di Davide Foa
Se vi trovaste oggi, davanti a voi, il discendente di un ufficiale nazista cosa fareste? Le reazioni potrebbero essere molte; magari all’inizio lo sdegno potrebbe prevalere, ma poi potreste anche sentire la necessità di parlarci, di condividere pensieri e ragionamenti.
Ad ogni modo, qualunque sia il vostro modo di comportarvi ,difficilmente farete la scelta di Eva Mozes Kor. Deportata ad Auschwitz all’età di dieci anni, precisamente nel 1944, Eva venne sottoposta, insieme alla sua sorella gemella, agli esperimenti del “dottore” criminale Josef Mengele, soprannominato l’angelo della morte.
Lo stesso Mengele, dopo averla usata come cavia, le diede non più di due settimane di vita. Ma la forza e la volontà della giovane si mostrarono più forti e determinanti dei calcoli del dottore criminale.
Tutto questo veniva svolto all’interno di una struttura, di un campo, progettato da una mente ben precisa: Rudolf Hoss. Egli si occupò fin dal 1940 della costruzione e della gestione di un lager inizialmente destinato a contenere 10.000 internati, prevalentemente prigionieri polacchi. Da quel momento in poi il campo di concentramento si allargò sempre più, fino a diventare quella macchina della morte di cui tutti, nostro malgrado, abbiamo sentito parlare: Auschwitz. C’è una cosa in particolare che si lega al nome di Hoss, ovvero la scelta di utilizzare il gas Zyklon B per la “soluzione della questione ebraica”.
Il 16 aprile 1947 fu impiccato davanti all’ingresso del crematorio del campo che lui stesso aveva progettato, per decisione della Corte Suprema di Varsavia.
Qualche tempo fa Reiner Hoss, nipote di Rudolph, dichiarò che, se avesse saputo dove suo nonno era sepolto, si sarebbe recato sul posto per espletare i propri bisogni fisiologici.
C’è chi prova a cancellare il passato disonorevole della propria famiglia, magari insabbiandolo oppure tentando di giustificarlo in qualche modo. C’è chi invece, come Reiner, fa del passato familiare un motivo di impegno civile e di condanna quotidiana di fronte al pericolo di oggi, rappresentato dall’ascesa delle estreme destre europee.
Tutto è cominciato quando Reiner, sotto invito della maestra dei suoi figli, ha raccontato la sua storia e quella della sua famiglia davanti a una classe di alunni. Da quel momento non si è più fermato.
Ma torniamo alla signora Eva Kor. Dal 1950 vive nella piccola città americana di Terre Heute e lì, nel 1995, ha aperto un museo sulla Shoah con l’obiettivo di condividere la sua storia con i vicini.
Nonostante la sua terribile esperienza, Eva sceglie da sempre la via del perdono, rifiutando sentimenti di ostilità verso chi l’ha fatta soffrire: “solo perdonando i tuoi nemici peggiori, potrai sentirti veramente libero”.
Pochi anni fa la sopravvissuta è stata contatta da Reiner Hoss: i due si sono incontrati.
A questo punto possiamo tornare alla questione lasciata in sospeso : come si è comportata Eva, quando ha avuto a che fare con Reiner? Semplice, l’ha adottato.
“Sono fiera di esser sua nonna, – ha dichiarato la signora Kor- lo ammiro e lo amo. Aveva bisogno d’amore da una famiglia che non ha mai avuto”. Stando a quanto riporta un articolo su “The Times of Israel”, Eva avrebbe anche cercato di convincere il nuovo nipote a perdonare suo nonno Rudolf.
Chissà se Reiner accetterà.