di Redazione
In un contesto in cui ognuno ha le proprie fonti e tende a diffondere la propria interpretazione dei fatti, la verità spesso diventa relativa. Questo è evidente anche nelle istituzioni internazionali, come l’ONU, che recentemente ha dimezzato il numero delle vittime a Gaza citando dati non verificati e preoccupazioni sulla trasparenza.
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Nel frattempo, è intervenuto il Famine Review Committee (FRC), un gruppo composto da cinque esperti di sicurezza alimentare e nutrizione, che l’8 giugno scorso ha dichiarato «non plausibile» la conclusione che il nord di Gaza sia in uno stato di carestia. Il FRC è un organismo di grande autorevolezza che effettua revisioni per conto dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC), una delle principali iniziative di monitoraggio della carestia globale, coinvolgendo governi, organizzazioni internazionali e ONG.
In precedenza, a metà marzo, lo stesso comitato aveva previsto che una carestia sarebbe stata imminente nel nord di Gaza entro la fine di maggio. Questo allarme ha spinto le Nazioni Unite, i media e diverse organizzazioni umanitarie a dichiarare che migliaia di persone sarebbero morte di fame senza un cessate il fuoco immediato.
«Nonostante i numerosi avvertimenti di marzo e aprile su una carestia imminente nel nord di Gaza, la notizia che questa fosse stata evitata ha ricevuto poca attenzione dai media che avevano lanciato l’allarme. Non è stato riconosciuto il ruolo degli sforzi israeliani per accelerare la fornitura di aiuti, sforzi che hanno prevenuto un disastro considerato inevitabile», ha dichiarato David Adesnik, membro senior della Foundation for Defense of Democracies (FDD) e direttore della ricerca.
«L’affermazione infondata di una carestia a Gaza non è un semplice caso di eccessiva cautela. Questa accusa è centrale negli sforzi per punire Israele per il conflitto con Hamas, il gruppo terroristico supportato dall’Iran responsabile del massacro del 7 ottobre», ha aggiunto David May, responsabile della ricerca FDD e analista di ricerca senior.
La FRC ha rigettato le accuse di carestia nel nord di Gaza, affermando che queste ignoravano o sottovalutavano l’importanza delle fonti commerciali di cibo e di alcuni tipi di aiuti umanitari. Il comitato ha concluso che l’afflusso di aiuti e la disponibilità di cibo sono aumentati significativamente nei mesi di marzo e aprile, garantendo quasi il 100% del fabbisogno calorico giornaliero per una popolazione stimata di 300.000 persone ad aprile, anche con calcoli prudenti.
Dal 2004, l’IPC ha dichiarato lo stato di carestia solo due volte: in Somalia nel 2011 e in Sud Sudan nel 2017. Queste dichiarazioni si riferivano a popolazioni specifiche all’interno di questi Paesi. L’IPC classifica ‘’insicurezza alimentare in cinque fasi, con le ultime tre che vanno da «crisi» a «emergenza» e poi a «catastrofe/carestia». Una carestia è dichiarata quando sono superati tre parametri: una famiglia su cinque affronta una grave carenza di cibo, il 30% dei bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione acuta, e la fame causa la morte di un bambino ogni giorno su 500 persone o un bambino su 250 sotto i cinque anni.
L’analisi del FRC è stata condotta in risposta a una richiesta della Famine Early Warning Systems Network (FEWS NET), un’iniziativa dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) avviata nel 1985. Sebbene FEWS NET abbia riconosciuto che la disponibilità di cibo nel nord di Gaza è aumentata notevolmente in marzo e aprile, ha stimato che questo coprisse solo il 59-63% del fabbisogno calorico della popolazione. Al contrario, il FRC ha stimato che il cibo disponibile coprisse il 109-153% del fabbisogno calorico giornaliero nello stesso periodo.
Questa vicenda solleva importanti questioni sulla manipolazione delle informazioni nel contesto dei conflitti. È essenziale che i dati siano accurati e verificati per evitare la disinformazione, che può avere gravi conseguenze politiche e umanitarie. La comunità internazionale deve continuare a monitorare la situazione a Gaza, garantendo che gli aiuti arrivino a chi ne ha bisogno e che le dichiarazioni siano basate su prove concrete. La trasparenza e l’accuratezza delle informazioni sono cruciali per mantenere la fiducia nelle istituzioni internazionali e nelle organizzazioni umanitarie.