di Redazione
In questi giorni, il conflitto tra Israele e Hamas ha raggiunto un nuovo picco di tensione, con ripercussioni a livello internazionale. Al centro del dibattito figurano le gravi accuse mosse da Amnesty International, che ha descritto le operazioni israeliane nella Striscia di Gaza come un “genocidio”. Parole forti, che stanno facendo il giro del mondo. Il rapporto, pubblicato il 4 dicembre 2024, documenta una serie di azioni attribuite a Israele che, secondo Amnesty, avrebbero colpito duramente la popolazione civile palestinese, andando ben oltre una legittima difesa contro Hamas. Ma quali sono le basi di queste accuse? E quanto sono fondate?
Il rapporto di Amnesty: “Un genocidio a Gaza”
Amnesty non usa mezzi termini. Nel suo rapporto di 300 pagine – dal titolo “Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza” – l’organizzazione descrive un quadro drammatico: bombardamenti su civili, evacuazioni forzate, blocco degli aiuti umanitari. Secondo Amnesty, tutto questo configurerebbe un tentativo deliberato di distruggere, in tutto o in parte, la popolazione palestinese. E non si tratta di opinioni, affermano. Le azioni israeliane violerebbero la Convenzione sul genocidio del 1948. Per questo l’organizzazione chiede un’indagine della Corte penale internazionale e alla comunità internazionale di non essere complice di quanto accaduto, con lo stop dell’invio di armi: «Mese dopo mese, Israele ha trattato i palestinesi di Gaza come un gruppo di subumani, indegni del rispetto dei diritti umani e della dignità, dimostrando la sua intenzione di distruggerli fisicamente – ha dichiarato il segretario generale di Amnesty International, Agnès Callamard –. I nostri risultati schiaccianti devono servire da campanello d’allarme per la comunità internazionale: questo è un genocidio che deve finire adesso».
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Ma davvero si può parlare di genocidio? È una domanda che divide e spacca l’opinione politica e pubblica. Alcuni esperti dicono che sì, ci sono gli elementi per farlo. Altri, invece, invitano alla prudenza: il termine «genocidio» ha un significato legale ben preciso, e non è semplice dimostrarlo, soprattutto in un conflitto così complesso.
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La risposta di Israele: «Falsità e distorsioni»
Da parte sua, Israele ha reagito immediatamente definendo le accuse infondate. La sezione israeliana di Amnesty ha prima respinto il rapporto sostenendo che gli autori sono giunti a una «conclusione predeterminata». Subito dopo sono arrivate le dimissioni del presidente di Amnesty Israele e di due esponenti palestinesi. Ma non solo. Israele ha definito il rapporto «falso e pieno di menzogne». «È una calunnia», ha detto Oren Marmorstein, portavoce del governo israeliano. Israele ribadisce di aver adottato tutte le precauzioni possibili per proteggere i civili, come l’invio di avvertimenti prima degli attacchi e l’apertura di corridoi umanitari. «Hamas utilizza i civili come scudi umani», afferma Israele, sottolineando la difficoltà di condurre operazioni militari in un territorio così densamente popolato.
Non è la prima volta che Israele viene accusata di violazioni, ma il governo insiste sul fatto che le sue azioni siano una risposta legittima agli attacchi di Hamas.
Le reazioni internazionali: scetticismo e condanne
Le accuse di genocidio hanno dunque acceso il dibattito a livello globale. Gli Stati Uniti, come era prevedibile, si sono schierati con Israele, definendo il rapporto di Amnesty «privo di prove concrete». «Non siamo d’accordo con le conclusioni di tale rapporto. Abbiamo detto in precedenza e continuiamo a credere che le accuse di genocidio siano infondate», ha detto alla stampa Vedant Patel, vice portavoce del dipartimento di Stato Usa. Ma non tutti la pensano allo stesso modo. Paesi come la Norvegia e l’Irlanda hanno chiesto che venga aperta un’indagine imparziale sulle azioni israeliane.
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L’Autorità Nazionale Palestinese ha accolto con favore quello che ha definito un rapporto di Amnesty International “basato sulle prove” e ribadisce che Israele ha commesso un “genocidio” contro la popolazione nella Striscia di Gaza.
E poi ci sono le persone comuni, quelle che leggono le notizie e si chiedono cosa stia succedendo davvero. Possiamo davvero giustificare le sofferenze della popolazione civile? E, d’altra parte, è possibile condannare Israele senza tenere conto delle minacce che affronta e l’attacco terroristico che ha subito? Quello che è certo è che il conflitto israelo-palestinese continua a essere uno dei più complicati e divisivi al mondo. Le accuse di genocidio aggiungono un altro strato di complessità, ma non cambiano la realtà: la pace sembra ancora un miraggio lontano.
(Nella foto Agnès Callamard, Segretario generale di Amnesty International)