di Nathan Greppi
Chi decide per armi e fondi contro ebrei e israeliani? L’eminenza grigia è Yusuf al-Qaradawi, leader dei Fratelli Musulmani, che ha dichiarato di voler morire “completando il lavoro di Hitler”. Intervista a Lorenzo Vidino, esperto di jihadismo
Quando si parla della guerra tra Israele e Gaza, bisogna sempre tenere a mente che Hamas non è un movimento autonomo, ma è il ramo palestinese dei Fratelli Musulmani: un movimento che in poco meno di un secolo, partendo dall’Egitto, si è diramato in molti Paesi per diffondere una versione radicale dell’Islam che si lega in maniera indissolubile alla politica. Chi ha studiato a fondo questo fenomeno è il politologo Lorenzo Vidino, milanese trapiantato in America dove dirige il Programma sull’Estremismo della George Washington University. Vidino è tra i massimi esperti a livello mondiale di estremismo islamico, compresa la Fratellanza Musulmana alla quale ha dedicato il suo ultimo libro, Islamisti d’Occidente (Bocconi Editore).
Cosa distingue Hamas e la Fratellanza da altri movimenti jihadisti (ISIS, Al Qaeda…)?
Tutti appartengono a una stessa macro-famiglia, quella dell’islamismo. Ma nonostante abbiano un’ideologia e degli scopi simili, scelgono delle tattiche diverse: storicamente, gruppi come Al Qaeda e lo Stato Islamico nascono da una frattura in seno ai Fratelli Musulmani, nati nel 1928 al fine di islamizzare la società e di creare un regime islamico. Questi ultimi lo fanno attraverso due tattiche: da un lato l’islamizzazione della società attraverso strumenti pacifici, quali l’educazione e le elezioni, e dall’altro l’uso della violenza, scegliendo un metodo piuttosto che l’altro a seconda delle circostanze.
Il movimento jihadista invece nasce negli anni ’70, come una branca dei Fratelli Musulmani, che vede nella violenza l’unico strumento per ottenere risultati, mentre i metodi pacifici secondo loro richiederebbero troppo tempo.
A volte ci sono momenti di sinergia, e altri di forte rivalità.
Negli ultimi anni, a Gaza, Hamas ha investito molto nei missili e nella costruzione di tunnel. Chi sono i loro finanziatori?
Come ho spiegato in un recente articolo su La Repubblica, sono soprattutto tre paesi: Qatar, Turchia e Iran. Ma Hamas riesce a raccogliere fondi anche con altre modalità: alcune arrivano da ONG legate alla Fratellanza, che si spacciano per onlus caritatevoli, o da governi occidentali, che danno soldi che dovrebbero essere investiti nell’educazione e che invece Hamas investe nelle armi. Ma anche quando le investono in attività educative sono comunque propedeutiche agli scopi di Hamas, che per governare deve fornire una serie di servizi alla popolazione locale.
Anche se Hamas è sunnita, sono appoggiati dall’Iran che è sciita. Perché?
L’Iran sostiene loro e altri gruppi palestinesi come la Jihad Islamica perché l’odio per l’America e Israele trascende le divergenze tra sciiti e sunniti. A volte hanno delle tensioni tra di loro, tanto che all’inizio della Guerra in Siria Hamas non ha appoggiato il presidente siriano Bashar al-Assad, al contrario dell’Iran. Ma queste tensioni spariscono quando devono combattere Israele, il loro nemico principale.
La Fratellanza musulmana è molto attiva anche in Europa.
Esatto. In generale dall’Occidente arrivano molti fondi a Hamas, anche se non sempre è facile provarli. Ci sono state delle indagini in vari Paesi, compresa l’Italia, sulle reti che portano loro i soldi, ma non sempre è facile, perché molte si nascondono dietro donazioni umanitarie.
La sua presenza in Europa può essere un rischio per le comunità ebraiche?
Sì, perché prende una posizione molto decisa ed estremista sul conflitto israelo-palestinese, e chiaramente spinge le comunità islamiche su posizioni che non sono solo antisraeliane, ma anche antisemite. Faccio un esempio: Yusuf al-Qaradawi, il leader spirituale della Fratellanza Musulmana a livello globale, ha ripetutamente lodato gli attentatori suicidi, sottolineando come quello tra Hamas e Israele è un conflitto religioso più che politico. Quindi sono contro gli israeliani in quanto ebrei. È celebre il suo discorso in cui dichiarava di voler morire “finendo il lavoro non completato da Hitler”. E questo è il leader indiscusso della Fratellanza, citato come punto di riferimento religioso da tutti i suoi affiliati, anche in Italia.