Gaza, arriva l’accordo con Hamas: cessate il fuoco e liberazione degli ostaggi

Mondo

di Anna Balestrieri


Mercoledì 15 gennaio è stato annunciato un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, accompagnato da uno scambio di prigionieri che potrebbe rappresentare un momento cruciale per la fine delle ostilità a Gaza, in corso da oltre 15 mesi. Secondo le informazioni diffuse, l’intesa prevede una pausa nei combattimenti e la liberazione di decine di ostaggi, in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi detenuti da Israele. Sebbene il cessate il fuoco porti con sé un barlume di speranza dopo mesi di tentativi di raggiungere una tregua, i dettagli dell’accordo sono ancora in fase di finalizzazione, come confermato dall’ufficio del Primo Ministro Benjamin Netanyahu.

I punti dell’accordo

Al centro di questo accordo c’è il destino degli ostaggi. Le operazioni iniziali si concentreranno sulla liberazione di 33 persone, principalmente donne, bambini, anziani e civili feriti, detenuti da Hamas. Rimane incerto se la totalità dei rilasciati sia in vita. A sua volta, Israele rilascerà centinaia di donne e minori palestinesi dalle proprie prigioni. Tuttavia, nonostante l’entusiasmo per questa tregua, restano molte incertezze. Si stima che circa un terzo degli ostaggi ancora prigionieri possa essere già deceduto, un dato che aggrava la tensione e l’urgenza dell’attuazione dell’accordo. Hamas ha intimato alla popolazione di non muoversi all’interno dell’enclave prima di aver ricevuto fonti ufficiali sull’entrata in vigore della tregua. Il buon fine dell’accordo è stato in forse fino all’ultimo a causa di presunte richieste extra di Hamas circa il corridoio Philadelphia.

Le reazioni

Le reazioni non si sono fatte attendere. A Tel Aviv, centinaia di persone si sono radunate per chiedere che il piano venga messo in atto rapidamente. Molti hanno espresso speranza agitando le foto dei propri cari rapiti, mentre altri, pur sperando nel successo dell’accordo, esprimono scetticismo. “Non mi fido di Hamas,” ha dichiarato Vered Froner, una sopravvissuta all’attacco del 7 ottobre 2023, sottolineando la necessità di vigilare sull’effettiva attuazione del piano.

Intanto, a Gaza, nelle strade di Khan Younis si sono viste scene di celebrazione, con folla in festa e caroselli di auto. La tregua rappresenta un momento di sollievo per una popolazione duramente colpita dall’offensiva israeliana, che ha ridotto intere aree in macerie e costretto il 90% dei suoi abitanti a lasciare le proprie case. Tuttavia, la crisi umanitaria resta grave, con milioni di persone a rischio di carestia.

Sul piano politico, l’annuncio ha avuto eco mondiale. Negli Stati Uniti, il presidente Biden ha lodato l’accordo come un passo necessario verso la pace, mentre il presidente eletto Trump ha celebrato la notizia sui social media, anticipando che il rilascio degli ostaggi sarà imminente. Tra di loro si contano anche sette cittadini americani. L’accordo ha perfino interrotto le udienze del Senato, a testimonianza della sua importanza a livello globale.

Il futuro prossimo

Nonostante queste speranze, restano dubbi sul futuro. Gli attacchi dai proxies iraniani Houthis che si sono susseguiti nelle ultime settimane, gli scontri tra palestinesi, militari e coloni in Cisgiordania, l’instabilità della vicina Siria e la pressione internazionale continuano a porre interrogativi e ad alimentare il conflitto. La tregua a Gaza rappresenta dunque solo un primo passo verso una stabilità che appare ancora lontana.

Questo momento di pausa offre però un’opportunità unica: non solo per alleviare la sofferenza della popolazione civile, ma anche per spingere le parti a riflettere su una soluzione duratura. Il successo dell’accordo dipenderà dalla buona fede delle parti coinvolte e dalla capacità di non far deragliare il fragile equilibrio raggiunto.

 

foto: Nir Oz – © Anna Balestrieri