire a Romano Prodi quando mi ha chiamato subito dopo l’episodio delle bandiere israeliane date alle fiamme ai margini del corteo milanese per il 25 aprile.


L’impegno per Israele può esaurire in quanto tale tutti gli interessi internazionali dell’Ucei?

Assolutamente no. L’Unione deve raccogliere la sfida di sprovincializzare la realtà ebraica italiana e di farla partecipare a pieno titolo a tutti i fermenti che muovono il mondo ebraico internazionale. Ma una dimensione operativa internazionale non può esaurirsi esclusivamente nella partecipazione di alcuni ebrei italiani alla vita delle organizzazioni ebraiche internazionali. Dobbiamo trovare il modo di allargare gli orizzonti e le aperture, i contatti e i progetti fino a coinvolgere la capacità di guardare al di là dei confini e di scambiarci le esperienze a tutte le forme di vita comunitaria.


Il dibattito stimolato dal congresso Ucei che si avvicina mostra anche significative preoccupazioni sulle tematiche economiche e di gestione interna.

Riformare e riorganizzare l’Unione è una delle priorità che dovrebbero essere perseguite dal prossimo Consiglio. Credo sarebbe bene organizzarsi per mettere a fuoco progetti specifici a servizio delle comunità là dove le comunità non possono fare da sole.Mi riferisco in particolare alle iniziative culturali, al sostegno alle politiche giovanili, al supporto amministrativo, al fund raising, alle iniziative da prendere in occasione delle giornate delle cultura e della memoria.


Non è quello che viene già fatto?

Non esattamente. Non contano solo i programmi che si lasciano scrivere sulla carta, ma anche la maniera di realizzarli. Dobbiamo evitare di intraprendere iniziative autoreferenziali e dobbiamo ascoltare meglio le esigenze delle comunità.


E come potranno essere finanziate tutte queste iniziative?

Rafforzare la raccolta dell’8 per mille e spendere in maniera intelligente le risorse raccolte deve costituire una priorità del prossimo Consiglio. La capacità di reperire le risorse deve andare di pari passo con quella di spenderle.