Champions League: più giocatori israeliani che inglesi

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di Davide Foa

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Una partita fra Chelsea e Maccabi Tel Aviv

Trentadue squadre provenienti da tutta Europa e divise in otto gironi iniziali, si contendono ogni anno il trofeo per squadre di club più prestigioso: la UEFA Champions League.

Quest’anno, nel girone G, accanto a Chelsea, Porto e Dinamo Kiev, compare anche la squadra israeliana del Maccabi Tel Aviv, giunta alle fasi finali della competizione dopo aver superato i preliminari.

Nonostante gli zero punti fin qui del Maccabi, il calcio israeliano può vantare una particolare quanto significativa superiorità su quello inglese. Infatti, come riporta Ynet, nonostante siano presenti ben quattro squadre britanniche nell’edizione di quest’anno, il numero dei calciatori inglesi è inferiore a quello degli israeliani.

Manchester City, Arsenal, Manchester United e Chelsea mettono insieme appena dodici giocatori inglesi. Il Maccabi, da solo, presenta nella sua rosa ben quattordici giocatori israeliani; a questi vanno aggiunti Bibras Natkho, centrocampista israeliano del CSKA Mosca, e il suo connazionale Kenny Saief, giovane attaccante del Gent, squadra belga.

Si arriva quindi a sedici giocatori israeliani contro appena dodici inglesi.

La patria del calcio, ovvero lì dove il football mosse i primi passi, deve oggi fare i conti con un problema non di poco conto. La questione della mancanza di giocatori “autoctoni”, d’altra parte non riguarda solo il calcio inglese; anche in Italia, da tempo, si discute sulla mancanza di giocatori italiani nelle nostre squadre di club.

Tale situazione non può essere che il frutto di determinate scelte, fatte da chi le squadre le gestisce in termini economici; si è preferito comprare giocatori stranieri, già formati, piuttosto che investire nei settori giovanili.

Molti giovani talenti, in Inghilterra ma anche altrove, trovando scarse possibilità in patria, hanno preferito emigrare, mentre nel loro paese entravano altrettanti giocatori stranieri; oggi possiamo evidentemente notare gli effetti negativi di questa politica calcistica.

Chi invece, come la Spagna, ha preferito investire nei propri settori giovanili può oggi godersi i frutti di tale scelta, sia per quanto riguarda la nazionale che a livello di club; non a caso, il paese iberico è quello con la più alta rappresentanza in Champions, con ben 59 giocatori partecipanti, la maggior parte dei quali militanti nella Liga spagnola.

Almeno per ora, con i suoi sedici giocatori, il calcio israeliano sta dimostrando di voler seguire l’esempio spagnolo. La strada è ancora lunga, ma le basi per il futuro ci sono tutte. Certo che un punticino nel girone, nel frattempo, non farebbe male.