di Roberto Zadik
Sempre più ebrei vogliono emigrare in Israele, nonostante la guerra
Sono passati nove anni da quel tragico gennaio 2015 quando gli attacchi al giornale satirico Charlie Hebdo e al supermercato ebraico Hyper Cacher iniziarono una spirale di odio antiebraico devastante a Parigi e la situazione sembra essere assai drammatica in tutto il Paese e non solo nella capitale.
Stando ai dati riportati dal Times of Israel nell’articolo uscito sabato 6 gennaio e firmato da Romain Chauvet, nei tre mesi dall’inizio della guerra in Israele, la situazione ebraica francese sembra davvero più cupa che mai. Crescono le domande per trasferirsi in Israele, secondo le stime del Ministero dell’Integrazione dello Stato ebraico e nonostante la guerra, sempre più ebrei d’oltralpe vivono nel terrore, visto che solo fra ottobre e novembre, in svariate città francesi, da Parigi a Marsiglia si sono susseguiti migliaia di attacchi antisemiti.
Una quadro a dir poco inquietante riguardo al quale l’articolo di Chauvet specifica che nel Paese si sono verificati “oltre millecinquecento atti in poco più di un mese, il triplo delle aggressioni, circa quattrocentotrenta, avvenute in tutto il 2022”. Riguardo alla crescita esponenziale di domande di aliyah nello Stato ebraico, il Times of Israel cita le stime fornite da Freddo Pachter, coordinatore da diciassette anni dell’immigrazione francofona in Israele. Egli afferma sbalordito di “non aver mai visto una così elevata richiesta di immigrazione nemmeno in momenti assai duri, non solo la già citata strage all’Hyper Cacher ma anche l’attacco dell’assassino jihadista Mohamed Merah alla scuola ebraica di Tolosa o dopo lo scoppio della guerra del Libano nel 2006”.
Stando a quanto afferma Pachter, che attualmente dirige il programma Lech Lechà (dal titolo del celebre passo biblico) per conto dell’organizzazione Israel Forever che fornisce assistenza agli immigrati ebrei francofoni, “alcune persone mi hanno detto che sono scappate dalla Francia per timore di essere ebrei e hanno levato dalle porte delle case le mezuzot”. Successivamente ha aggiunto “È impensabile vivere nascondendo qualsiasi segno di appartenenza all’ebraismo, in un Paese in cui nessuno si vergogna di essere cristiano o musulmano”.
L’articolo attesta anche la reattività degli ebrei francesi a questa difficile situazione, con una serie di manifestazioni lo scorso mese di dicembre organizzate per informare e aiutare coloro che intendevano emigrare in Israele. “Normalmente i presidi sono formati da disoccupati e persone in crisi professionale, ma stavolta era diverso” ha puntualizzato Pachter “con una serie di dottori, avvocati e ingegneri che hanno partecipato ai presidi, persone che non hanno problemi economici ma si sentono a disagio per l’antisemitismo”. Il giornalista del Times of Israel ha interpellato un gran numero di ebrei francesi che hanno confermato la propria paura di indossare la kippah o mostrando qualunque altro segno di appartenenza all’ebraismo. Una delle persone interpellate, una donna che ha chiesto di restare anonima e sta seriamente pensando di lasciare a breve il Paese, ha detto “Non riesco più a immaginare una vita sicura in Francia con tutto quello che sta accadendo. Ho paura per me e per i miei figli“.
In tema di ebrei francesi e di prestigiose istituzioni di rappresentanza, il Crif (Consiglio Rappresentativo delle istituzioni ebraiche) ha confermato il crescente livello di preoccupazione fra gli ebrei francesi e il legame fra l’aggravamento della situazione israeliana e l’aumento degli atti di antisemitismo. Nonostante abbia cercato di rasserenare gli animi affermando che “stiamo mettendo in atto misure per contrastare questo clima di tensione” il presidente del Crif, Yonathan Arfi, crede “che ora l’antisemitismo sia un problema più profondo di un tempo nell’odierna società francese”. Egli ha poi specificato che “non si tratta più di un problema politico bensì di un’emergenza sociale e riusciremo a combattere l’odio solo se la società lo condannerà”. Nel suo intervento si è definito allarmato che in solo un mese dall’inizio di ottobre alla metà di novembre, oltre millecinquecento gesti di ostilità antiebraica abbiano colpito gli ebrei francesi. “Non solo insulti ma anche aggressioni fisiche come assalti e percosse” come ha detto il Ministro degli Interni francese Gerald Darmarin.
Secondo il sociologo Michel Wieviorkail problema si sta aggravando con l’allontanarsi della Shoah e il fatto che “le giovani generazioni francesi non abbiano conosciuto testimoni e sopravvissuti”. Riassumendo un suo recente studio sociologico su questo fenomeno egli ha ricordato che “non si tratta più di un odio che provenga dall’estrema destra ma esso proviene anche dall’estrema sinistra”. Stando a quanto afferma lo studioso “gli incidenti e i discorsi di odio stanno aumentando rapidamente nel Paese e c’è il rischio che si arrivi ai vertici del Paese, fino alla politica e al governo. Per ora non siamo ancora a quel livello, ma bisogna stare attenti.”