Distruzione a Gaza, ma nessuno protesta: è l’Egitto a farla

Mondo

di Paolo Salom

APTOPIX Mideast Palestinians EgyptL’Egitto ha avviato una lunga operazione anti-jihadisti nel Sinai, in particolare nell’area confinante con la Striscia di Gaza. Vediamo di scendere nei particolari: 800 case adiacenti alla frontiera sono in corso di distruzione insieme ai molti tunnel che hanno sbocco dentro le mura. Una volta completata la prima fase, l’idea del Cairo è di scavare un lungo fossato che poi sarà riempito di acqua (con grande probabilità marina) per impedire lo scavo di nuovi cunicoli in arrivo da Gaza. Le immagini da Rafah sembrano quelle di una guerra in corso: enormi esplosioni, fumo, distruzione, migliaia di famiglie senza tetto. Vi ricorda qualcosa? La determinazione del generale egiziano Al Sissi, ora nelle sue vesti di presidente, è almeno pari alla cecità del mondo.
Nessuno, né all’Onu, né nel nostro lontano Occidente sembra fare caso a quanto accade nel Sinai, per quanto le “vittime” di queste azioni (attenzione: non sto giudicandone la legittimità) siano beduini e palestinesi, gli stessi difesi a spada tratta e senza esitazioni quando ad agire in modi analoghi (ma certamente meno brutali) è Israele.
Va bene, accolgo la prima contestazione: “Da un Paese democratico come Israele ci si aspetta un comportamento sempre esemplare”. Bene, lo Stato ebraico e i suoi vicini non sono sullo stesso piano morale: questo lo capisco. Quello che, invece, non riesco a comprendere è perché – fatte le dovute tare – è solo e soltanto Israele a finire nel banco degli accusati, anzi, nel girone infernale di uno “Stato paria”, “l’ultimo esempio di apartheid”, “la vera causa dell’instabilità del Medio Oriente” e via discorrendo.
Tanta virulenza sempre unidirezionale in verità ha un motivo evidente: è il risultato di una studiata campagna di delegittimazione dell’unica (per quanto imperfetta) isola di democrazia e stabilità della regione. Uno Stato che fa di tutto per difendere i suoi cittadini. Uno Stato che merita di essere giudicato con equilibrio: ma questo, nel lontano Occidente, ha ancora un significato diverso. Per noi inaccettabile.