di Ilan Cohn, Direttore HIAS Europa
I nonni di Igor Chubaryov fuggirono dai pogrom. I suoi genitori insieme ad altri ebrei lasciarono l’Ucraina dopo l’attacco dei nazisti. Mentre quando Igor aveva 24 anni, fuggì dalla persecuzione russa e si reinsediò a New York. Oggi Chubaryov aiuta altri rifugiati nel ruolo di Program manager per HIAS (Hebrew Immigrant Aid Society – HIAS) a New York.
I nonni di Sabrina Lustgarten scapparono dalla persecuzione nazista in Polonia e trovarono rifugio in America Latina. Oggi, Lustgarten è direttrice delle operazioni di HIAS in Ecuador e assiste centinaia di migliaia di colombiani e venezuelani che fuggono dai loro paesi d’origine.
Chubaryov e Lustgarten sono motivati ad aiutare gli altri per la loro identità ebraica e le storie delle loro famiglie. Lo stesso vale per tanti altri loro colleghi di HIAS, l’ONG ebraica globale che aiuta i rifugiati, i richiedenti asilo e altre persone vulnerabili. La nostra organizzazione è stata fondata nel 1881 per assistere gli ebrei che fuggivano dai pogrom in Russia e nell’Est Europa. Oggi continuiamo ad aiutare gli ebrei in pericolo – i miei colleghi in Venezuela forniscono aiuto umanitario alle comunità ebraiche che si trovano nell’imminente rischio di sfollamento. Tuttavia, al giorno d’oggi sono pochi gli ebrei rifugiati. HIAS gestisce 80 uffici sul campo con più di 1.000 impiegati dal Ciad alla Colombia all’Ucraina che aiutano rifugiati non-ebrei.
Il 19 agosto, le Nazioni Unite celebrano il lavoro degli operatori umanitari con il World Humanitarian Day. Quest’anno il Covid-19 ha reso il loro lavoro particolarmente difficile. Nel mezzo di quarantene obbligatorie e restrizioni per la sanità pubblica, gli operatori umanitari rischiano la loro vita per aiutare chi fugge dai conflitti, dalla violenza, dalle violazioni di diritti umani e dalle persecuzioni.
Nella maggior parte dei paesi europei, le organizzazioni cristiane come Caritas e World Vision sono impegnate in prima linea da tanto tempo. La Direzione Generale per gli Aiuti umanitari e la protezione civile della Commissione Europea (ECHO) collabora con 45 organizzazioni non governative cristiane e 5 organizzazioni non governative musulmane, ma non con una sola ebraica. La nostra storia e i nostri valori ebraici ci impongono la responsabilità di unirci a loro.
La necessità di aiutare i rifugiati è più urgente che mai. Alla fine del 2019, quasi 80 milioni di persone nel mondo erano sfollate, il numero più alto nella storia. Contrariamente al pregiudizio comune di una larga parte della popolazione, la grande maggioranza dei rifugiati non viene accolta in Europa o nell’Occidente. Sono i paesi in via di sviluppo, i primi tra loro la Giordania e la Turchia, che ospitano il 95% dei rifugiati mondiali.
Il Covid-19 minaccia di rendere la crisi dei rifugiati una vera e propria catastrofe umanitaria. Già prima della pandemia, numerosi rifugiati guadagnavano a stento abbastanza per mantenere le loro famiglie. Adesso è più difficile trovare lavoro e più del 70% dei beneficiari di HIAS non riesce più a soddisfare il proprio fabbisogno primario di cibo, paragonato al solo 15% del periodo precedente alla pandemia.
L’assistenza di HIAS rappresenta un’ancora di salvezza in tanti paesi. In Ecuador, collaboriamo con i supermercati locali affinché i rifugiati possano acquistare del cibo a credito. In Israele, abbiamo formato una rete di volontari che consegna alimenti, e in Kenya i nostri colleghi continuano a offrire i loro servizi online, incluso il servizio di supporto psicologico individuale.
Stiamo anche combattendo direttamente il Covid-19. Per esempio, nei campi profughi in Ciad abbiamo costruito dei lavabi per lavarsi le mani, distribuito delle mascherine e fornito delle informazioni sulla diffusione del virus.
Tra le nuvole oscure della pandemia, troviamo anche dei momenti di luce che vengono dai molti rifugiati che, essendo riusciti a salvarsi, ora vogliono ricambiare ed aiutare. Per esempio, Bhagawat ha usato le sue abilità imprenditoriali per consegnare delle mascherine e altri equipaggiamenti protettivi ai cittadini di Washington D.C., mentre Zacha cucina dei pasti per i rifugiati in Perù.
Cosa potete fare voi per aiutarli?
Donare. Più di 100 organizzazioni ebraiche e israeliane hanno recentemente lanciato una campagna di 10 giorni per raccogliere fondi ed esprimere solidarietà con i rifugiati. Le donazioni servono ora più che mai, non solo per il bisogno crescente dei rifugiati in questo momento, ma anche perché molti filantropi stanno ridimensionando i loro aiuti economici o li stanno reindirizzando ai loro paesi per i bisogni legati all’emergenza Covid-19.
Informarsi. HIAS ha diffuso molte risorse, spesso legate alle festività ebraiche, che aiuteranno le comunità locali a comprendere meglio i problemi dei rifugiati. Recentemente, HIAS ha tradotto la HIAS Haggadah in francese, ed è pronto a supportare altre iniziative locali in Europa con risorse adeguate.
Sostenere. I governi devono sapere che vogliamo prenderci cura dei rifugiati. La Commissione Europea sta preparando un nuovo Patto su Migrazione e Asilo che prevederà la costruzione di nuovi centri d’accoglienza alle frontiere europee. Questi centri devono essere utilizzati per accelerare le legittime richieste d’asilo, e non semplicemente per accelerare i respingimenti.
La voce della nostra comunità a Bruxelles dovrebbe andare oltre la lotta all’antisemitismo e il sostegno per Israele. Noi dovremmo chiedere, insieme alle altre comunità religiose, che l’Unione Europea si impegni a trovare delle soluzioni per i rifugiati e per i paesi in difficoltà che li ospitano. Il controllo delle frontiere è importante, ma questo approccio da solo non risolverà il problema dei flussi migratori forzati.
Come il mio collega Igor Chubaryov, gli ebrei non devono dimenticare che anche noi siamo stati dei rifugiati fin troppe volte nella storia. “HIAS ha iniziato ad aiutare perché chi aveva bisogno di aiuto erano gli ebrei”, dice Chubaryov. “Adesso HIAS continua ad aiutare perché è ciò che noi ebrei facciamo: aiutiamo.”