Will Media: scandali e politiche antisraeliane

Italia

di Redazione
Creata il 20 gennaio 2020 la piattaforma Will nasce da un’idea dell’influencer Imen Jane e del suo socio Alessandro Tommasi con lo scopo di “fornire uno spazio informativo per i curiosi di tutto il mondo”.

Nonostante la premessa di questo canale sia quella di parlare di attualità, economia e politica estera in maniera completamente imparziale, quando i suoi articoli affrontano la guerra in Israele sono tutto fuorché super partes.

Nelle ultime settimane il profilo Instagram Will_ita ha condannato più volte gli attacchi di Israele a Gaza mostrando card, stories e interventi IGTV con titoli come “Perché Netanyahu non si ferma?”, “Quali paesi hanno fornito le armi a Israele?” e “I cittadini di Gaza sono sotto attacco” senza però parlare apertamente delle vittime israeliane o della crisi degli ostaggi ancora segregati a Gaza.

Quando la notizia degli attacchi del 7 ottobre si è diffusa in tutto il mondo la piattaforma non ha raccontato la strage del Super Nova Music Festival o le testimonianze dei sopravvissuti ma, piuttosto, ha deciso di pubblicare una carrellata di immagini per spiegare la storia di Hamas e dei suoi precedenti scontri con Israele.

Nonostante i vertici di Will ita affermino di non voler in alcun modo diffondere odio antisemita, dai commenti dei loro follower emerge chiaramente il fatto che informare le persone solo su un versante della situazione in Medio Oriente aiuta inevitabilmente alla propagazione dell’odio diretto verso la controparte.

Oggi la piattaforma vanta 1,6 milioni di followers su Instagram e un team costituito soprattutto da giovani tra i 20 e i 30 anni, ma negli anni ha attirato su di sé diverse critiche a livello organizzativo.

“Non ho mai visto un ambiente lavorativo talmente tossico e incoerente come quello di Will” ha affermato nel luglio 2020 sul suo profilo Instagram la giornalista Elisa Serafini, che in passato aveva lavorato per la piattaforma. “Mi hanno assunto da consulente a partita IVA ma di fatto lavoravo anche sessanta ore a settimana. Mi hanno promesso quote della società (una condizione mai rispettata) e guadagnavo il 50% in meno di un collega uomo che faceva il mio stesso lavoro”. Serafini ha affermato inoltre che diverse persone che hanno lasciato l’azienda insieme a lei sono uscite devastate dall’esperienza, impiegando diversi mesi a riprendersi del tutto.

La piattaforma era già finita nell’occhio del ciclone mediatico a pochi mesi dalla propria fondazione nel 2020 a causa di uno scandalo che ha colpito direttamente la sua fondatrice, Imen Jane.

Imen Jane e la laurea in economia

Iman Boulahrajane in arte “Imen Jane”

Iman Boulahrajane in arte “Imen Jane” prima di fondare Will era nota nel mondo dei social per la sua capacità di “insegnare l’economia in 15 secondi”.

Nonostante però la giovane si fosse dichiarata più volte “economista” sia nella sua Bio che in diverse interviste, tra cui quella alla rivista Donna Moderna in cui aveva affermato di avere una laurea in Economia ed amministrazione d’Impresa, in realtà non si è mai laureata.

Lo scandalo è scoppiato nella prima metà del 2020 dopo un evento online organizzato dalla prestigiosa banca d’affari Goldman Sachs. In questa occasione Imen Jane venne chiamata come relatrice economista ma, durante il suo discorso, molti spettatori in platea si erano insospettiti per il suo linguaggio poco tecnico.

“In cosa si è laureata?” le chiese un membro del pubblico durante l’evento, non ricevendo alcuna risposta. Questa mancanza di reazione incuriosì subito il sito Dagospia che decise di contattare l’università Bicocca (dove Imen diceva di essersi laureata) per indagare sull’accaduto senza però trovare nessuna prova della laurea di Imen.

Poche settimane più tardi la giovane ammise di aver “tralasciato gli studi” a causa di impegni di lavoro. “Sapevo che sarebbe venuto fuori e per questo ho avvisato l’azienda e gli investitori della mia dimissione, non volevo che un mio errore mandasse tutto all’aria” affermò Imen durante un’intervista con Repubblica.

La decisione divenne ufficiale il 16 maggio 2020. Tuttavia, Elisa Serafini portò alla luce prove inconfutabili che dimostravano che nei mesi seguenti Imen era rimasta ancora la socia di maggioranza della società e si promuoveva come tale anche nella propria Bio di Instagram.

“Non fa più parte del nostro team” affermo prontamente Alessandro Tommasi. “C’è stata una cessione parziale delle sue quote e le abbiamo inviato una diffida formale perché venga rimossa al più presto dalla sua Bio il titolo di Founder e Partner will_ita”.

Ad oggi, 4 anni dopo questa affermazione, la Bio di Imen riporta ancora la scritta Founder @will_ita.

Tinder dei soldati israeliani

Il 17 aprile la pagina di Will_ita si è concentrata sul fatto che molti soldati israeliani stanno postando sempre più foto di sé con fucile e divisa da condividere su Tinder.

Questo tema era stato già ampiamente affrontato nei mesi passati dai rappresentanti della stessa app di incontri spiegando che, nonostante alcuni account postino contenuti non consoni ai regolamenti della piattaforma (e per questo vengono bannati), per molti altri la divisa militare è l’unico indumento indossato da mesi in un conflitto perenne dal quale non sanno se riusciranno mai a tornare a casa. “Queste persone e le loro immagini non violano dunque le linee guida della comunità” ha affermato un portavoce di Tinder al giornale 404 Media.

L’ex premier israeliano Naftali Bennett ha commentato questa nuova tendenza spiegando che i soldati che rischiano la vita per il proprio paese meritano di pensare che ci sia ancora una vita ad aspettarli dopo la fine della guerra. “La nostra vittoria consisterà non solo nella sconfitta di Hamas ma anche nella ricostruzione di nuove vite e di una nuova generazione che guarderà al futuro con speranza senza provare il nostro stesso dolore” ha affermato Bennett.