“C’è un Paese che non c’entra niente, non fa parte della coalizione che Obama sta cercando di mettere insieme per attaccare la Siria, (…) ed è l’unico contro cui i siriani e i loro alleati iraniani minacciano vendetta per ciò che si prepara”, scrive Fiamma Nirenstein sul Giornale di domenica 1 settembre (“Israele rassegnato a un conflitto che non vuole”).
Ci sono persone di questo paese, si potrebbe continuare, che da quasi due anni, attraverso missioni clandestine e aiuti di contrabbando, rischiano la loro vita per portare soccorsi umanitari alla popolazione civile siriana. Di loro e del loro lavoro ha scritto di recente David Suissa, presidente di TRIBE Media Corp., su Jewishjournal.com.
Suissa ha intervistato la fondatrice nonchè presidente dell’organizzazione no profit israeliana, Israeli Flying Aid, che negli ultimi 18 mesi in Siria ha messo a disposizione cinque ambulanze, distribuito 300.000 pasti e 700 tonnellate di beni di primo soccorso per le migliaia e migliaia di sfollati della guerra.
A seconda delle aree in cui si trovano ad operare, quelli di Israeli Flying-aid assumono “fisionomie” diverse: se si trovano in un territorio ostile agli ebrei e a Israele, sanno già di dover apparire come un gruppo musulmano o europeo. “L’idea, spiega Lousky, è di riuscire a portare gli aiuti e ridurre al minimo i rischi per la sicurezza, visto che di quelli ce n’è già abbastanza… Assumere una fisionomia diversa da quella nostra reale, è, ovviamente, il piccolo prezzo da pagare per poter salvare delle vite umane”.
Nell’ultima missione clandestina in Siria un capo dei ribelli siriani ha scoperto che Gal Lousky e la sua organizzazione erano israeliane. “Non riusciva a ‘digerire’ che appartenessimo al nemico sionista… anche se avevamo soccorso il loro comandante”.
“Per il comandante il problema era che all’interno del suo gruppo non tutti erano d’accordo a sbarazzassi del gruppo di Flying Aid perché avevano visto che quegli ebrei stavano rischiando la loro vita per aiutarli”. Alla fine il gruppo si è diviso e quelli che avevano difeso la Lousky e il suo gruppo, hanno anche firmato un accordo per proseguire la collaborazione.
Gal Lousky leggerà il testo di questo accordo, a Los Angeles, al Beverly Hills Temple of the Arts, il prossimo 13 e 14 settembre, senza però rivelare il nome del gruppo ribelle (per ovvie ragione di sicurezza per entrambi).
“I nostri nemici più grandi sono spesso i regimi che non permettono nessun tipo di assistenza umanitaria” spiega la Lousky. Fanno persino delle leggi contro questo tipo di aiuti e queste leggi per loro sono più importanti della vite umane”. “Loro ci chiamano criminali, ma le vittime ci chiamano angeli”.
La Israeli Flying-Aid è attiva dal 2005 e porta soccorsi umanitari alle comunità colpite da calamità naturali o conflitti territoriali in tutto il mondo. Gal Lousky e il suo team di attivisti – che comprende medici, psicologi e volontari di varie professioni – sono intervenuti in aree dove erano presenti anche la Croce Rosse e l’ONU. Hanno portato aiuto alle vittime delle inondazioni in Cecenia, del terremoto in India, Kashmir e Pakistan, dello tsunami in Sri Lanka; ai profughi in Iraq, alle vittime del genocidio in Sudan, del terremoto di Haiti e, più recentemente, degli uragani Katrina e Sandy negli Stati Uniti.