Il New York Times minimizza sistematicamente le violenze di Hamas: l’analisi di un docente della Yale

Mondo

di Michael Soncin
Notizie che non fanno altro che influenzare erratamente l’opinione pubblica su larga scala, soprattutto quando a diffonderle è uno dei quotidiani più letti al mondo: il New York Times. A fronte di 1561 articoli analizzati, tra il 7 ottobre 2023 e il 7 giugno 2024, è emersa prevalentemente una narrazione a senso unico dove gli Israele viene descritto come l’aggressore principale e i palestinesi il popolo che soffre.

Questa è la copertura dominante, portata avanti dal noto media statunitense, venuta alla luce grazie allo studio di Edieal Pinker professore e vicepreside della Yale School of Management. «Il risultato netto di questi e altri squilibri è quello di costruire una rappresentazione degli eventi che è sbilanciata creando simpatia per la parte palestinese», ha detto Pinker. Un racconto delle due parti che «spesso è in contrasto con gli eventi reali e non riesce a dare ai lettori una comprensione di come gli israeliani stanno vivendo la guerra».

 Le vittime del 7 ottobre e gli ostaggi a Gaza non pervenuti 

Nel complesso si è assistito ad una minimizzazione riguardo le violenze perpetrate dai palestinesi e a sua volta a un ridimensionamento verso gli israeliani uccisi. Una narrazione dominante che coinvolge il 70% degli articoli. In più la metà di questi non ha menzionato gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza e come se non bastasse, il 41% non riportava le violenze del 7 ottobre 2023 quando da Gaza, Hamas ha invaso Israele, diventando l’autore del più grande crimine contro gli ebrei in un giorno solo, dai tempi della Shoah.

Il New York Times ha invece pubblicato storie personali di sofferenze di palestinesi e libanesi ogni due giorni, mentre ci sono stati lunghi periodi in cui le vittime israeliane non venivano affatto menzionate. Il 7 ottobre 2023, in Israele, i terroristi palestinesi guidati da Hamas hanno assassinato 1200 persone e rapito 251 ostaggi.  Dei 1561 articoli, Pinker ha scoperto che 1423 non facevano menzione di queste vittime. In sostanza, come già detto in altri modi, la copertura mediatica sembrava sistematicamente minimizzare il ruolo di Hamas come responsabile nel prolungamento della guerra.

Una distorsione come fatto per la Seconda intifada

«I risultati dello studio della Yale mostrano che il New York Times sta inquadrando il conflitto attuale seguendo un modello simile a quello adoperato per il conflitto Israele-Palestina durante la  Seconda Intifada», a spiegarlo a The Algemeiner è Ashley Rindsberg che nel libro The Gray Lady Winked ha confermato i risultati emersi dallo studio di Pinker.

«È stato durante l’Intifada che il New York Times ha creato per la prima volta questa narrazione in base alla quale Israele è quasi sempre l’unico aggressore e i palestinesi sono vittime eterne. Molto raramente il giornale tenta di rompere questa narrazione e persino sopprime fatti o dati che dissentono da essa», ha aggiunto Rindsberg. All’apice della piramide ci sarebbe la famiglia Sulzberger, che come riferito, controlla il giornale da oltre un secolo e sarebbe la responsabile di questa copertura mediatica, quasi a senso unico.

Pinker, cittadino americano e israeliano, esperto di analisi dei dati, tende a precisare che la sua ricerca non vuole dimostrare eventuali pregiudizi del New York Times, perché in quel caso l’analisi andrebbe fatta in modo differente, ma vedere se gli squilibri della copertura del quotidiano potessero influenzare concretamente l’opinione pubblica e quindi la percezione dei fatti.

E risaputo, a differenza di Hamas che generalmente Israele permette ai giornalisti di operare liberamente. Nello studio, ci sono poi altri fattori che potrebbero influenzare la percezione dei fatti che non sono stati esaminati: la selezione delle foto, il taglio dei titoli e il tono utilizzato dagli opinionisti.

In risposta allo studio, fortunatamente il New York Times non ha tardato nel fornire una risposta. In una dichiarazione un portavoce ha affermato che: Il New York Times ha trattato questa guerra con più rigore di qualsiasi altra organizzazione di informazione statunitense, raccontando il conflitto da tutte le angolazioni». Hanno affermato di essere aperti alle opinioni contrastanti, come quelle contenute nello studio di Pinker, ma non intenzionati a cambiare le politiche di copertura delle notizie, visto che il quotidiano sembrerebbe non riconoscersi nella tesi portata avanti da Pinker

A gennaio l’ex Segretario di Stato americano Antony Blinken  ha definito “sbalorditiva” la mancata copertura del ruolo di Hamas nella guerra con Israele: “Perché non c’è stato un coro unanime in tutto il mondo affinché Hamas deponesse le armi, consegnasse gli ostaggi e si arrendesse?“.

Fonte foto in alto: Wikipedia