Francia, la terra dei lumi spenti

Mondo

di Fiona Diwan

Per la prima volta, in quasi sessant’anni di storia, sono stati uccisi in Francia dei bambini ebrei. A Tolosa, il 19 marzo scorso: si chiamavano Arieh, 5 anni, Gabriel, 4 anni, Myriam, 8 anni e un adulto, Jonathan Sandler, 30 anni, un giovane rav francese, tornato per qualche anno in Francia dopo l’aliyà. Già nel 2009 Tolosa era piombata nella paura quando un auto in fiamme, piena di bottiglie molotov, fu lanciata a tutta velocità contro il cancello di una sinagoga: non ci furono vittime, malgrado il minian all’interno. Prima ancora c’era stato il caso del Lyceè Voltaire e dello studente picchiato perché ebreo; e poi, nel 1980, l’attacco alla sinagoga di Rue Copernic, nel 1982, al ristorante della Rue des Rosiers; nel 1996 contro il giornale la Tribune Juive; e infine la storia più tremenda, quella di Ilan Halimi.

Come stupirsi quindi se di fronte a questi accadimenti, in un clima in cui l’estrema destra rifiorisce titillata dai lepeniani, in cui la sinistra radicale è sempre più antimondialista, come stupirsi se la Francia più che la patria dei diritti civili, finisca per apparirci come la terra dei Lumi spenti? Ubriaca di multiculturalismo, di ipocrisia da eccesso di “politicamente corretto”, la Francia trionfante di egalitè-fraternitè sembra cieca di fronte al proprio linguaggio politico malato, indifferente di fronte a parole da curare, come quelle apparse ovunque un anno fa, sui muri di Tolosa, scritte come “Israele nazista”, “sionisti nazisti”. Perché a forza di demonizzare Israele ecco che si finisce con le stragi, visto che uccidere un “diavolo” o i figli dei “mostri”, non è come uccidere un essere umano. Non è un caso che oggi la Francia, con i suoi quasi 700 mila ebrei, sia al primo posto tra i Paesi giudicati antisemiti, uno Stato in cui un ebreo su quattro dichiara di voler lasciare il Paese dei Lumi per andare a vivere in Israele. Siamo in quella stessa Francia che si inventò l’antisemitismo moderno con l’Affaire Dreyfuss; che con la Rafle du Velodrome d’hiver stabilì una connivenza con l’occupante nazista come non era accaduto in nessun altro Paese occupato; che con il rapimento di Ilan Halimi e la sua barbara uccisione, minimizzò a tal punto da non essere in grado nemmeno di riconoscere che si trattasse di razzismo ma che inseguì fino all’ultimo la falsa pista della delinquenza comune. Se persino la Responsabile Esteri dell’Unione Europea, Catherine Ashton, all’indomani della strage, dice che i bambini di Tolosa sono “gli stessi dei bambini morti a Gaza”, facendo di tutta un’erba un fascio, beh allora c’è da chiedersi in quale rigagnolo dimenticato sia stato gettato il senso della storia. Perché se la strage di Tolosa ha a che vedere con Israele, certamente ha tutto a che fare con la questione ebraica.

“In Francia il linguaggio politico è dominato da una profonda ipocrisia, conflitti e divisioni sono rimossi, in nome di grandi idealità universalistiche e dal credo multiculturalista. Ma la Francia non è un Paese antisemita: è solo nell’ultimo decennio che ha visto montare l’ostilità verso gli ebrei e la politica non ha saputo condannare e riconoscere in tempo il fenomeno”, ha detto quel grande storico dell’antisemitismo che è Georges Bensoussan durante una serata in Comunità, a Milano.“Da duemila anni gli ebrei sono visti come colpevoli di tutti i mali e questo accade ancora. La Shoah non ha disattivato quel meccanismo. Ricordo un’emblematica storiella, davvero sconfortante: due amici si ritrovano in un bar e parlano di crisi economica, disoccupazione… È tutta colpa degli ebrei e dei ciclisti, dice uno. L’altro risponde: e perché mai i ciclisti?”, racconta lo scrittore Marek Halter, in un articolo apparso su La Repubblica. A noi oggi, dopo quei tre bambini assassinati in una scuola del Midì francese, a noi fa specie pensare che in questa Europa che porta le scolaresche in visita a Auschwitz perché imparino e vedano l’orrore, in questa Europa così attenta e politicamente accorta, possa accadere ancora di morire perché si è ebrei. Vittime di un demone oscuro che è secrezione della crisi non meno dell’ossessione per gli spread e i bilanci, ma che incide sul corpo vivo, spargendo sangue umano. La carneficina di Tolosa è uno sparo nel sonno del deserto.

È ora di svegliarci.