Addio a “Misha” Gorbaciov, l’uomo che “liberò” gli ebrei dell’ex Urss dal giogo della Cortina di ferro

Mondo

di Roberto Zadik

Mentre la “sua” Russia è da mesi al centro della sanguinosa guerra contro l’Ucraina, martedì 30 agosto è morto, a 91 anni, Mikhail Gorbaciov, un gigante non solo di quel paese ma della scena politica internazionale che riuscì nell’impresa, decisamente impensabile all’epoca, di sradicare il Regime Comunista dall’ex Urss ( Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) provocandone l’implosione e l’inesorabile caduta dopo decenni.

Nonostante la notizia della sua scomparsa abbia da subito attraversato il web, ricordando la sua figura di riformatore, ben poco o quasi nulla è stato evidenziato sulla centralità del suo contributo rispetto al martoriato mondo ebraico sovietico. Oltre che da varie angherie e restrizioni, come evidenzia il Times of Israel nel ricordare lo statista scomparso, gli ebrei, ai tempi del comunismo, vennero tormentati anche “dal divieto assoluto di praticare l’ebraismo, di parlare lo Yiddish, che per secoli era stata la lingua madre degli ebrei Est Europei, inclusi i russi, l’ebraico e di stampare e diffondere libri di testo e pubblicazioni di argomento ebraico” nel tentativo di spietata omologazione, assimilazione e graduale cancellazione dell’elemento ebraico dal tessuto sociale delle varie Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Nell’omaggio a Gorbaciov, il New York Times ricorda che lo statista apportò “una serie di cambiamenti rivoluzionari” nel ruolo cruciale di Segretario del Partito Comunista Sovietico dal 1985 al 1991, ultimo presidente dell’Urss e Premio Nobel per la Pace nel 1990.

Con le sue politiche di “glasnost” (trasparenza) e “Perestroika” (rinnovamento), Gorbaciov liberò gli ebrei dal giogo dittatoriale che li opprimeva, da vari punti di vista; infatti egli non solo permise loro di professare la religione, ma anche e soprattutto di emigrare all’estero, negli Stati Uniti e Canada, in Europa e perfino in Erez Israel. A questo proposito,  secondo i dati dell’Università ebraica di Gerusalemme raccolti da Mark Tolt , dal 1989 al 1999, più di tre quarti degli ebrei sovietici sono emigrati solamente in Israele. Lo stesso studio ha poi evidenziato la rapida discesa della popolazione ebraica nell’Urss, da oltre due milioni nel 1970 a meno di un milione dal 2019 fino a un’ulteriore diminuzione di altre 31.000 presenze quest’anno a causa dell’invasione dell’Ucraina e del conflitto.

Estremamente onesto e coraggioso, Gorbaciov nel 1991, durante la commemorazione dei cinquant’anni dalla strage nazista di Babi Yar nel 1941, fu tra i primi a condannare ufficialmente l’antisemitismo del “blocco sovietico”. Rievocando un suo discorso in cui quell’anno egli denunciò l’ambiguità della politica di Stalin “, il Times of Israel sostiene che Gorbaciov fu estremamente altruista e aperto verso gli ebrei. A questo proposito, alla notizia della sua scomparsa, i leader di varie importanti organizzazioni ebraiche ne hanno elogiato non solo l’abilità di uomo di Stato ma anche le sue doti umane. “Riposi in pace, Gorbaciov, i cui sforzi hanno aiutato la fine della persecuzione governativa di milioni di ebrei sovietici” ha scritto su Twitter William Daroff, esponente di punta della conferenza dei Presidenti delle maggiori organizzazioni ebraiche americane.

Fra gli omaggi, anche l’American Jewish Commitee e il World Jewish Congress hanno espresso gratitudine a Gorbaciov; quest’ultimo gli ha reso omaggio nella dichiarazione del suo presidente Ronald Lauder che l’ha definito un “vero amico del popolo ebraico che, con le sue azioni, ha aiutato un numero incalcolabile di ebrei sovietici a ritornare alle loro tradizioni”, esprimendo le sue “più sentite condoglianze alla famiglia”.

Molto interessante anche l’articolo uscito poco dopo la sua scomparsa sul Jewish Telegraphic Agency, firmato da Ron Kampeas; “tre milioni di ebrei sovietici gli devono la loro libertà” ha detto l’ex Rabbino Capo di Mosca, Rabbi Pinchas Goldschmidt, attivo dal 1993 fino a quest’anno. In soli sei anni di incarico, come puntualizza l’articolo, egli si segnalò per la sua personalità carismatica e originale ed era chiaro, fin da subito, che sarebbe stato diverso da tutti i suoi predecessori. Era più giovane, più vitale e più aperto alle novità e a una visione occidentale e tollerante. Tanto, in precedenza, il Regime impediva agli ebrei qualsiasi fuga, spesso punendoli per qualunque tentativo di lasciare il paese, quanto nel 1987 a due anni dal suo insediamento il numero di ebrei che lasciarono la Russia aumentò precipitosamente, passando dai 914 del 1986 ai 185.000 raggiunti nel 1990.

Gorbaciov diede inizio ad una nuova era per il mondo e per gli ebrei, grazie alla sua amicizia con gli Stati Uniti e, in particolare, con il presidente Reagan, che pose fine alla tensione fra i due Paesi, iniziata nel 1961 con la Guerra Fredda. Nel suo metodico intento di riforma e ricostruzione (perestroika) egli riuscì in tutto quello che si era prefissato almeno fino al 1991.

Dopo le sue dimissioni, per lui seguì una fase estremamente cupa e di declino in cui molti lo criticarono, nonostante l’incredibile svolta da lui messa in atto, fino alla morte della sua amata moglie Raissa nel 1999. Splendori e momenti difficili, per questo self made man, nato il 2 marzo 1931 da una famiglia modesta che contrariamente a quanto sta accadendo oggi in Russia, seppe guardare con entusiasmo e apertura al mondo occidentale. Fra i tanti traguardi da lui raggiunti, suscitò grande ammirazione anche in Israele, nella sua visita nel 1992 dove venne accolto come un eroe ricevendo una serie di premi e riconoscimenti; in quell’ occasione, dichiararò che nel suo Paese l’antisemitismo veniva ufficialmente negato ma incoraggiato in pratica. Gorbaciov, nello stesso contesto, ricordò anche come l’antisemitismo nel comunismo fosse spesso subdolo e nascosto ai tempi di Stalin quando, specialmente dopo la Seconda Guerra Mondiale, esso fu introdotto sia nella politica interna sia estera e definì l’esodo di circa 350.000 ebrei “una grande perdita per il nostro Paese e la nostra società”.

In una intervista rilasciata al Times of Israel, il refusnik Nathan Sharansky divenuto poi ministro israeliano e presidente dell’Agenzia Ebraica, ha tuttavia dichiarato che la concessione che Gorbaciov fece agli ebrei sovietici di emigare verso gli Stati Uniti o Israele non avvenne per simpatia verso gli ebrei ma sulla spinta delle pressioni internazionali. 

Gorbaciov credeva profondamente nel Comunismo e nelle idee di Marx e Lenin – ha dichiarato Sharansky – ma pensava semplicemente che non potessero funzionare per la Russia. Capiva che era necessario concedere al popolo un po’ di libertà, diritti civili e opportunità economiche, ma non si era reso conto che se dai alla gente un po’ di libertà, poi ne vorrà di più”.

In alto: Gorbaciov al Kotel – Muro del Pianto a Gerusalemme, nel 1992

Photo: KOREN ZIV, 06/16/1992, Creative Commons Attribution Government Press Office (Israel)