di Nathan Greppi
Éric Zemmour divide come nessun’altro. Detestato furiosamente dalla metà dei francesi, adorato da un’altrettanta metà, è una figura che oggi spacca la Francia ai limiti della guerra civile culturale. Una zuffa lievitata nel tempo, che va molto al di là della mera battaglia politica e che coinvolge aspetti ideologici, visioni del mondo, modelli culturali e sociali, nonché i destini ultimi e le magnifiche sorti dell’Occidente contemporaneo. Uno scontro incandescente che, intorno al personaggio di Éric Zemmour, coagula dinamiche di scontro piene di odio, rigetto, violenza, in linea con la tradizione aurea del giacobinismo francese e del radicalismo che, dalla Rivoluzione francese in avanti, ha dettato il “tono” a molti leader politici francesi.
Ex studente di Sciences Po, vissuto nel mito di Charles De Gaulle e dei grands hommes francesi, animato da un anticonformismo estremo e paradossale, Zemmour disgusta e cattura, allo stesso tempo. Condannato in tribunale due volte per incitazione all’odio razziale, provocatore nato, bonapartista, nazionalista, polemista e antifemminista, Zemmour è il giornalista più licenziato e più corteggiato di sempre, dotato di carisma da vendere, considerato più a destra della destra stessa per quel suo modo di spararle sempre più grosse e di alzare il tono furiosamente estremista delle sue provocazioni.
Un seguito il suo talmente incredibile da far parlare di una Genèration Zemmour, giovani galvanizzati da un Zemmour-pensiero che rimette al centro l’identità francese, intercettando così le inquietudini e le paure dei francesi in merito alla presenza islamica radicale all’indomani degli attentati al Bataclan e a Charlie Hebdo.
La France d’abord
Normalmente il fatto che un ebreo corra per le elezioni presidenziali francesi 2022 e per di più sia dato al 16% dei voti al primo turno (dati Ipsos del 22 ottobre), il che gli consentirebbe di andare al ballottaggio contro il presidente Macron, dovrebbe essere una notizia da accogliere con gioia da parte delle comunità ebraiche. Tuttavia, questo non è il caso di Éric Zemmour, il giornalista e scrittore che in Francia gode di un grande seguito, e che negli anni ha rilasciato dichiarazioni molto controverse che lo fanno apparire come un personaggio divisivo. Al punto che, paradossalmente, gli stessi ebrei francesi sembrano preoccupati all’idea che possa diventare Presidente.
Zemmour, 63 anni, è nato nella città di Montreuil da genitori ebrei algerini. Negli anni ha avuto una proficua carriera come giornalista, durante la quale ha scritto sin dal 1996 per il quotidiano Le Figaro ed è stato ospite frequente di numerosi talk show televisivi e programmi radiofonici, e in particolare di Cnews, emittente di proprietà del miliardario Vincent Bolloré. Parallelamente, ha riscosso un notevole successo come scrittore a partire dal suo saggio del 2006 L’uomo maschio, nel quale denuncia la femminilizzazione della società occidentale, e ancor più con il saggio del 2014, Il suicidio francese (tradotto in italiano dalla Enrico Damiani Editore, che nel 2017 ha pubblicato anche il suo Un quinquennio per nulla), dove attacca duramente gli effetti del multiculturalismo e dell’immigrazione islamica in Francia, e che ha venduto oltre 500.000 copie.
Analogamente a quanto successo nel corso degli anni ad altri intellettuali francesi, quali Michel Houellebecq e Alain Finkielkraut, le prese di posizione di Zemmour, in particolare sull’Islam, gli hanno procurato sia sostenitori sia oppositori, anche perché il tema delle banlieue e del terrorismo islamico è molto sentito in Francia, specialmente dopo gli attentati avvenuti nel 2015. E in seguito alla strage di Charlie Hebdo, il giornalista ha dovuto girare sotto scorta anche a causa di minacce di morte che ha più volte ricevuto da parte di integralisti islamici.
La candidatura alle elezioni
Il suo impegno diretto in politica è avvenuto in maniera graduale: il 28 settembre 2019 aveva partecipato ad un raduno organizzato a Parigi da Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen dalla quale si è distanziata per divergenze di vedute, per promuovere un progetto noto come Union des droites (“Unione delle destre”), che mirava a coalizzare i sovranisti del Rassemblement National con la destra moderata dei gollisti. Le prime indiscrezioni su una sua possibile candidatura alle presidenziali francesi, il cui primo turno è previsto per il 10 aprile 2022 (il secondo invece si terrà il 24 aprile), hanno iniziato a filtrare in estate, specialmente dopo che il suo editore, Albin Michel, aveva annullato l’accordo per dare alle stampe il suo ultimo libro, proprio perché non voleva essere associato ad un candidato all’Eliseo.
All’inizio è nata un’associazione chiamata Gli Amici di Eric Zemmour, che si proponeva ufficialmente di aiutarlo a preparare la sua campagna elettorale e a creare un partito tutto suo; ciò ha destato preoccupazioni soprattutto a destra poiché, appena si è ventilata una sua possibile candidatura, Marine Le Pen ha iniziato a perdere consensi. Alla fine, è stato annunciato a ottobre che intendeva fondare un partito chiamato “Vox Populi”. Ed è del 30 novembre la notizia della sua candidatura.
Le polemiche con il mondo ebraico
Sebbene per un certo periodo le sue posizioni apparissero non dissimili da quelle espresse da altri intellettuali e politici sia di destra sia di sinistra (lo stesso Macron, stando ad un articolo apparso su Il Foglio a settembre, nel corso di una telefonata con Zemmour, gli avrebbe dato ragione in merito alle questioni legate all’immigrazione islamica), in tempi recenti si è fatto notare per dichiarazioni e atteggiamenti che hanno destato scalpore: nel 2019 ha sostenuto che il maresciallo Philippe Pétain, capo del regime collaborazionista di Vichy durante la guerra, avrebbe cercato di salvare gli ebrei francesi dalle deportazioni, quando in realtà fu complice dei nazisti anche nel mettere in atto la Shoah. Come se non bastasse, ha ripreso alcuni vecchi luoghi comuni dell’estrema destra francese mettendo in dubbio l’innocenza del capitano Alfred Dreyfus, accusato ingiustamente di tradimento.
Queste sue prese di posizione hanno fatto in modo che venisse sostenuto non solo da Marion Maréchal, ma anche da Jean-Marie Le Pen, fondatore del Front National espulso dalla figlia Marine nel 2015 per le sue esternazioni antisemite e negazioniste. Proprio a proposito di Zemmour, Le Pen padre ha dichiarato al quotidiano Le Monde: «L’unica differenza fra Eric e me è che lui è ebreo. È difficile definirlo nazista o fascista. E questo gli dà una maggiore libertà».
Non sono mancate reazioni ufficiali da parte del mondo ebraico francese: Yonathan Arfi, vicepresidente del CRIF (l’organizzazione che raggruppa le comunità ebraiche francesi, analogamente all’UCEI in Italia), in un comunicato uscito il 20 settembre ha dichiarato: «Gli ebrei sono doppiamente vittime del discorso di Éric Zemmour: una volta vittime di ciò che dice, un’altra del luogo da cui parla. Una volta, politicamente, un’altra, simbolicamente. Politicamente, quello che offre sono i vecchi classici dell’estrema destra. […] Non sto cercando di analizzare la relazione di Éric Zemmour con la sua identità ebraica. Questo rapporto intimo gli appartiene e rivendico per ciascuno, e quindi anche per lui, il diritto di sottrarsi a qualsiasi attribuzione di identità. Quel che è certo, però, è che le sue parole non troverebbero tale eco se non fossero formulate da una personalità percepita come ebrea. […] Come ebrei non siamo ovviamente responsabili di ciò che dice Éric Zemmour. Ma abbiamo la responsabilità di intralciarlo».
Nonostante la sua popolarità sembri crescere costantemente, c’è chi mette in dubbio che possa avere successo: il filosofo Alain De Benoist, fondatore degli anni Settanta del movimento noto come Nouvelle Droite (“Nuova destra”), in un’intervista all’agenzia di stampa AGI ha affermato: «Le Pen manterrà il voto delle classi popolari, mentre a Zemmour guarda la piccola borghesia attratta dalle sue posizioni, più radicali sui temi dell’identità culturale francese e dell’immigrazione, mentre sotto il profilo economico esprime idee molto più liberali di Marine Le Pen. Non credo che potrà sfondare tra le classi popolari».
Parole di Éric Zemmour: un’intervista senza freni a i24News
“Il rabbino capo di Francia vuole portare il mio scalpo a Macron. È solo un ebreo di corte”. È solo una delle dichiarazioni shock rilasciate dal saggista Eric Zemmour, candidato alle presidenziali francesi al centro di molte polemiche, durante un’intervista a i24NEWS. A intervistarlo al fianco di Benjamin Petrover, lo scrittore Michel Taubmann, la saggista Barbara Lefèbvre e il filosofo Alain Finkielkraut.
Nessuno Stato palestinese
Interrogato prima sulla sua posizione riguardo al conflitto israelo-palestinese e alla soluzione dei due Stati, Eric Zemmour ha detto che si trattava di una visione obsoleta e che non ci sarà mai uno Stato palestinese, secondo lui a causa del cambiamento nell’equilibrio di potere in Medio Oriente. «Penso che la soluzione dei due Stati sia una logorrea obsoleta -, ha detto-. I palestinesi hanno perso la battaglia, non avranno mai uno Stato». Su questo punto ha fortemente criticato la politica estera della Francia nei confronti di Israele e dei palestinesi che, a suo dire, non è cambiata dagli anni ‘70, a dispetto delle nuove realtà geopolitiche del Medio Oriente. Quando gli è stato chiesto se fosse un sionista, ha risposto che tutto dipendeva da come era stata definita la parola. «Se il sionismo è la volontà di ogni ebreo di vivere in Israele e di unirsi al popolo ebraico, allora no, non sono sionista perché sono “aggregato” al popolo francese -, ha risposto, riprendendo un’espressione di Napoleone mentre si rivolgeva al Sinedrio nel 1807 -. Ma se essere sionisti significa difendere Israele e il suo diritto ad esistere, allora non è la stessa cosa. Non sono un antisionista», ha aggiunto.
E la questione iraniana?
Michel Taubmann ha chiesto a Zemmour se fosse favorevole all’acquisizione di armi nucleari da parte della Repubblica islamica. «Sono contrario alla diffusione del nucleare, tanto più che l’acquisizione da parte dell’Iran darebbe luogo a una corsa agli armamenti nella regione», ha affermato, osservando tuttavia che la ricerca nucleare di Teheran non risale agli islamisti e che anche lo Shah voleva la bomba per il suo Paese. Per quanto riguarda la giustificazione dei timori di Israele sul programma nucleare iraniano, Zemmour ha affermato che non deve preoccuparsi: «L’arsenale nucleare a sua disposizione dissuaderebbe qualsiasi nemico».
La ‘grande sostituzione’ in Libano
Il polemista ha poi evocato la ‘grande sostituzione’, uno dei suoi temi preferiti, facendo un’analogia tra il possibile destino della Francia e quello del Libano. «Il Libano ha conosciuto la sorte che temo per la Francia: un massiccio afflusso di popolazioni musulmane che ha sbilanciato la demografia mentre il Paese era prevalentemente cristiano; poi la guerra civile e la divisione del Paese in comunità etniche e religiose.
Poi c’è la corruzione, la distruzione dello Stato e infine la miseria – ha descritto, prima di dichiarare -: questo è esattamente ciò che accadrà in Francia se non fermiamo “la grande sostituzione”. Non voglio che la Francia diventi un grande Libano».
La polemica sui piccoli Sandler
Sollecitato poi a spiegare i commenti fatti sui bambini Sandler, assassinati nel 2012 alla scuola ebraica di Tolosa Ozar HaTorah dal terrorista franco-algerino Mohammed Merah, che hanno profondamente scioccato la comunità ebraica, Eric Zemmour inizialmente ha negato di aver voluto “denunciare, condannare e ancor meno insultare i Sandler”. «Quello che è successo è tragico e capisco il dolore di questa famiglia», ha detto, mentre spiegava che «non ci si doveva fare dominare dalle emozioni, e che c’era un tempo per riflettere e razionalizzare». Il saggista aveva infatti suscitato polemiche dopo aver affermato nel suo ultimo libro che i bambini Sandler e il loro padre, proprio come il terrorista che li uccise, non erano propriamente francesi in quanto “erano stati sepolti all’estero”. Affermando di non aver messo “il terrorista e le vittime nella stessa borsa (sullo stesso livello, ndr)” e che accusarlo di ciò significava fargli “uno spregevole processo doloso”, Eric Zemmour ha spiegato che le sue osservazioni avevano lo scopo “di interrogarsi su cosa rappresentasse in termini di defrancesizzazione il fatto di seppellire i parenti fuori dalla Francia”. Un problema evidenziato anche, secondo lui, dalla scelta dei nomi stranieri per i bambini francesi, compresi i nomi ebraici comuni nella comunità.
Cosa pensa Eric Zemmour delle reazioni dei leader della comunità nei suoi confronti?
«Gli antifa mi trattano come un sionista e quando sono a Drancy sono trattato come uno sporco ebreo. Il rabbino capo di Francia dice che non sono ebreo e che sono un antisemita. È grottesco -, ha risposto -. Avevo rispetto per il rabbino capo di Francia ma mi sono informato e ho saputo che voleva portare il mio scalpo a Macron. È solo un ebreo di corte».