Antisemitismo allarmante nei campus statunitensi: chiarimenti sulle zone “judenfrei”

Mondo

Di Sofia Tranchina

In seguito a recenti provocazioni antisioniste lanciate da nove gruppi studenteschi della facoltà di giurisprudenza di UC Berkeley, è nata una tempesta mediatica che riporta informazioni non poco allarmanti su zone “libere da ebrei” all’interno dei campus dell’università. È necessario, tuttavia, fare chiarezza su cosa stia effettivamente accadendo nell’università californiana e su quanto grave sia la situazione.

COSA STA ACCADENDO A BERKELEY

Tutto è iniziato quando in agosto un’organizzazione filo-palestinese, Studenti per la Giustizia in Palestina, ha annunciato un nuovo regolamento volto a bandire ufficialmente gli oratori che sostengono l’esistenza di Israele.

Ad adottare il nuovo statuto sono stati poi altri nove gruppi studenteschi (sul totale dei cento gruppi del campus): Donne di Berkeley Law, Collettiva Donne di Colore, Studenti di Legge di Origine Africana, Associazione di Studenti dell’Asia e dell’America del Pacifico, Caucus Queer, Progetto di Difesa Comunitaria, Associazione degli Studenti di Legge del Medio Oriente e del Nord Africa, Associazione Studentesca Musulmana di Berkeley Law e Berkeley Law per la Palestina.

Lo statuto comprendeva anche altre misure marcatamente anti-israeliane, tra cui l’adesione al movimento globale per il boicottaggio di Israele BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni).

Ventisei altre organizzazioni hanno quindi risposto in una lettera aperta pubblicata il 3 ottobre sul Jewish Journal condannando il «tentativo feroce di emarginare e stigmatizzare la comunità ebraica e israeliana», che nasconde – e neanche tanto – uno «sfacciato antisemitismo», il quale diventa tanto più preoccupante se si considera che le organizzazioni che hanno già adottato questo punto di vista «lavoreranno per persuadere le altre a fare lo stesso».

ANTISIONISMO E ANTISEMITISMO

«Così come lo Shabbat e le leggi alimentari kosher, il sionismo è vitale per la coscienza di molti, se non della maggior parte, degli ebrei», e lo statuto normalizzerebbe la richiesta implicita agli ebrei di «nascondere o alterare un aspetto fondamentale della loro identità per essere pienamente accettati», si legge nella lettera.

Il provvedimento, infatti, come notato dal decano Erwin Chemerinsky, impedirebbe al 90% degli studenti ebrei di parlare agli eventi ospitati da queste organizzazioni, impedendo qualsiasi dialogo tra punti di vista diversi. Questo, tra l’altro, è in profonda contraddizione con la libertà di parola tanto inneggiata in America dalle stesse associazioni filo-palestinesi che incitano all’odio.

Va ricordato che soltanto due anni fa uno studio statistico del Pew Research Center ha evidenziato pubblicamente che «otto ebrei statunitensi su dieci affermano che prendersi cura di Israele è una parte essenziale o importante di ciò che significa per loro essere ebrei».

La lettera delle organizzazioni si chiude quindi con un appello a prendere provvedimenti in merito:

«Chiediamo quindi a Berkeley Law di adottare immediatamente tutte le misure legittime e necessarie per garantire che nessuna delle sue organizzazioni studentesche sia autorizzata a discriminare gli ebrei sulla base di qualsiasi aspetto della loro identità ebraica, compreso il loro sionismo. Come primo passo, le nove organizzazioni studentesche dovrebbero revocare le nuove disposizioni discriminatorie dai loro statuti o affrontare sanzioni adeguate».

Inoltre, 150 gruppi studenteschi ebraici di tutte le università statunitensi hanno firmato un’altra lettera aperta di condanna alle nove organizzazioni che hanno adottato lo statuto, un «tentativo deliberato di escludere gli studenti ebrei dalla comunità del campus della UC Berkeley».

«Il conflitto israelo-palestinese è una questione profondamente complessa che ha propagato per decenni intensi attriti morali e politici. Il sionismo è l’idea che il popolo ebraico ha diritto all’autodeterminazione nella sua patria ancestrale, un’idea che esiste da molto tempo prima di questo conflitto. Più del 95% degli ebrei americani sostiene lo Stato di Israele. Impedire agli studenti ebrei di partecipare alle organizzazioni studentesche a meno che non rinuncino al principio centrale della loro identità etnoculturale è un atto di discriminazione inconcepibile. Una connessione con la propria eredità e patria non dovrebbe essere un reato punibile. Abbiamo tutti lo stesso diritto di essere presenti in questo campus e di esercitare i nostri diritti indipendentemente dalla discriminazione».

Per spiegare e condannare pubblicamente le dannose conseguenze delle prese di posizione antisioniste all’interno delle università, Kenneth L. Marcus – fondatore del Brandeis Center che ha guidato la battaglia legale contro l’antisemitismo nei campus universitari – ha pubblicato sul Jewish Journal un editoriale in cui, inoltre, ha spiegato che questi eventi si inseriscono in un contesto di continue esclusioni dalla vita nei campus statunitensi perpetuate nei confronti degli studenti ebrei.

«L’antisionismo è decisamente antisemita. Usare “sionista” come eufemismo per ebreo non è altro che un trucco per la fiducia. Come altre forme di giudeofobia, è un’ideologia dell’odio, che tratta Israele come un “ebreo collettivo” e diffama lo stato ebraico con diffamazioni simili a quelle usate per secoli per diffamare i singoli ebrei.
[…] Questi gruppi stanno limitando ai loro successori la cooperazione con oratori e gruppi filo-israeliani. In questo modo, gli statuti di esclusione operano come patti razziali restrittivi, precludendo la partecipazione delle minoranze in perpetuo».

Inoltre, Kenneth L. Marcus risponde al decano Erwin Chemerinsky, il quale ha tentato di difendere l’immagine pubblica della facoltà notando che solo nove su cento dei gruppi studenteschi ha aderito allo statuto:

«Andrebbe bene se solo il 5% o il 10% del campus fosse segregato? Quale percentuale del campus di Berkeley dovrebbe essere aperta a tutti? Non dovrebbe essere al 100%? E qual è il numero giusto di porte che dovrebbero essere chiuse agli studenti di qualsiasi razza o etnia: non è zero?».

IL DISGUIDO SULLE ZONE JUDENFREI

Il disguido relativo all’accaduto, che ha dato adito a una serie di articoli e polemiche fuorvianti, nasce dal titolo che accompagna l’editoriale di Kenneth L. Marcus: Berkeley Develops Jewish-Free Zones (“Berkeley sviluppa zone libere da ebrei”).

Due professori ebrei del campus, Ron E. Hassner e Ethan B. Katz, hanno quindi pubblicato un chiarimento su The Jewish News of Northern California:

«L’idea che la facoltà di giurisprudenza di Berkeley abbia “zone libere dagli ebrei” è assurda. Il panico intorno all’antisionismo nei campus statunitensi non ha alcuno scopo, se non quello di offrire pubblicità gratuita per idee estremiste e di erodere inutilmente il senso di sicurezza e protezione di base degli ebrei nei luoghi in cui la vita ebraica è effettivamente fiorente.
La decisione di una piccola coorte di gruppi studenteschi di respingere i “relatori sionisti” dai loro eventi è un oltraggio. È palesemente discriminatorio ed è destinato a far sentire esclusi gli studenti ebrei.
[…] Ma piuttosto che aggredire l’amministrazione per le decisioni prese dai gruppi di studenti, il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di educare gli studenti a fare meglio.
[…] Comprendiamo l’allarme che gli incidenti provocatori possono generare e accogliamo con favore il sostegno della più ampia comunità ebraica. Ma se si vuole sostenere gli ebrei a Berkeley, il modo migliore per farlo è non fare affermazioni stravaganti».

ANTISEMITISMO NEI CAMPUS STUDENTESCHI AMERICANI

Si nota tuttavia che il tumulto di Berkeley è solo il più recente di una serie di importanti controversie sull’antisemitismo nei campus statunitensi. Dal 1979 l’Anti-Defamation League svolge un audit annuale nazionale sugli incidenti antisemiti, e nel 2021 ha riportato un triste record assoluto da quando è stato istituito: gli incidenti antisemiti hanno raggiunto il massimo storico, con un totale di 2.717 episodi di aggressione, molestie e vandalismo.
Le aggressioni – che implicano violenze fisiche da persona a persona innescate da ostilità antisemita – sono aumentate del 167%. Gli episodi di molestie sono aumentati del 43% e gli atti di vandalismo antisemita sono aumentati del 14%. Gli attacchi contro le istituzioni ebraiche, inclusi i centri della comunità ebraica (JCC) e le sinagoghe, sono aumentati del 61%, gli incidenti nelle scuole K-12 sono aumentati del 106% e gli incidenti nei campus universitari sono aumentati del 21%.

L’iniziativa Amcha – un’organizzazione dedicata a indagare, documentare, educare e combattere l’antisemitismo negli istituti di istruzione superiore in America, per proteggere gli studenti ebrei dall’assalto e dalla paura sia diretti che indiretti mentre frequentano college e università – elenca 851 casi di “attività antisemita” nei campus universitari degli Stati Uniti nel solo 2021. Amcha (che in ebraico significa “il tuo popolo”) utilizza i risultati della sua ricerca e analisi per informare gli amministratori universitari e il pubblico sugli incidenti antisemiti, sugli individui e sui gruppi che li stanno perpetrando e per fare pressione sui leader universitari affinché agiscano.

«Negli ultimi 18 mesi, un rotolo della Torah è stato profanato durante un’irruzione in una confraternita ebraica della George Washington University, i neonazisti hanno picchiato uno studente ebreo dell’Università della Florida centrale, un partecipante a una manifestazione di Studenti per la giustizia in Palestina ha lanciato pietre verso i contromanifestanti fuori dall’Università dell’Illinois Hillel», si legge in un articolo pubblicato da Tablet, che nota peraltro che «la mancanza di interesse per l’antisemitismo da parte dei regimi del Campus DEI rende evidente che gli ebrei non sono visti come parte della missione di giustizia sociale dell’università».

«Una serie di attacchi antisemiti ha colpito i campus statunitensi durante le vacanze di Rosh Hashanah la scorsa settimana. Una confraternita ebraica della Rutgers University del New Jersey è stata coinvolta nel quarto incidente antisemita nell’edificio negli ultimi 18 mesi, incluso uno nel giorno della memoria dell’Olocausto; volantini antisemiti sono stati distribuiti all’Università del Michigan; una svastica era scarabocchiata sul soffitto di un bagno all’American University; una mezuzah è stata strappata da un ingresso in un dormitorio della Stanford University; e una svastica è stata disegnata nel campus della California State University, Sacramento, per la terza volta dall’inizio dell’anno scolastico», elenca il Times of Israel.

E ancora, «alla State University di New York a New Paltz, gli attivisti hanno cacciato due vittime di aggressioni sessuali da un gruppo di sopravvissuti perché sionisti. All’Università della California meridionale, hanno cacciato dal suo incarico il vicepresidente del governo studentesco ebraico Rose Ritch, minacciando di “mettere sotto accusa il [suo] culo sionista”. A Tufts, hanno cercato di estromettere il membro del comitato giudiziario studentesco Max Price dal comitato giudiziario del governo studentesco a causa del suo sostegno a Israele», scrive Kenneth L. Marcus, che mette in guardia l’amministrazione nella sua ultima lettera di risposta:

«Quando la temperatura dell’acqua aumenta lentamente, la rana si adatta al disagio fino a quando non è troppo tardi. […] È richiesta la responsabilità pubblica. Ed è necessario prima che l’acqua inizi a bollire».