Un Oscar alla vita di Alice Herz-Sommer

Mondo

Alla fine ce l’ha fatta a vincere anche l’Oscar: il film documentario “The lady number 6. Music saved my life”, dedicato alla vita di Alice Herz Sommer, la più anziana sopravvissuta alla Shoah, si è infatti guadagnato l’ambita statuetta all’edizione 2014 degli Oscar.

Questo solo una settimana dopo la morte a Londra della sua ispiratrice, arrivata a 110 anni dopo essere sopravvissuta alla barbarie nazista e al regime sovietico: il 24 febbraio scorso, infatti, la pianista era deceduta nella sua casa di Londra.

Proprio di recente anche su Mosaico avevamo parlato di questa grande pianista, la cui carriera era stata troncata dalla guerra e della persecuzioni naziste: a lei, infatti era dedicato lo spettacolo teatrale “Alice. 88 tasti nella storia”, tenutosi a Milano in occasione del Giorno della Memoria.

“Eravamo arrivati a pensare che non sarebbe mai morta – ha dichiarato Frederic Bohbot, produttore del documentario a lei dedicato -. Non mi sono mai posto il problema se avrebbe vissuto fino agli Oscar”.

Nata a Praga nel 1903, Alice Herz-Sommer era una pianista avviata ad una carriera internazionale. Da bambina aveva conosciuto Gustav Mahler e aveva suonato Beethoven per Franz Kafka ad una cena di famiglia. Dopo l’invasione nazista della sua città nel 1939, le fu vietato di suonare in pubblico in quanto ebrea. Continuò ad esercitarsi in casa fino al luglio 1943 quando fu catturata dai nazisti assieme al marito Leopold e il figlio Rafi di 6 anni. Furono tutti condotti nel campo di concentramento di Theresienstadt. Ed è qui che la musica le salvò la vita. Molti comandanti di lager nazisti amavano fare sfoggio di orchestre di musica classica composte da prigionieri, anche per motivi di propaganda.

Così accadde anche a Theresienstadt: Alice suonò oltre 100 concerti nei 21 mesi di prigionia, senza spartiti e su un vecchio piano. Non solo questo le evitò il trasferimento ad Auschwitz, ma l’aiutò anche a mantenere viva la speranza. “La musica era il nostro cibo, grazie alla musica siamo rimasti vivi”, raccontò più volte.

Decine di migliaia di persone morirono di stenti a Theresienstadt e più di 150 mila furono trasferite nei campi di sterminio. Fra questi ultimi vi fu anche il marito di Alice, Leopold, portato ad Auschwitz e poi a Dachau, dove morì di tifo.

Dopo la Liberazione, fu capace di ricostruirsi una vita e una carriera, scampando al terrore staliniano e raggiungendo, con il figlio Rafi, la sorella nella neonata Israele, dove fu assunta come docente di pianoforte al Conservatorio di Gerusalemme. Dal 1986 viveva a Londra.