di Pia Jarach
Ad Anne, che sognava di diventare adulta e famosa giornalista o scrittrice, piacerebbe molto sentire con quanta stima e affetto è stata accolta a Milano la nuova mostra a lei dedicata, proprio come se grande lo fosse diventata davvero, anziché soccombere e per una manciata di giorni non si fosse spenta per sempre anziché essere liberata e curata. La mostra ci parla soprattutto della sua vita prima e durante la guerra, nel passaggio da bambina libera ad adolescente perseguitata e nascosta, da inguaribile fiduciosa nell’intima bontà dell’uomo a vittima fra le vittime.
Domenica 9 Ottobre a Palazzo Isimbardi, sede della Provincia di Milano, è stato dunque inaugurato questo nuovo percorso didattico ed etico, per raccontare la sua storia come simbolo di quella degli altri milioni di ebrei d’Europa vittime del nazismo fra il 1935 e il 1945. Ed anche per creare un momento di riflessione, come tutte le produzioni della Casa di Anne Frank, sulle insidie mai sopite del pregiudizio, del fanatismo e dell’odio razziale.
Fra i relatori, oltre al Presidente della Provincia G. Podestà, al Presidente della nostra Comunità, R. Jarach, al Presidente della Fondazione Anne Frank ed ex Primo Ministro olandese, Mr. Kox, al Direttore della Casa di Anne Frank, Mr. Leopold e all’Assessore alla Cultura della Provincia, Novo Umberto Maerna, era presente il Console Onorario dei Paesi Bassi a Firenze, Mr. Nico Kamp.
Sicuramente è stato il suo intervento ad emozionare maggiormente il pubblico: Nico Kamp ha portato in dono per l’occasione la sua esperienza diretta di bambino tedesco scappato in Olanda con la sua famiglia dopo la Notte dei Cristalli nel 1938, poi braccato e nascosto insieme al fratello maggiore Rolf per 5 lunghissimi anni in 14 diversi rifugi e famiglie, fino alla fine della guerra nel 1945. I genitori furono entrambi deportati ad Auschwitz via Westerbork nell’agosto del 1944 sullo stesso convoglio, nello stesso vagone di Anne Frank e della sua famiglia. La mamma di Nico Kamp, Inge, aveva solo 35 anni e fu con Anne e con sua sorella Margot fino a che non fu trasferita in un campo di lavoro nazista che, paradossalmente, le consentì di sopravvivere e di riabbracciare i suoi figli nell’estate del 1945.
La storia di Inge è stata raccontata in un bel libro “I ricordi di Inge e dei suoi figli, Rolf e Nico Kamp”, a cura di Maria Pia Bernicchia, – Proedi Editore (disponibile anche nella versione e-book sul sito www.proedieditore.it.)
Nei tempi oscuri della Shoah, Mr. Kamp era solo Nico, un bimbo di pochi anni, strappato all’affetto rassicurante della mamma per cinque anni, ma sopravvissuto e così fortunato da poterla di nuovo abbracciare. La consapevolezza di questo benigno destino lo ha reso ancora più deciso nel ricordare e ricordare ancora chi come Anne non è tornato. In un mondo a rovescio, dove le vittime sembrano doversi ancora giustificare e dimostrare di esserlo state, dove la negazione della Shoah è tollerata anche se espressa senza pudore da capi di governo come quello iraniano, suonano più che mai profetiche le parole pronunciate dal Generale Eisenhower di fronte alle montagne di cadaveri trovate nei campi liberati e citate dallo stesso Nico Kamp: “Filmate tutto, raccogliete tutte le prove possibili, perché in futuro non ci possa essere qualche bastardo [cit. letterale] che possa negare ciò di cui oggi siamo testimoni.”
La mostra è esposta nel raffinato loggiato di palazzo Isimbardi, l’ingresso è gratuito, ma su prenotazione e si articola su una trentina di pannelli con fotografie e testi molto immediati, in italiano e in inglese.
Per renderla ancora più accessibile alle scuole superiori senza la presenza di guide specifiche, la Provincia ha già organizzato una serie di incontri sia con i professori sia con alcuni studenti, seguendo l’idea vincente della trasmissione di conoscenze “peer to peer”, da pari a pari.
Per portarla a Milano il Presidente della Provincia Podestà e la sua giunta hanno lavorato in stretta collaborazione con l’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi e con la Casa di Anne Frank di Amsterdam. È un segno di continuità nell’impegno che la Provincia si è assunta negli anni per sostenere la Memoria della Shoah soprattutto fra gli studenti, sia come partner nella realizzazione del Memoriale di Binario 21, sia come organizzatore dei viaggi della Memoria ad Auschwitz.
Già nel 2000 l’Associazione Figli della Shoah aveva portato nelle sale del Castello Sforzesco la versione precedente della mostra su Anne Frank, raccogliendo una tale adesione da decidere poi per anni di dar seguito alla pressante richiesta delle scuole con mostre originali tenutesi a Palazzo Reale e a Palazzo della Regione.
Tutto questo in attesa che gli spazi per rendere permanente il Ricordo della Shoah a Milano siano pronti nel Memoriale di via Ferrante Aporti 3, tragico e ancora intatto punto di partenza assolutamente italiano dei convogli verso la deportazione e lo sterminio fra la fine del 1943 e l’inizio del 1945.
La scorsa settimana si è spenta un’altra testimone italiana della Shoah, Ida Marcheria. Pochi mesi fa se ne era andato anche Romeo Salmoni. Due voci che hanno iniziato a raccontarsi e a raccontarci di Auschwitz grazie al prezioso e instancabile lavoro sulla Memoria della Fondazione Cdec e che lasciano un vuoto che non possiamo e non vogliamo sia inghiottito dal tempo. A chi è ancora al nostro fianco per rendere testimonianza vogliamo promettere che questo non avverrà.
Ben venga allora che si portino avanti iniziative come questa della Provincia anche in periodi lontani dalle ormai istituzionali occasioni legate alla Giornata della Memoria. E soprattutto, che se ne facciano carico le istituzioni di tutti e non solo quelle ebraiche.