di Anna Balestrieri
Una serata di discussione interattiva sulla situazione attuale dell‘immagine di Israele nel mondo si è naturalmente trasformata in un’analisi dell’attacco iraniano allo stato ebraico e delle prospettive che attendono la regione mediorientale. A capeggiarla Yigal Palmor, capo dell’Unità per le relazioni internazionali e consigliere per la politica estera del presidente dell’Agenzia ebraica per Israele, dove ha precedentemente prestato servizio per quattro anni come direttore degli affari pubblici e delle comunicazioni.
Dal 1991 un paese straniero non attaccava Israele. È stato questo il primo attacco iraniano aperto e dichiarato dopo decenni di minacce ed intimidazioni, giustificato come una rappresaglia per il colpo inflitto dallo stato ebraico all’ambasciata iraniana a Damasco. In verità, chiarisce Palmor, l’obiettivo dell’operazione, il leader delle guardie rivoluzionarie (il braccio armato iraniano all’estero), era stato individuato dalle forze speciali dell’esercito israeliano in un edificio vicino all’ambasciata iraniana che fungeva da centro militare. Durante l’attacco non sono stati colpiti né civili né l’ambasciata.
La politica estera iraniana dall’avvento degli ayatollah ad oggi
Non sorprende che l’attacco giunga dall’Iran, considerando la predizione del 1979 dell’ayatollah Khomeini sulla fine di Israele. Dall’avvento del regime l’Iran ha dichiarato guerra al resto del mondo, in particolare ai correligionari sunniti che controllano i luoghi sacri dell’Islam in Arabia Saudita, utilizzando proxy ed operazioni sotto copertura per attaccare i nemici anziché operare apertamente. L’Iran finanzia diverse organizzazioni, tra cui Hamas, le milizie sciite in Siria ed Iraq, Houthi e Hezbollah, fornendo loro armi, addestramento e fondi.
Gli ayatollah considerano gli Stati Uniti il “Grande Satana” ed Israele il “Piccolo Satana”. L’Iran ritiene l’azione della notte tra sabato 13 e domenica 14 aprile una vittoria, affermando nella propaganda nazionale di aver ucciso molti militari israeliani e prevedendo il collasso interno del governo israeliano.
L’incontro è nato su iniziativa di Hatikva, il giornale dei giovani ebrei italiani. Nato nel 1949 con l’intento di combattere la diffamazione nei confronti degli ebrei, il giornale e l’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) stanno moltiplicando i propri sforzi d’informazione negli ultimi mesi sulla scorta del preoccupante incremento nell’antisemitismo registrato dal 7 ottobre 2023.
La reazione della comunità internazionale
Palmor ha portato l’attenzione sul fatto che i paesi arabi moderati e quelli occidentali si sono coalizzati in risposta all’attacco, nonostante gli Stati Uniti abbiano evitato e stiano scoraggiando la risposta diretta. Israele pianifica una risposta, ma al momento opportuno. La priorità è affrontare la situazione a Gaza ed eliminare Hamas, ricordando che la guerra è una lotta per la libertà, particolarmente significativa durante la festa di Pesach.
La mancanza di una leadership regionale alternativa ad Hamas complica ulteriormente la situazione.
Mercoledì i leader dell’Unione Europea hanno deciso di inasprire le sanzioni contro l’Iran dopo che l’attacco missilistico e di droni di Teheran contro Israele ha costretto le potenze mondiali a lottare per prevenire un conflitto più ampio in Medio Oriente.
In questi giorni i ministri degli Esteri delle potenze economiche del G7 si incontrano sull’isola di Capri. Le tensioni in Medio Oriente e gli aiuti all’Ucraina nel contesto dell’invasione russa saranno gli argomenti principali.
I leader dell’UE hanno condannato l’attacco iraniano, riaffermato il loro impegno per la sicurezza di Israele ed invitato tutte le parti a prevenire ulteriori tensioni, anche in Libano.