Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha parlato domenica, nella sede presidenziale della Mukata a Ramallah, a circa 300 studenti israeliani in un incontro organizzato dalla ong israeliana “One Voice” e dal gruppo parlamentare israeliano a sostegno della soluzione “a due Stati” guidato dal parlamentare laburista Hilik Bar.
Come riportato dal sito Israele.net, secondo gli organizzatori, gli studenti avrebbero dovuto rappresentare l’intero spettro politico israeliano ed ebraico, ma in realtà non si sono visti intervenire studenti che non fossero dell’opposizione di sinistra. Erano invece presenti gli estremisti della parte palestinese, che hanno manifestato all’esterno contro l’evento, esibendo anche un cartello con una Stella di Davide equiparata a una svastica nazista.
Abu Mazen e gli studenti hanno discusso diversi argomenti relativi al processo di pace, tra cui l’approvvigionamento idrico, Gerusalemme e l’istigazione all’odio in campo palestinese. “Ammetto che c’è incitamento contro Israele su tv e libri di testo palestinesi – ha detto Abu Mazen – il che ostacola le possibilità di pace. Ma ciò non deve essere usato come una scusa per non arrivare a un accordo”.
Abu Mazen ha sottolineato l’urgenza di un accordo di pace e ha suscitato applausi da parte degli studenti israeliani quando ha detto che Gerusalemme può essere due città aperte che coesistono con un unico ombrello municipale.
Ma rispondendo a una domanda di un attivista laburista di Haifa, ha detto: “il Monte del Tempio, il luogo più sacro del giudaismo, dove oggi sorge la moschea al-Aqsa, non può essere condiviso”, anche se ha assicurato che nel futuro stato palestinese agli ebrei sarebbe permesso pregare al Kotel (“Muro del Pianto”). Dal 1948 al 1967 la Città vecchia di Gerusalemme, coi Luoghi Santi, rimase sotto occupazione giordana e preclusa agli ebrei.
Circa la possibilità che degli ebrei vivano nel futuro stato palestinese, Abu Mazen ha scartato la cosa affermando che i diritti dei “coloni” non possono essere paragonati a quelli dei palestinesi, e che la questione non è nemmeno sul tappeto.
“La propaganda sostiene che voglio il ritorno (in Israele) di cinque milioni di profughi – ha poi detto Abu Mazen – ma è falso. Dobbiamo risolvere il problema dei rifugiati, ma non vogliamo sommergere Israele di profughi”, ed ha aggiunto che la questione dei profughi deve trovare una “soluzione morale e creativa”. A una domanda diretta su come intenda risolvere il problema dei profughi palestinesi, Abu Mazen ha tuttavia evitato di rispondere facendo battute sulla fertilità degli ebrei ultra-ortodossi.
“Non intendiamo cambiare la demografia di Israele”, ha anche affermato Abu Mazen, sostenendo di dire le stesse cose a tutti quelli che incontra e in ogni lingua. Ma ha anche subito ribadito che non intende riconoscere Israele come stato nazionale del popolo ebraico. “Cosa volete da noi? – ha detto – Avete fatto la pace con la Giordania e l’Egitto senza richiedere tale riconoscimento. Se volete il riconoscimento di Israele come stato ebraico andate a chiederlo alle Nazioni Unite”. Per la verità l’Onu ha già riconosciuto il diritto di esistere di uno “stato ebraico” sin dalla risoluzione 181 del 1947, mentre dal canto loro Giordania ed Egitto – a differenza dei palestinesi – non accampavano rivendicazioni sull’intero territorio di Israele.
Abu Mazen ha detto che non vi sarà un ritorno alla violenza se i colloqui con Israele dovessero fallire, ma non ha voluto escludere una campagna internazionale volta a delegittimare Israele.
Nell’intervento, Abu Mazen ha ripetuto l’accusa secondo cui gli israeliani vorrebbero accaparrarsi troppa acqua in un accordo di pace: quattro giorni dopo che Netanyahu ha criticato il presidente dell’euro-parlamento Martin Schultz per essere disinformato sulla distribuzione dell’acqua fra Israele e palestinesi, Abu Mazen ha accusato gli israeliani di pretendere addirittura dodici volte più acqua dei palestinesi.
A una domanda su cosa stia facendo per fermare gli estremisti dalla sua parte, Abu Mazen ha detto che quando la pace sarà vicina tutti i settori palestinesi la sosterranno, schierandosi contro gli estremisti. Ha poi affermato che Hamas sostiene i suoi sforzi di arrivare alla pace in base ai suoi parametri (ma domenica Hamas ha diffuso un comunicato di condanna dell’incontro fra Abu Mazen e gli studenti israeliani), e che l’80% della popolazione della striscia di Gaza appoggia il processo di pace come verrà dimostrato – ha detto – da elezioni democratiche e trasparenti (è dal 2006 che nell’Autorità Palestinese non si tengono elezioni né presidenziali né parlamentari). Abu Mazen si è anche detto sicuro che un suo accordo di pace con Israele verrà onorato e rispettato nonostante il fatto che egli governi di fatto solo sulla Cisgiordania e non sulla striscia di Gaza.
Abu Mazen ha poi detto che i colloqui con l’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert si interruppero a un passo dal successo perché il governo di Olmert cadde: una versione assai diversa da quello dello stesso Olmert e dei mediatori americani. Olmert ha sempre detto che Abu Mazen lasciò senza risposta la proposta che egli gli aveva sottoposto nel settembre 2008, quasi sette mesi prima che subentrasse Netanyahu. Abu Mazen lasciò cadere quell’offerta e i negoziati con Israele non ripresero più fino al luglio 2013.