Antisemitismo in Europa: la visione americana (repubblicana)

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The National Interest” è una delle più note riviste americane di politica internazionale. Edita dal The Center for National Interest (ex Nixon Center), nel 1989 pubblicò il famoso articolo di Francis Fukuyama “The End of History?” che spaccò letteralmente in due la comunità mondiale degli studiosi di politica internazionale.
Una rivista chiaramente in linea con le posizioni del partito repubblicano. Tra gli articoli più letti negli ultimi giorni su The National Interest figura quello pubblicato sul blog di  John Allen GayIs Antisemitism back in Europe? dove a partire da un tema sensibile come quello dell’antisemitismo nell’Europa, si arriva ad un’aspra ed esplicita critica del multiculturalismo europeo e dei suoi fautori.
Gay prende spunto dai risultati della recente indagine sull’antisemitismo in Europa svolta dall’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali (risultati che saranno resi pubblici ufficialmente il prossimo novembre). Sulla base di quest’indagine, i cui risultati saranno presentati ufficialmente il prossimo novembre, Gay afferma che gli ebrei in Europa sono tornati a vivere in condizioni di incertezza, di paura.  Un quarto degli ebrei europei (e ben il 49% degli ebrei svedesi), scrive Gay, evita comportamenti e simboli che potrebbero identificarli come ebrei; l’88% degli ebrei francesi  ritiene che negli ultimi cinque anni l’antisemitismo sia  peggiorato e il 30% degli ebrei ungheresi dichiarerebbe di aver subito episodi di antisemitismo negli ultimi dodici mesi.

“Indagini di questo tipo fanno dubitare che la storia dell’Occidente sia stata un costante progresso” commenta Gay, e aggiunge: “Certo gli europei sembrano finalmente essersi civilizzati, con un’unione democratica e multinazionale che ha soppiantato sanguinose e secolari guerre e rivoluzioni. Ma è vero anche che nel 2012, come riporta il Kantor Center dell’Università di Tel Aviv,  la Francia è stata in testa nel mondo per numero di incidenti antisemiti violenti.”

“Alcuni vorrebbero fare intendere che la responsabilità di questa situazione sia da attribuirsi all’estrema destra” scrive Gay – a partiti come Alba Dorata in Grecia o Jobbik in Ungheria. In effetti, osserva ancora Gay,  il Kantor Center documenta molti episodi violenti di matrice neonazista, ma aggiunge anche il quadro che emerge dal sondaggio, rivela dati diversi. Solo il 19% degli ebrei europei punta il dito contro l’estrema destra, mentre il 22% attribuisce la responsabilità all’estrema sinistra e il 27% ai musulmani.
A supporto di questa tesi, Gay cita il giornalista ebreo danese Martin Krasnik secondo il quale “l’aumento dell’antisemitismo di stampo islamico in Europa è documentato ma anche largamente ignorato. La stampa presta poca attenzione al fenomeno oppure lo sdrammatizza”. Recentemente, ricorda ancora Krasnik, nel corso di una festa “multiculturale” a Nørrebro, in Danimarca, ad un gruppo di ebrei è stato impedito di esporre la bandiera israeliana – come “misura di sicurezza” è stato spiegato dagli organizzatori dell’happening. Ma secondo quanto rivelato più tardi da un funzionario del governo, in realtà il gruppo ebraico non avrebbe dovuto prendere parte alla festa per non offendere i partecipanti musulmani”.

“La moderna liberalità è il velo di cui si ammanta la storia d’Europa, lo stesso velo con cui l’Europa cela meno piacevoli impulsi” è la conclusione di Gay. “C’è tuttavia un difetto fatale nelle pretese europee di multiculturalismo. Il multiculturalismo – scrive Gay – può davvero essere fonte di ricchezza per le società. E non c’è miglior prova di ciò che la storia degli ebrei in Europa. Essi hanno dato all’Europa Einstein e Kafka, Freud e la Arendt. Essi fecero dell’Europa il centro di gravità intellettuale del mondo – fino a quando gli europei non li cacciarono, non li uccisero. Perchè mai dunque, si chiede Gay,  coloro che in Europa si autoproclamano multiculturalisti dovrebbero nascondere sotto il tappeto questo loro luminoso esempio, se in gioco non ci fosse qualcosa di riprovevole?”.