di Nathan Greppi
Nelle ultime settimane, è diventato chiaro come negli atenei americani vi sia un serio problema di antisemitismo, come dimostra l’episodio del 25 ottobre in cui degli studenti ebrei del Cooper Union College di New York sono stati presi di mira da una folla aggressiva di manifestanti pro-Hamas, che li ha intrappolati nella biblioteca.
Un problema, quello dell’antisemitismo in America, che “è come un vulcano: il fuoco è sempre presente, ma non scoppia tutti i giorni, solo in certi periodi”, spiega a Mosaico il criminologo Robert R. Friedmann: docente emerito di Giustizia Penale all’Università Statale della Georgia e direttore del GILEE (Georgia International Law Enforcement Exchange), si è occupato molto di sicurezza e terrorismo, scrivendo anche saggi e articoli scientifici sul confronto tra i sistemi di giustizia criminale.
Secondo Friedmann, dalla Conferenza di Durban del 2001, quando per la prima volta venne sdoganata la falsa analogia tra le politiche israeliane e l’apartheid in Sudafrica, “si è venuta a creare in funzione antisraeliana un’alleanza rossoverde, tra l’estrema sinistra e l’islam radicale. Questo perché nonostante i due mondi siano su posizioni opposte sui diritti delle donne e delle categorie LGBTQ, hanno in comune l’odio per l’Occidente”.
Aggiunge che l’odio dell’estrema sinistra verso Israele è tale che oggi uno dei movimenti che guidano le manifestazioni antisraeliane negli USA “si chiama Jewish Voice for Peace. È un gruppo che riceve finanziamenti da milioni di dollari, fortemente antisionista, e se un tempo erano una frangia minoritaria, oggi sostengono di contare decine di migliaia di seguaci”.
La situazione negli atenei statunitensi
Per quanto riguarda la situazione negli atenei statunitensi, spiega che la diffusione dell’odio antiebraico e antisraeliano è aumentato “quando i leader di certi movimenti hanno capito di poter collaborare sulla base dell’intersezionalità: si tratta un concetto che, basandosi sugli stessi principi del comunismo, sostiene che i poveri e gli oppressi di tutto il mondo si devono unire. Per questo, i palestinesi vanno dai neri, dagli ispanici e dai nativi americani e gli dicono che sono vittime dell’oppressione come loro”. Questo spiega, ad esempio, perché Black Lives Matter ha appoggiato apertamente le stragi perpetrate da Hamas il 7 ottobre.
Un altro esempio è che “il più grande movimento antisraeliano presente nei campus americani, Students for Justice in Palestine, recentemente ha fatto propria la definizione di una ‘occupied turtle island’. Nel gergo degli attivisti per i diritti dei nativi americani, il termine turtle island è un riferimento al Nordamerica. In altre parole, sostengono che sia la Palestina sia l’America sarebbero occupate dai colonizzatori europei”.
Friedmann racconta come lui stesso sia stato preso di mira dagli antisionisti a causa del suo lavoro: “Nella mia università, ad Atlanta, ci sono circa 200 membri del corpo docente che hanno firmato una petizione per chiedere la chiusura del mio programma di studi, per il solo fatto che conducevo delle ricerche sulle caratteristiche delle forze dell’ordine in Israele”.
A questo punto, viene da chiedersi se e come le autorità americane possono reagire per contrastare i fenomeni d’odio contro ebrei e israeliani. Friedmann afferma che “le autorità sono all’erta, ma non sono sicuro che siano pienamente consapevoli della sfida da affrontare. Un grosso problema è che a differenza di altri paesi, come la Francia e la Germania, dove le autorità sono più attive nel mettere al bando simboli e organizzazioni estremiste, negli Stati Uniti queste sono più libere di diffondere odio, a causa del Primo Emendamento sulla libertà di parola”.