di Davide Cucciati
Il 1° aprile 2025 il governo del Nicaragua ha comunicato alla Corte Internazionale di Giustizia il ritiro della propria richiesta di intervento nel procedimento avviato dal Sudafrica contro Israele per presunte violazioni della Convenzione sul genocidio nella Striscia di Gaza. Nessuna motivazione ufficiale, solo poche righe. Un gesto che ha sorpreso molti osservatori, soprattutto perché Managua era stata tra i primi Stati a sostenere attivamente l’iniziativa sudafricana avanzata il 29 dicembre 2023.
Il Ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar ha commentato: “Altri paesi che hanno perso la bussola sono invitati a seguire l’esempio”. Con l’uscita di scena del Nicaragua, restano dodici i paesi che hanno formalmente chiesto di intervenire a sostegno del Sudafrica e contro Israele: Colombia, Libia, Messico, Palestina, Spagna, Turchia, Cile, Maldive, Bolivia, Irlanda, Cuba e Belize.
Oltre al fronte legale, emergono però elementi che suggeriscono legami più profondi tra il Sudafrica e alcuni attori ostili a Israele. Un rapporto pubblicato nel novembre 2024 dall’Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy (ISGAP) ha evidenziato una possibile convergenza di interessi economici e politici tra il principale partito sudafricano, l’African National Congress (ANC), Hamas e la Repubblica Islamica dell’Iran.
A ridosso della presentazione del ricorso sudafricano alla Corte Internazionale di Giustizia, sono circolate ipotesi secondo cui Teheran avrebbe sostenuto finanziariamente il partito di governo sudafricano per promuovere l’azione contro Israele. Tra i più espliciti nel formulare questa tesi vi è Frans Cronje, ex direttore del South African Institute of Race Relations, il quale, in un’intervista a ChaiFM del gennaio 2024, ha parlato di una strategia iraniana finalizzata a delegittimare Israele in Occidente e rendere più controverso il servizio in Tzahal tra i giovani ebrei.
Inoltre, Cronje ha fatto notare la coincidenza tra l’improvviso miglioramento delle finanze dell’ANC e l’avvio dell’azione legale internazionale. Il Daily Maverick ha analizzato queste dichiarazioni, concludendo che, in assenza di bilanci pubblici aggiornati, non è possibile verificare in modo indipendente l’esistenza di finanziamenti iraniani. L’ANC ha respinto le accuse: la portavoce Mahlengi Bhengu ha ribadito che il partito opera nel rispetto delle norme sulla trasparenza. Anche Victoria Coates, già vice consigliera per la sicurezza nazionale sotto l’amministrazione Trump, ha affermato, in un’intervista al programma statunitense “Just the News, No Noise” che “bisogna almeno chiedersi” se l’Iran stia finanziando l’ANC. Coates ha parlato di un allineamento strategico tra Teheran e Pretoria, definendolo “una sorta di alleanza empia”, pur riconoscendo l’assenza di prove dirette. Pretoria ha smentito con decisione queste ricostruzioni. La ministra degli Esteri Naledi Pandor le ha liquidate come una “controffensiva” orchestrata da Israele e dai suoi alleati.
Il portale sudafricano News24 ha riportato che, allo stato attuale, non esistono elementi concreti a sostegno di tali ipotesi. Nonostante ciò, alcuni segnali alimentano i sospetti di legami assai stretti tra il Sudafrica e il regime iraniano. Ad esempio, il quotidiano Tehran Times ha riferito che il 30 luglio 2024 Ronald Lamola, ministro sudafricano delle relazioni internazionali e della cooperazione, ha partecipato alla cerimonia d’insediamento del presidente iraniano Masoud Pezeshkian a Teheran: i rapporti si sono rafforzati anche sul piano istituzionale. Inoltre, come riportato da PressTV, nel luglio 2023 il Capo della Marina sudafricana, Vice Ammiraglio Monde Lobese, ha dichiarato che “le acque e i porti del Sudafrica sono aperti a tutte le navi militari e non militari iraniane”, durante un incontro ufficiale con il comandante della Marina iraniana.
Anche dal punto di vista ideologico i legami appaiono consolidati. Secondo l’ISGAP, nel dicembre 2023 una delegazione ufficiale di Hamas ha partecipato alla “Conferenza globale di solidarietà con la Palestina” organizzata a Cape Town, in coincidenza con il decimo anniversario della morte di Nelson Mandela. Il segretario generale dell’ANC, Fikile Mbalula, ha pubblicato le immagini dell’incontro con Hamas e Fatah su X, parlando apertamente di collaborazione tra le parti.
Le relazioni risalgono però ad anni prima: il World Jewish Congress ha ricordato che nel 2015 il Presidente dell’Ufficio politico di Hamas, Khaled Mashal, fu ricevuto dal presidente sudafricano Jacob Zuma. In quell’occasione, ANC e Hamas firmarono una dichiarazione congiunta per rafforzare la cooperazione politica.
Quanto al procedimento in corso, la Corte Internazionale di Giustizia non ha finora emesso un giudizio definitivo. Le ordinanze hanno imposto a Israele misure precauzionali per prevenire eventuali atti genocidari ma non hanno mai affermato che lo Stato ebraico sia colpevole di genocidio. La rinuncia del Nicaragua, i legami tra ANC e attori come Hamas nonché le relazioni economiche con l’Iran sono elementi che sollevano interrogativi sul vero significato politico di questa iniziativa giuridica. L’accusa di genocidio richiede il massimo rigore. È lecito chiedersi se, in taluni casi, il diritto internazionale venga impiegato come strumento di pressione diplomatica.
Rimane comunque pendente presso la Corte Internazionale di Giustizia il procedimento intentato proprio dal Nicaragua contro la Germania. Il ricorso, presentato il 1° marzo 2024, accusa Berlino di aver violato la Convenzione sul genocidio e le Convenzioni di Ginevra, fornendo armi a Israele durante il conflitto a Gaza e tagliando i fondi all’UNRWA. La documentazione fa esplicito riferimento alla presunta corresponsabilità tedesca nella “commissione del genocidio”. Il 30 aprile 2024, la Corte ha rigettato sia la richiesta di misure provvisorie avanzata da Managua sia quella di archiviazione presentata da Berlino. La causa proseguirà dunque con l’esame di merito.
La futura pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia nel caso Sudafrica c. Israele avrà inevitabili ripercussioni, non solo sul conflitto in corso, ma anche sul ruolo del diritto internazionale nei contesti di guerra asimmetrica. Prima di formulare valutazioni, è opportuno comprenderne la genesi, analizzarne le implicazioni e attendere con rigore l’esito del procedimento. Solo una lettura puntuale e fondata delle motivazioni potrà offrire strumenti adeguati per un commento serio evitando semplificazioni emotive o deformazioni funzionali a logiche politico-mediatiche.
Foto in alto: Jacob Zuma, già presidente del Sudafrica, e Khaled Mashal di Hamas (screenshot free-video)