Il discorso di Netanyahu spacca il Congresso tra polemiche, critiche e applausi bipartisan

Mondo

di Marina Gersony

 

Giornate frenetiche a Washington, segnate da eventi che stanno ridefinendo la storia e preannunciando nuovi scenari geopolitici. Con il ritiro di Biden, il tentato omicidio di Trump e la sorprendente ascesa di Kamala Harris, il panorama politico americano si fa sempre più complesso. Ieri, rivolgendosi per la quarta volta nella sua carriera a una sessione congiunta del Congresso a Washington, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha sfruttato gran parte del discorso per inquadrare l’Iran come la forza trainante della violenza in Medio Oriente, delineando al contempo una visione generale per Gaza del dopoguerra. Un discorso, il suo, che ha ulteriormente elevato la posta in gioco, mai così alta come in questo momento.

 

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Prima di analizzare i dettagli della giornata di ieri, in un contesto di instabilità, polarizzazione globale e tensioni politiche crescenti che caratterizzano lo spirito del nostro tempo, è fondamentale sottolineare come il premier israeliano abbia diviso il Congresso americano, generando reazioni contrastanti a partire dalla stampa. Le diverse testate, in base al loro orientamento politico, hanno infatti fornito interpretazioni e commenti variegati sui fatti.

Netanyahu ha parlato per quasi un’ora in un Capitol Hill blindato e profondamente diviso, con numerose defezioni tra i Democratici che hanno saltato il discorso (circa 80 secondo la CNN) e le fragorose proteste di migliaia di manifestanti filo-palestinesi, che hanno assediato anche il suo hotel al Watergate. Nel suo discorso, il premier israeliano ha definito i manifestanti «utili idioti dell’Iran», espressione che ha suscitato ulteriori polemiche. Ha poi ribadito il suo «pieno impegno» per completare l’accordo sul cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, elogiando il presidente Biden per «il suo sincero sostegno» nel corso degli anni.

I membri del Partito Repubblicano hanno accolto con entusiasmo il suo discorso, mentre molti esponenti del Partito Democratico hanno scelto di boicottarlo in segno di protesta contro le azioni di Israele a Gaza. La deputata Rashida Tlaib ha esposto un cartello durante il discorso del premier israeliano con la scritta «criminale di guerra» e «colpevole di genocidio». Altri democratici, come il senatore Bernie Sanders, hanno apertamente dichiarato la loro opposizione a Bibi, affermando che «Netanyahu non dovrebbe essere accolto nel Congresso degli Stati Uniti. Al contrario, le sue politiche a Gaza e in Cisgiordania e il suo rifiuto di sostenere una soluzione a due Stati dovrebbero essere fermamente condannati».

Ci sono stati anche momenti di unità bipartisan. Due volte, quando il primo ministro israeliano ha elogiato il presidente Joe Biden, entrambe le parti politiche si sono alzate in una standing ovation. Un’altra standing ovation bipartisan si è verificata quando Netanyahu ha condannato la violenza politica.

La vicepresidente Kamala Harris, che ricopre anche il ruolo di presidente del Senato, non ha presieduto la seduta, ufficialmente a causa di impegni elettorali precedenti. Fonti della Casa Bianca hanno rivelato che Harris ha in programma un incontro con il premier israeliano oggi, giovedì 25 luglio. Questa mossa potrebbe essere interpretata come un tentativo di prendere ulteriormente le distanze dalla gestione della guerra a Gaza, cercando di riconquistare il sostegno della fronda democratica che critica la linea giudicata troppo morbida di Biden.

In questo scenario, la leadership di Kamala Harris potrebbe quindi rappresentare una svolta cruciale. La sua capacità di navigare tra le diverse fazioni politiche e di affrontare con determinazione le questioni internazionali, sarà determinante per il futuro degli Stati Uniti e per la stabilità globale. I giochi sono aperti.

 

Sempre oggi, Netanyahu incontrerà Joe Biden alla Casa Bianca. L’ufficio del premier ha annunciato che l’incontro è previsto per le 13:00 ora locale. Questo incontro potrebbe fornire ulteriori spunti sulla direzione che prenderanno le relazioni tra i due Paesi e sulla strategia comune per affrontare le sfide in Medio Oriente.

Questi eventi mettono in luce la complessità e la delicatezza delle attuali dinamiche politiche. Mentre il discorso di Netanyahu ha creato momenti di unità, ha anche evidenziato le profonde divisioni all’interno del Congresso e la necessità di un approccio equilibrato e concertato per affrontare le sfide internazionali. La capacità dei leader di navigare queste acque turbolente sarà cruciale per la pace e la stabilità futura.

«Signor Presidente, desidero ringraziarla per avermi concesso il grande onore di rivolgermi per la quarta volta a questa grande cittadella della democrazia – ha esordito il premier israeliano –. Ci incontriamo oggi a un bivio della storia. Il nostro mondo è in subbuglio. In Medio Oriente, l’asse del terrore iraniano affronta l’America, Israele e i nostri amici arabi. Questo non è uno scontro di civiltà. È uno scontro tra barbarie e civiltà. È uno scontro tra coloro che glorificano la morte e coloro che santificano la vita. Perché le forze della civiltà trionfino, America e Israele devono stare insieme. Perché quando stiamo insieme, succede qualcosa di molto semplice. Noi vinciamo. Loro perdono».

 

VIDEO Discorso di Netanyahu al Congresso

 

Netanyahu ha inoltre espresso fiducia nella possibilità di raggiungere un accordo per la liberazione degli ostaggi e per un cessate il fuoco, anche se non ha fornito molti dettagli. Come riporta il Times of Israel, tuttavia, è significativo notare che circa due dozzine di parenti dei 120 prigionieri ancora detenuti a Gaza erano presenti nella galleria con vista sul primo ministro.

Durante il suo discorso, Netanyahu ha descritto il trauma vissuto da Israele il 7 ottobre e ha ribadito la sua determinazione a eliminare le minacce rappresentate da Hamas e dall’Iran. Il primo ministro è stato frequentemente interrotto da fragorosi applausi e standing ovation da entrambe le parti politiche, sebbene i repubblicani fossero visibilmente più entusiasti.

Netanyahu ha inoltre rivolto un saluto alle famiglie degli ostaggi presenti tra il pubblico, promettendo che non avrebbe trovato pace fino a quando tutti i loro cari non fossero tornati a casa. Ha anche ringraziato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, per «i suoi instancabili sforzi» a favore degli ostaggi e delle loro famiglie.

Tuttavia, non tutti i parenti presenti tra il pubblico hanno accolto queste parole con entusiasmo. Una delegazione di circa una dozzina di familiari di prigionieri americani è apparsa visibilmente indifferente. I genitori degli ostaggi Hersh Goldberg-Polin e Omer Neutra sono rimasti seduti ai loro posti, anche dopo che Netanyahu ha rinnovato il suo impegno a raggiungere un accordo.

Critiche pesanti anche dall’ex speaker della Camera americana Nancy Pelosi che ha commentato l’intervento di Netanyahu a Capitol Hill come «peggiore» discorso al Congresso pronunciato da un leader straniero. «Le famiglie degli ostaggi vogliono un cessate il fuoco per riportarli a casa e noi ci auguriamo che il premier spenda il suo tempo a centrare questo obiettivo», ha detto Pelosi.

Questi eventi sottolineano la complessità delle dinamiche politiche e umane coinvolte. Mentre il discorso di Netanyahu ha galvanizzato una parte significativa dell’audience, la risposta tiepida di alcune famiglie degli ostaggi evidenzia le profonde ferite e la mancanza di fiducia che ancora permeano la situazione. La promessa di liberare gli ostaggi e di porre fine alle ostilità è un impegno cruciale, ma la strada verso la pace e la riconciliazione rimane ardua e incerta.

Non si è fatta attendere anche la reazione di  Hamas: «Il discorso di Netanyahu sull’intensificazione degli sforzi per restituire gli ostaggi è una completa menzogna e inganna l’opinione pubblica israeliana, americana e internazionale, mentre è lui che ha vanificato tutti gli sforzi volti a porre fine alla guerra e a concludere un accordo per il rilascio dei prigionieri, nonostante le continue sforzi dei mediatori dei nostri fratelli in Egitto e Qatar», ha affermato il gruppo militante palestinese nella nota.

 

In conclusione, gli avvenimenti di questi ultimi giorni invitano a riflettere sulla fluidità della situazione politica mondiale e sulla necessità di un dialogo costruttivo e di una leadership capace di affrontare le sfide del nostro tempo con visione e determinazione.

 

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