di Ilaria Ester Ramazzotti
È possibile per gli ebrei vivere in sicurezza in Germania? In seguito alla sparatoria di Yom Kippur di fronte alla sinagoga di Halle, in Sassonia, le autorità tedesche, le associazioni ebraiche e gli ebrei tedeschi stanno ripensando e riproponendo il tema, che tocca da vicino anche le comunità di tutta Europa.
“È scandaloso che non vi fosse la polizia al di fuori della sinagoga di Halle nel giorno più santo dell’ebraismo, quando la presenza dei fedeli è al massimo”, aveva detto all’indomani dell’attentato del 9 ottobre scorso Josef Schuster, presidente del Zentralrat der Juden (il Consiglio Centrale degli Ebrei).
Sembra infatti che solo le pesanti porte fortificate dell’edificio abbiano impedito all’attentatore ventisettenne Stephen Balliet di entrare nella sinagoga di Halle. In caso contrario, sarebbe stato un massacro: “C’era un centinaio di persone in sinagoga e le misure di sicurezza hanno retto – ha detto allo Spiegel Max Privorotzki, presidente della comunità ebraica di Halle -. Abbiamo visto nella telecamera un criminale pesantemente armato con un elmetto e un fucile che ha tentato di aprire le porte. Ha lanciato molotov, esplosivi e granate per entrare. La porta è rimasta chiusa, D-o ci ha protetti. Il tutto è durato dai cinque ai dieci minuti. Ci siamo barricati e abbiamo aspettato la polizia”. Le due vittime dell’attentato sono state trovate all’esterno del tempio: una donna che passava per strada e un uomo in un vicino negozio di kebab. Ma il piano dell’attentatore era di “provocare un massacro nella comunità ebraica”, ha spiegato il 10 ottobre il procuratore federale Peter Frank.
Questione sicurezza
Il tema della presenza di forze armate e di una adatta organizzazione delle misure di sicurezza nei luoghi ebraici è stato recentemente trattato da alcuni Länder e dal governo federale tedesco. Ne parla sempre lo Spiegel. A livello federale, il ministro degli Interni Horst Seehofer ha annunciato la creazione di un nuovo ufficio contro la minaccia neonazista e ha affermato che la polizia “dovrà dare un’occhiata più da vicino alla scena dei giocatori”, in riferimento al frequente utilizzo da parte l’attentatore di Halle, delle piattaforme di gioco online. Seehofer ha altresì fatto sapere che la polizia ha sequestrato oltre un migliaio di armi negli ambienti legati all’estrema destra in tutto il Paese. Il cancelliere Angela Merkel ha dichiarato che il governo è impegnato “a fare tutto il possibile affinché si possa vivere in sicurezza” e che “dobbiamo fare ancora di più”.
Nello stato orientale della Turingia, le autorità hanno concordato di inviare uomini armati fuori dalle sinagoghe, mentre in Assia la polizia ha garantito un servizio di sicurezza in ogni sinagoga e istituzione ebraica durante le festività ebraiche. In Baviera, i templi ebraici sono diventati luoghi regolarmente pattugliati dalla polizia.
Anche associazioni e gruppi ebraici tedeschi hanno avanzato analisi e proposte operative. L’organizzazione no profit German Jewry’s Values Initiative ha proposto un piano per la sicurezza degli ebrei tedeschi, che comprende un migliore monitoraggio in tempo reale delle piattaforme di video in streaming come quelle utilizzate dal terrorista di Halle, che ha trasmesso il suo assalto online, come aveva fatto anche l’autore degli attacchi alle moschee di Christchurch in Nuova Zelanda. “È ora che la Germania decida come affrontare l’odio contro gli ebrei e altre forme disumane di odio – ha dichiarato il presidente Elio Adler -. I metodi usati in precedenza non sono chiaramente sufficienti”. Dopo l’attacco di Yom Kippur, German Jewry’s Values Initiative ha chiesto la protezione della polizia in “tutte le sinagoghe, istituzioni ebraiche e israeliane in Germania”, accusando la polizia di aver valutato male le minacce che affliggono le comunità più piccole come Halle. Ha inoltre raccomandato di migliorare i tempi di risposta della polizia, rilevando che gli agenti hanno impiegato sedici minuti per affrontare l’autore dell’attentato.
“Nelle città più grandi della Germania, le comunità ebraiche ottengono protezione dalla polizia e incaricano agenzie di security. Ma le piccole comunità come Halle non ne hanno nessuna e sono esposte – ha sottolineato Ophir Revach, direttore del Centro di sicurezza e crisi del Congresso ebraico europeo -. In realtà non c’è bisogno di soldati con pistole e macchine della polizia di fronte alle sinagoghe: la tecnologia, incluse le telecamere di sorveglianza, e poche e porte buone come quella di Halle, possono invece essere utilizzate in modo intelligente”. Le porte del tempio di Halle sono state “un’efficace misura di sicurezza passiva che ha salvato la vita, ma ci devono anche essere a una risposta rapida e la sorveglianza”. Anche le nuove tecnologie come il software di riconoscimento facciale possono dare un allarme tempestivo quando viene individuata una minaccia vicino a un’istituzione ebraica, ha spiegato Revach, ma la diffusione di queste applicazioni è stata ostacolata dalle leggi sulla privacy dell’Unione Europea. “La soluzione è l’uso più intelligente delle risorse a portata di mano, non più soldati e pistole”.
I dubbi della Comunità ebraica
Intanto, gli ebrei tedeschi continuano a chiedersi se quanto faccia il governo sia sufficiente per consentire di vivere in sicurezza nel Paese. Henryk Broder, giornalista, autore e personaggio televisivo tedesco, ebreo di origini polacche, ha una visione pessimistica: “È tempo di affrontare la verità: non c’è posto per gli ebrei in Europa, o almeno non c’è per loro un posto sicuro” ha riferito al Jerusalem Post. Gli ebrei possono andarsene o “passare il resto della vita in una comunità a porte chiuse, protetti dallo Stato. Ma non considero questa una vita per la comunità ebraica, semmai una forma di “sopravvivenza della comunità ebraica”.
L’europarlamentare Sergey Lagodinsky, ex leader della comunità ebraica di Berlino, concorda sul fatto che i fatti di Halle siano un allarme, ma sostiene che l’ebraismo tedesco prevarrà nonostante le sfide alla sicurezza. “Dobbiamo diventare più visibili, non meno visibili – riporta sempre il Jerusalem Post -. Non dobbiamo chiuderci all’interno, ma aprire e costruire ponti con alleati che capiscono che non sono gli ebrei ad aver bisogno di combattere gli antisemiti, ma l’intera società”.