L’incendio del campo Rom a Torino una settimana fa; l’uccisione ieri di due giovani senegalesi a Firenze, e poi sempre ieri l’arresto di cinque giovani militanti dell’organizzazione di estrema destra, ‘Militia’, che progettavano azioni violente contro la comunità ebraica di Roma e il suo presidente, Riccardo Pacifici. In questi ed altri episodi delle cronache degli ultimi mesi – senza dimenticare le violenze verbali che sulla rete si susseguono e sembrano aumentare di giorno in giorno – c’è più o meno evidente la matrice xenofoba, razzista, antisemita. Si coglie in essi la manifestazione di una deriva fascistoide di settori che se prima erano circoscritti a determinate aree dell’estrema destra, ora sembrano allargarsi a settori più ampi della società. Ed è un fenomeno che riguarda l’Italia, come il resto d’Europa. La crisi economica è certamente la prima imputata in questa deriva violenta. Ma la crisi non è che la punta di un iceberg.
“La destra, si sa, storicamente incanala il malcontento; prende piede nei momenti di difficoltà, quando l’insoddisfazione della gente arriva a toccare anche i bisogni primari – dal lavoro, alla casa, e in certi casi perfino il cibo” osserva Joseph Sassoon.
La crisi economica che sta travolgendo l’Europa non solo sta facendo virare verso destra quei settori della società che dalla crisi sono maggiormente colpiti, ma sta trasformando quel malcontento in manifestazioni violente. Gli anelli indeboliti dal disagio economico sfogano la loro rabbia sugli anelli tradizionalmente più “deboli” – le minoranze, gli immigrati, e coloro che vengono percepiti come diversi ovvero come una minaccia. Lentamente in questi anni siamo tornati a cercare un “capro espiatorio”, qualcuno su cui riversare rabbia, frustrazioni, malesseri.
Gli ebrei sono un bersaglio “tradizionale” – l’antisemitismo esplode regolarmente nei momenti di crisi; accanto ad essi però oggi ne troviamo di nuovi (o quasi): gli immigrati, gli omosessuali, talvolta persino i senzatetto sono percepiti come elementi “diversi”, elementi deboli della società sui quali sembra lecito esercitare la violenza.
“Da una recente ricerca sull’immigrazione è emerso che i problemi legati al razzismo e alla xenophobia tendono ad aumentare quando la percentuale degli immigrati si avvicina alla soglia del 10%” fa notare Joseph Sassoon, sociologo, fondatore e presidente di Alphabeth Research. “Oltre quella soglia, si sviluppa un effetto ‘saturazione’: la sensazione dell’invasione, del soffocamento. Cessa la curiosità e subentra il malessere – che poi si manifesta anche sotto forme aggressive, verbali e fisiche”. Qualche settimana fa il video della madre inglese che su un tram di Londra insulta una giovane donna sudamericana seduta accanto a lei, ha fatto il giro del mondo, suscitando ovunque scandalo e sorpresa.
“Situazioni di crisi economica gravi come quella che stiamo vivendo, diventano in contesti di ‘saturazione’ come quelli di cui si diceva prima, una pericolosa aggravante, soprattutto per quegli strati della società che vivono l’insieme di questi fattori come un turbamento fino all’esasperazione”.
Dopo l’uccisione dei due ragazzi senegalesi di Firenze, il sindaco, Matteo Renzi, ha detto che la città ha gli anticorpi necessari per reagire. Più che una sicurezza quelle parole appaiono come una speranza. In realtà, dice Sassoon, gli anticorpi sembrano diventati ormai insufficienti per contenere e respingere questa deriva fascista e razzista.
“Il passato, con tutto il suo carico di tragedie, è ormai troppo lontano per funzionare da anticorpo” osserva Sassoon, “soprattutto è troppo lontano da quei settori della società che più degli altri risentono degli effetti della crisi in corso” – le generazioni più giovani, ma anche quelle dei quaranta-cinquantenni.
“Quelle forze che fino a quaranta, cinquant’anni fa erano oggetto di generale condanna, oggi non trovano più alcun ostacolo al loro manifestarsi. Non c’è riprovazione pubblica. Fino agli anni ’90 circa, dichiararsi fascisti è stata cosa di cui vergognarsi, anzi, da tenere nascosta; oggi non è più così”.
E poi c’è l’invidia. “In situazioni di crisi, in situazioni in cui pare scomparsa la giustizia sociale, l’invidia può trasformarsi in violenza. Il senegalese che ha un lavoro ed ha di che vivere, può suscitare invidia nell’italiano disoccupato. Da qui al senso di frustrazione e ingiustizia e poi alla violenza, il passo può essere molto breve”.
“La destra razzista è ormai legittimata”. Enrico Finzi, sociologo, docente del Master in Marketing e Comunicazione dell’Università Bocconi, nonchè presidente di Astra ricerche, su questo concorda con Sassoon. “Oggi il razzismo è diventato un valore positivo. Non ci si vergogna più di dire di essere razzisti, al contrario ci si vanta di esserlo. Siamo ormai di fronte ad una legittimazione di massa del razzismo che è frutto di 15 anni e più di governo di destra”. “Le tossine del razzismo, instillate da partiti come la Lega, hanno finito per determinare la preoccupante situazione in cui ci troviamo oggi di intolleranza e violenza verso i diversi”.
Secondo Finzi la destra leghista è riuscita persino a cambiare il concetto stesso di “diverso”, che non è più tanto o soltanto l’ebreo o l’immigrato o l’omosessuale. “Oggi ‘diverso’ è quello che non la pensa come noi, è quello che ha la maglia di una squadra che non è la nostra”. A tutto questo poi si aggiunge il potere della “teorizzazione”. La giusticazione teorica del razzismo, dell’antisemitismo, della xenophobia – come certi partiti di destra fanno oggi – è estremanente pericolosa. Il nazismo teorizzò l’antisemitismo, e gli effetti li conosciamo tutti.
Uno stato di crisi economica cronica o semicronica, la mancanza di paletti ideologici di riferimento e contenimento verso le derive estremiste, sono i fattori che con maggiore evidenza e sicurezza ci permettono di individuare le cause della violenza, dice Finzi. Ma altri ce ne sono, forse meno eclatanti m che hanno agito con straordinaria forza sulla società. “La mancanza di leader per esempio. Che non sono soltanto i leader politici; sono anche quelle figure che dagli ambiti più diversi – dalla musica al calcio al cinema alla religione – sono in grado di fare opinione su larga scala e dirigere le masse in una deterninata direzione. È significativo ed estremanente preoccupante che I ragazzi fra i 14 e i 18 anni abbiamo come loro “mito” nell’80% dei casi, delle figure del passato, la maggior parte dei quali non sono nemmeno più viventi”. E poi c’è la Rete, veicolo di diffusione immediato di notizie, ma anche di opinioni di ogni genere, senza vincoli, senza sbarramenti o controlli.
Secondo Finzi anche l’attuale sistema elettorale ha inciso sulla normalizzazione dell’atto violento. “La semplificazione del bipolarismo ha tolto voce alle estreme che non avendo più un luogo istituzionale in cui esprimersi, passano direttamente alle vie di fatto. L’assenza di rappresentanza delle estreme in Parlamento, ha tolto di mezzo quel mare che normalmente esiste fra il dire e il fare”.
Cosa aspettarci dunque dal futuro? Niente di buono. Sassoon e Finzi su questo punto concordano.
Il cambiamento, l’uscita da questo buco nero, è lontano, e a tirarcene fuori, conclude Finzi, non sarà il ritorno delle ideologie.