una foto di un'ebrea cinese

Chanukkà proibito in Cina. Gli ebrei cinesi lo festeggiano in segreto

Mondo

di Paolo Castellano

Mentre in altre parti del mondo gli ebrei stanno celebrando con gioia Chanukkà, in Cina i membri della comunità sono costretti a pregare e a festeggiare di nascosto per sfuggire ai divieti dell’autorità di Pechino. In base alle leggi cinesi, non è consentito professare l’ebraismo anche se gli ebrei hanno legami storici con la super-potenza asiatica.

Come riporta il Jerusalem Post, in questo periodo la Repubblica Popolare Cinese sta accrescendo i propri sforzi nel reprimere le influenze straniere e le religioni non approvate.

In Cina, con 1,4 miliardi di cittadini, è presente una minuscola comunità ebraica che si attesta intorno alle mille presenze; secondo gli esperti, solo 100 stanno praticando coraggiosamente il loro credo, tuttavia da più di un secolo manca un rabbino a rappresentarli.

La prima comunità ebraica cinese si stabilì nella città di Kaifeng più di mille anni fa. Il numero massimo di ebrei in Cina è arrivato a 5 mila nel XVI secolo. Nonostante le guerre, i disastri ambientali, le conversioni, la comunità ha trasmesso alle nuove generazioni la preziosa identità ebraica.

Nei prossimi mesi, le autorità cinesi potrebbero imporre più severamente la repressione dell’ebraismo che, lo ripetiamo, attualmente è una religione fuorilegge in Cina, nonostante la sua lunga storia all’interno del paese. Il Partito Comunista Cinese non ammette una totale libertà di religione ma riconosce solo alcune fedi: il Cristianesimo protestante e cattolico, il Buddismo, il Taoismo, il Confucianesimo e l’Islam.

Amir, un fedele ebreo che vive in Cina e che ha deciso di mantenere l’anonimato per non subire ritorsioni, ha rivelato al Telegraph di essere molto preoccupato per il futuro della sua comunità. «Ogni volta che festeggiamo, abbiamo paura», ha dichiarato Amir, aggiungendo che la comunità ebraica si stia sforzando a rispettare la tradizione nel segreto.

Come riporta l’inchiesta del Telegraph, il Partito Comunista Cinese ha cancellato anche gli elementi fisici della presenza dell’ebraismo in Cina. Ha inoltre rimosso mostre museali sulla storia della comunità e imposto divieti per qualsiasi traccia tangibile degli ebrei cinesi, compresa la rimozione dei resti di una sinagoga del XII secolo e di pietre con caratteristiche incisioni. Alcune di queste pietre risalgono al XV secolo.

Per di più, sono stati rimossi i pochi caratteri e simboli ebraici che un tempo si potevano notare per le strade di Kaifeng. Mentre il luogo dove in passato un gruppetto di ebrei pregavano è stato occupato dalla propaganda cinese con una telecamera e avvisi che ricordano ai cittadini che l’ebraismo è una religione illegale e non riconosciuta.

Dunque, gli ebrei cinesi sono così tanto terrorizzati da Pechino da aver rinunciato anche a incontrarsi in pubblico. L’ebraismo è più sicuro se professato in segreto e la vera sfida è quella di trovare i soldi per acquistare vino e cibo kasher. Le stesse difficoltà riguardano i testi sacri, i fedeli sono costretti a utilizzare bibbie cristiane, ignorando semplicemente le parti riguardanti il Nuovo Testamento.

Anson Laytner, rabbino in pensione e presidente dell’Istituto sino-giudaico, ritiene che la politica del Partito Comunista Cinese non sia un atteggiamento antisemita. La Cina non ha mai esternato antisemitismo, anzi, ha espresso apprezzamento per tutti quegli ebrei che hanno raggiunto il successo, considerandoli un esempio da imitare. Inoltre, il paese asiatico ha accolto diversi rifugiati ebrei durante la Shoah.

Laytner ha poi spiegato che gli atteggiamenti cinesi riguardo all’ebraismo non causeranno tensioni nelle relazioni con Israele. Secondo il rabbino, lo Stato ebraico non vuole mettere a rischio i rapporti diplomatici con la Cina per una piccola comunità di ebrei che accoglie anche membri che provengono da matrimoni misti.

(Foto: New York Times)