di Nathan Greppi
Sebbene si tenga tutti gli anni da quasi un decennio, lunedì 20 aprile la conferenza stampa dell’Istituto Kantor dell’Università di Tel Aviv si è tenuta per la prima volta tramite Zoom, anziché fisicamente. Il tema era la presentazione del rapporto annuale sull’antisemitismo a livello globale nel 2019 e all’inizio del 2020.
La conferenza, seguita in diretta da Mosaico, è stata moderata dal direttore accademico dell’Istituto Kantor, l’italiano Giovanni Quer, ed è iniziata con la proiezione di un video che mostrava i dati sull’antisemitismo nel mondo: nel 2019 gli episodi di violenza antisemita sono aumentati del 18% rispetto al 2018, e vanno dalle aggressioni ad attentati come quello del neonazista di Halle in Germania a ottobre o a quello avvenuto a dicembre a New York, dove un afroamericano ha ferito 5 persone in casa di un rabbino. In totale, nel corso del 2019 sono stati 456 gli attacchi antisemiti, contro i 387 del 2018. Riguardo all’Italia, i cui dati sono stati forniti all’Istituto Kantor dal CDEC, è stato citato il caso del controverso dipinto che riprende l’accusa dell’uccisione di Simonino da Trento, di cui ha parlato in anteprima nazionale Mosaico.
In un video successivo il fondatore dell’Istituto, il presidente dello European Jewish Congress Moshe Kantor, ha affermato: “Chi avrebbe mai pensato che, 70 anni dopo la Shoah, gli ebrei avrebbero avuto nuovamente paura di camminare per le strade dell’Europa? Chi avrebbe immaginato che le sinagoghe sarebbero state nuovamente attaccate, e i cimiteri regolarmente vandalizzati e devastati?” Sono state poi mostrate varie teorie complottiste sul web che accusano gli ebrei di aver diffuso il coronavirus; alcune vengono diffuse da personaggi notoriamente antisemiti come l’ex-capo del Ku Klux Klan David Duke.
Antisemitismo e coronavirus
La prima tra i relatori a parlare è stata la direttrice dell’Istituto Kantor, Dina Porat, la quale ha spiegato: “Questo è stato un anno difficile; i grafici e i dati lo dimostrano. Ma vediamo una discrepanza tra gli sforzi dei governi di affrontare l’antisemitismo, attraverso l’istruzione e le leggi, e l’antisemitismo che nonostante ciò continua a crescere, che sia di estrema destra, di estrema sinistra o islamista. La nostra missione è di trovare questa discrepanza e di colmarla.” Ha aggiunto che anche il coronavirus sta contribuendo a diffondere l’antisemitismo, tramite il complottismo che accusa gli ebrei di voler lucrare sui futuri vaccini. Ha anche ricordato i dati secondo cui il 41% dei giovani ebrei europei ha pensato di lasciare il continente a causa del crescente antisemitismo.
Giovanni Quer ha spiegato che “vi è stato un drammatico aumento dell’odio antisemita online in tutto il mondo, il che rappresenta una minaccia per il futuro. Ciò fa riflettere anche sull’impatto dei discorsi d’odio sulla realtà: ciò che avviene su internet non rimane su internet, e il 2019 ci ha mostrato l’impatto che la retorica d’odio in rete può avere anche nel mondo reale,” ha spiegato citando i vari attentati avvenuti nell’ultimo anno nei confronti delle comunità ebraiche americane e non solo.
Parlando delle contromisure legali prese in merito, Quer ha spiegato: “Nel 2019 la Commissione Europea ha esteso il suo codice di condotta ai discorsi online. La legge tedesca contro lo ‘hate speech’ ha ispirato altri ordinamenti, e ciò fa sì che le piattaforme debbano rimuovere i contenuti d’odio entro 24 ore, e prevedono sanzioni severe quando ciò non avviene.”
Nazionalismo e hate speech i trend del 2019
Arie Zuckerman, capo del comitato dell’Istituto, è intervenuto per mettere in risalto due fattori chiave per i dati del 2019: “Il primo riguarda il nazionalismo: se guardiamo a circa un decennio fa, si parlava di un mondo unito, un’Europa unita e niente confini. Oggi invece parliamo di un trend globale di nazionalismo e di partiti di ultradestra che prendono il potere, rifiutando gli immigrati e gli stranieri. E anche stavolta gli ebrei vengono accusati di diffondere la malattia, e di portare problemi. Il secondo fattore sono i discorsi d’odio e tutto ciò che avviene sui social: adesso abbiamo milioni di persone in quarantena, chiuse in casa e connesse al computer 24 ore su 24. Ciò è molto importante: ogni anno chiediamo ai provider e ai politici di arginare le parole d’odio e l’antisemitismo in rete, ma ogni volta troviamo un’opposizione che ci accusa di voler limitare la libertà di espressione. Ma oggi vediamo paesi che molti paesi stanno limitando le libertà per proteggere la salute pubblica, e allora ci chiediamo: perché si può fare solo in questo caso e non quando si tratta della vita ebraica? Perché come ha detto Giovanni (Quer), ciò che avviene su internet non rimane su internet.”