di Ilaria Ester Ramazzotti
In Olanda le scuole potranno riaprire a pieno ritmo dall’8 giugno, rispettando alcune disposizioni sanitarie anti-Covid. Fra queste, anche l’obbligo di tenere le porte aperte per far circolare l’aria. E se da un lato le scuole ebraiche sono favorevoli a riaprire e hanno già parzialmente riaperto, dall’altro le nuove disposizioni pongono il serio problema della gestione della sicurezza.
Come nel resto d’Europa, sarà quindi complicato ritornare alla normalità a cui erano abituate le istituzioni ebraiche prima della crisi sanitaria. Una ‘’normalità’’ che implicava porte e ingressi rigorosamente chiusi. La spinosa questione si somma ai protocolli sanitari che impongono distanze sociali e l’uso di separazioni di plexiglass nelle classi.
Ad Amsterdam, le scuole ebraiche sono situate nell’arco di due isolati. Le due principali scuole elementari, la Cheider con 110 studenti e la Rosj Pina con 270 alunni, hanno riaperto parzialmente durante il mese di maggio riducendo le ore di lezione, come richiesto dal Ministero dell’educazione, dimezzando il numero di bambini in ogni aula per rispettare le misure di distanziamento sociale. “È difficile, non puoi andare in giro e gli alunni non possono mostrarti il loro quaderno, a meno che non lo premano sul plexiglass. È quasi impraticabile”, ha spiegato la Jerusalem Post Channa Feige, insegnante della Cheider. Ai genitori non è consentito entrare negli edifici per non creare assembramenti e sono state organizzate fasce orarie differenziate di entrata e di uscita. I cancelli sono socchiusi per non toccarne le superfici, di conseguenza il passaggio delle auto nelle vicinanze è interdetto per motivi di sicurezza, mentre alcune guardie sorvegliano le entrate.
Per la direttrice della Rosj Pina Jacqueline Brecher le nuove misure di sorveglianza funzionano, anche se c’è perplessità sulla riapertura totale in agenda l’8 giugno: “Mi sento meno a mio agio riguardo al ritorno alla piena capacità, perché non abbiamo molte informazioni su cosa significhi in termini di rischi. Ma ci stiamo preparando comunque”. Il presidente del consiglio di amministrazione della Cheider Herman Loonstein ha sottolineato che “la necessità di prevenire le infezioni ha aggiunto un livello di complessità alla necessità di fornire sicurezza alle istituzioni ebraiche”.
Ophir Revach, direttore del centro sicurezza e crisi del Congresso ebraico europeo, è invece poco convinto della politica delle scuole ebraiche olandesi. “Non conosco i dettagli di Amsterdam, ma per noi un cancello aperto, una porta aperta, non è una scelta opzionale”, ha dichiarato. E anche il dibattito sul tema rimane aperto.