da Il Foglio
Questo venerdì il Foglio regala ai suoi lettori una spilla per non dimenticare gli israeliani rapiti il 7 ottobre. Chiedi al tuo edicolante di riservartela
Più di nove mesi nei tunnel sotto Gaza o nelle case di qualche civile che lavora per Hamas. Nove mesi senza essere visitati dalla Croce Rossa e senza poter comunicare con le proprie famiglie, tranne essere costretti a girare quei video di tortura psicologica in cui i loro rapitori senza pietà li costringono a implorare il proprio paese di riportarli a casa, cedendo ai ricatti del terrore e di certo umanitarismo che è il ventre molle dei jihadisti. Nove mesi in cui chi è tornato ha raccontato di stupri e di aggressioni sessuali, di costrizioni religiose islamiche, di pistole puntate alle tempie, di penuria alimentare e igienica e di tante, troppe, altre forme di tortura che soltanto i familiari possono capire in tutta la loro tragedia e lugubre violenza. Nove mesi senza essere al centro dei proclami delle cancellerie occidentali, delle nostre piazze o delle risoluzioni dell’Onu. Per dirla con lo scrittore francese Sylvain Tesson, “come se meritassero la propria sorte”. E la sorte è quella degli israeliani rapiti da Hamas il 7 ottobre, quel che resta di vivo (pochi per la verità secondo le stime israeliane, non più della metà del loro numero ufficiale conteggiato nelle trattative fra Hamas e Israele) del più grande crimine contro il popolo ebraico dalla Shoah e nell’intera storia d’Israele, già segnata da cinque guerre e innumerevoli ondate di terrorismo. (continua a leggere)