di Ilaria Ester Ramazzotti
Molestie, atti vandalici, aggressioni a studenti ebrei. Libertà e diritti civili a rischio. Che cosa accade nelle Università Usa? È l’antisionismo, l’odio per Israele, l’elemento di novità
e di pericolo. Un’inchiesta
«Taci sionista! Che ci fai qui, ebreo? Fuori gli israeliani da questa Università!» . Un’escalation preoccupante di ostilità sta scalando i muri degli Atenei americani. La U.S. Commission in Civil Rights (Commissione degli Stati Uniti per i diritti civili) lo aveva dichiarato già nel 2006: gli episodi di antisemitismo nei campus universitari degli Stati Uniti costituiscono un problema serio. A queste parole seguiva la raccomandazione che l’Ufficio per i Diritti Civili del Dipartimento per l’Istruzione degli Stati Uniti proteggesse gli studenti universitari dall’antisemitismo attraverso una estensiva applicazione del Titolo VI del Civil Rights Act (Legge sui diritti civili) del 1964, che vieta la discriminazione di persone sulla base della razza, del colore o dell’origine nazionale nelle scuole, sul posto di lavoro e nelle strutture pubbliche in generale. La Commissione raccomandava inoltre che il Congresso degli Stati Uniti chiarisse se il Titolo VI si dovesse applicare alla discriminazione nei confronti degli studenti ebrei.
Ma che cosa succede nei campus americani? Nel corso dello scorso anno, si sono verificati, in particolare, comportamenti che prendono di mira studenti o dipendenti ebrei delle università, ma anche libero sfogo a espressioni di antisemitismo, insieme allo svolgersi di attività a supporto del BDS, il movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro lo Stato di Israele. Queste sono in sintesi le categorie di episodi che l’associazione AMCHA Initiative, un’organizzazione no profit dedicata al monitoraggio, all’analisi e al contrasto dell’antisemitismo nei campus degli Stati Uniti, con sede in California, ha pubblicato in una ricerca che registra, nell’arco del 2018, 238 episodi antisemiti verificatisi in 118 università. Fra questi, molestie, atti vandalici e aggressioni contro studenti ebrei. AMCHA Initiative evidenzia anche che, sebbene questi episodi siano all’incirca di numero pari a quelli accaduti nel 2017, gli eventi di antisionismo e contro lo Stato di Israele sono aumentati del 42%, mentre gli atti legati a un antisemitismo “di vecchia data”, per esempio unito a stereotipi e pregiudizi contro gli ebrei in generale, sono diminuiti del 66%.
Nel Paese comunemente noto come patria e garante delle libertà, qualcosa sembra dunque accadere e cambiare sul fronte dell’antisemitismo, anche nell’ambito accademico. “Le università americane stanno apertamente rompendo i loro legami con la comunità ebraica, abbracciando la discriminazione attiva contro gli studenti ebrei e rigettando il loro attaccamento intellettuale, emotivo e morale ai valori di pari dignità umana, diritti universali, indagine critica e pensiero razionale”, scrive Tablet Magazine, nelle righe di una storia di vita vissuta, che rievoca esperienze giovanili e universitarie e propone un commento dei fatti recenti. “Il mese scorso, il Williams College (a Williamstown nel Massachusetts, ndr) ha negato la richiesta di un gruppo di studenti di essere riconosciuto come organizzazione studentesca registrata. Il gruppo, Williams Initiative for Israel, è dedicato alla promozione della cultura israeliana e del diritto di esistere dello Stato ebraico”. Anche in questa storia, come in altre occasioni, traspare l’acuirsi di una sorta di antisemitismo mescolato o mascherato da antisionismo. “Le università americane – scrive ancora il commento – sono diventate vortici con mobilità verso il basso che prendono di mira le persone e le idee che un tempo avevano custodito e protetto”.
Secondo il report 2018 del Kantor Center, l’ostilità crescente verso gli universitari ebrei e sionisti si manifesta in diversi modi, nell’ambito dei campus statunitensi, ma principalmente secondo tre dinamiche: l’esclusione dalla vita sociale del campus e la messa a tacere di studenti e di gruppi pro-Israele; la negazione dell’autodeterminazione degli ebrei; la presenza e la valorizzazione di professori e accademici a favore del movimento BDS. Ma vediamo questi punti più nel dettaglio.
Esclusione e messa tacere degli studenti ebrei e sionisti
Rispetto al 2017, sono più che raddoppiati gli atti e i tentativi di fermare la libertà di espressione degli studenti pro-Israele e di escluderli dalla vita comunitaria nei campus. Nel 2018 si sono succeduti ben 73 episodi di questo tipo. Fra questi, alla New York University, 53 gruppi di studenti si sono impegnati a boicottare dei club a favore dello Stato ebraico. Alla San Francisco State University, un accademico ha scritto sulla pagina Facebook (riguardante un suo progetto di studio) che l’accoglienza dei sionisti nel campus rappresenta “una dichiarazione di guerra contro arabi, musulmani, palestinesi”. Subito dopo, il messaggio è stato più volte condiviso e numerosi volantini cartacei sono stati distribuiti negli spazi universitari, dove sono comparse scritte secondo cui “i sionisti non sono benvenuti”.
Negazione dell’autodeterminazione degli ebrei e prese di posizione contro Israele
Con 129 episodi segnalati, nel 2018 sono raddoppiati rispetto all’anno precedenti gli atti di chiara espressione contro lo Stato ebraico o addirittura a favore della sua eliminazione. Risultano essere triplicati, in particolare, gli eventi promossi da dipartimenti universitari. All’Università del Michigan, ad esempio, tre dipartimenti accademici hanno patrocinato una conferenza in cui l’oratore affermava che agire contro il sionismo significa agire contro l’ingiustizia ovunque. Alla University of California di Los Angeles, in occasione di una conferenza organizzata dal gruppo National Students for Justice in Palestine, è stato diffuso lo slogan “Make Israel Palestine Again”, poi riproposto nell’ambito di eventi anti-Israele anche all’Università di Houston e all’Università della California Davis.
Presenza e risalto di accademici e attivisti pro-BDS
Sebbene l’attività complessiva del movimento BDS sia rimasta costante fra il 2017 e il 2018, l’anno scorso si sono verificati 127 episodi o tentativi di boicottaggio di università e di studiosi israeliani, un numero doppio rispetto al 2017. Il rapporto del Kantor Center fa notare come questi eventi si ripercuotano direttamente sugli studenti che desiderano o che programmano di viaggiare e studiare in Israele, o che esprimono forme di sostegno per questo Stato. Così facendo gli universitari ebrei e israeliani risultano venire condizionati in modo sproporzionato.
Fra gli ambienti accademici statunitensi che osteggiano Israele, è particolarmente attiva la “US Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel” (USACBI), campagna statunitense per il boicottaggio accademico e culturale dello Stato ebraico. Le sue linee guida invitano i professori e i membri del corpo accademico a “lavorare contro” iniziative che coinvolgono istituzioni israeliane, cercando per esempio di impedire agli studenti di partecipare a programmi di studio all’estero nelle università israeliane, di far fallire gli eventi culturali su Israele nei campus, compresi quelli organizzati dagli studenti, rifiutando di collaborare con organizzazioni studentesche o universitarie che promuovano una “normalizzazione” dello Stato ebraico nel mondo accademico globale.
Due episodi avvenuti nel 2018, in particolare, hanno contribuito all’incremento di queste attività di boicottaggio, portandolo all’attenzione pubblica e diffondendolo in diversi altri campus. Il primo è successo alla University of Michigan, quando un docente si è rifiutato di scrivere una lettera di presentazione a uno studente in attesa di andare a studiare in Israele, proprio in ottemperanza alle linee guida della campagna USACBI. Il secondo ha coinvolto il senato di facoltà al Pitzer College, che ha votato in modo schiacciante per abolire l’unico programma, fra quelli relativi ai periodi di studio all’estero, previsto in Israele. Sulla scia di questi episodi, si sono innescate altre iniziative di boicottaggio promosse da studenti o da dipartimenti universitari, fra cui alcune conferenze a sostegno del diritto di implementare il movimento BDS in ambito accademico, svolte alla New York University e all’Università del Michigan.
Azioni di contrasto all’antisemitismo nei campus
Ma cosa si è fatto e quali reazioni si sono innescate per combattere e arginare quanto sta accadendo? Di fronte all’antisionismo e all’antisemitismo nei campus americani, sono stati attuati diversi tentativi e strategie di contrasto sviluppati su più fronti, da quelli interni legati al mondo studentesco a quelli esterni, di tipo associazionistico o legale e legislativo.
Nel 2018, le rappresentanze degli studenti della Texas A & M University224 e della Wake Forest University hanno votato e approvato risoluzioni che condannano espressamente l’antisemitismo. Dal 2015, sono state in totale 15 le assemblee di rappresentanza degli studenti che hanno approvato mozioni simili. Fra le iniziative di gruppi e associazioni, AMCHA Initiative ha organizzato e promosso una grande coalizione di oltre 100 organizzazioni, con l’obiettivo di supportare e patrocinare atti di contrasto agli episodi antisemiti e di difesa degli studenti ebrei e sionisti, favorendo la loro libertà di espressione e una piena partecipazione alla vita del campus. È stata per esempio inviata una lettera a 250 presidi di università di tutta l’America. Risalta anche l’attività della Anti-Defamation League: «Continueremo a difendere gli atti legislativi e di ogni altro tipo per garantire che non ci sia posto per l’antisemitismo nella nostra società», ha detto George Selim, uno dei responsabili di ADL.
Non sono inoltre mancate le cause legali private, intraprese da singoli studenti, oltre alle azioni pubbliche di tipo legislativo. Fra i passaggi cruciali, la proposta di legge Anti-Semitism Awareness Act (Legge sulla consapevolezza dell’antisemitismo) messa al vaglio del Congresso degli Stati Uniti d’America nel 2016. La norma proposta richiederebbe al Dipartimento dell’educazione di verificare se nei casi di discriminazione denunciati nei campus vi sia una violazione del titolo VI del Civil Rights Act del 1964, valutando se il movente sia l’antisemitismo secondo una definizione operativa prevista dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Il disegno di legge non è stato approvato né nel 2017 né nel 2018, ed è stato recentemente riproposto al Senato degli Stati Uniti. Fra le critiche, l’accusa di poter limitare la libertà di parola.
Secondo Moshe Kantor, presidente del Congresso ebraico europeo, oltre che fondatore del centro di studi dell’Università di Tel Aviv intitolato a suo nome, nel 2018 si sono acuite tutte le forme di antisemitismo. Abbiamo assistito al maggior numero di ebrei uccisi in un solo anno, come non accadeva da decenni. Il numero degli atti più considerevoli e violenti accaduti e rilevati dal report del Kantor Center tocca quasi i 400 casi, svelando un aumento del 13% rispetto all’anno 2017. Di questi casi, ben 100 sono avvenuti negli Stati Uniti, in quantità superiore ai 68 registrati nel Regno Unito, ai 35 in Francia, ai 35 in Germania e ai 20 in Canada. In percentuale, è tuttavia in Germania che si conta il maggiore incremento di gravi episodi antisemiti, pari al 70%.
L’antisemitismo 2018 negli States
I dati sono stati resi noti con la pubblicazione del report annuale 2018 del Kantor Center, dal titolo Antisemitism Worldwide 2018 – General Analysis. «Se devo riassumere in una frase la situazione relativa all’antisemitismo nel 2018 e all’inizio del 2019, direi che è crescente il senso di emergenza tra gli ebrei in molti Paesi del mondo – ha sottolineato Kantor -. L’antisemitismo è avanzato al punto da mettere in discussione la continuazione stessa della vita ebraica in molte parti del pianeta. Come abbiamo visto con la seconda sparatoria di massa in una sinagoga negli Stati Uniti, molte parti del mondo che prima erano considerate sicure, oggi non lo sono più».
Nel 2018, l’organizzazione americana Anti-Defamation League (ADL) ha contato un totale di 1.879 episodi antisemiti avvenuti negli Stati Uniti, sommando quindi non solo i più gravi. “I suprematisti bianchi hanno intensificato le loro attività e il numero di casi di aggressione, di molestie e vandalismo resta a livelli quasi storici” in America, scrive ADL, che ha registrato “un drammatico aumento delle aggressioni fisiche, incluso il più grave attacco mortale a una sinagoga (a Pittsburgh, il 27 ottobre 2018, 11 morti, ndr), oltre a un’ondata di atti contro scuole ebraiche, centri e luoghi di culto ebraici e un numero significativo di incidenti nelle scuole e nei campus universitari”.
«Abbiamo lavorato duramente per contrastare l’antisemitismo e siamo riusciti a migliorare le leggi sui reati d’odio, eppure continuiamo a vedere un numero allarmante di atti antisemiti – ha dichiarato Jonathan Greenblatt, direttore di ADL. – Purtroppo questa tendenza è proseguita nel 2019 con la tragica sparatoria alla sinagoga di Poway, San Diego. È chiaro che dobbiamo rimanere vigili per contrastare la minaccia del violento antisemitismo e denunciarlo in tutte le forme, qualunque ne sia la fonte e indipendentemente dall’appartenenza politica dei suoi sostenitori».
La strage del 27 ottobre 2018 nella sinagoga di Pittsburgh, in Pennsylvania, dove un uomo armato ha fatto fuoco uccidendo undici persone e ferendone sei, ha segnato un momento cardine nell’incremento della violenza antisemita e dell’insicurezza delle comunità ebraiche. Come nel caso dell’attacco alla sinagoga di San Diego, in California, dove lo scorso 27 aprile un ragazzo ha ucciso una donna e ferito tre persone, appare dalle cronache che ad armare la mano degli assassini sia stato il movente razziale e antisemita legato al sedicente suprematismo bianco e all’estrema destra. Di più, il rapporto del Kantor Center amplia lo spettro del fenomeno-antisemitismo in corso e alza il livello dell’allarme: «Ora è chiaro che l’antisemitismo non è più limitato al triangolo islamista, di estrema sinistra, estrema destra e radicale, ma è diventato mainstream e spesso accettato dalla società civile. L’antisemitismo rappresenta un chiaro pericolo non solo per gli ebrei, ma per la società nel suo complesso – ha detto Kantor – ed è il comune denominatore che unisce gli estremisti sullo spettro politico, come parte della loro politica di intolleranza che mette tutti in serio pericolo». «Inoltre, come abbiamo recentemente visto con la malaugurata vignetta del New York Times (vedi pagina 7, ndr), l’antisemitismo è gradualmente entrato nel discorso pubblico. Minacce, molestie e insulti sono diventati più violenti, incitando ancora di più alla violenza fisica contro gli ebrei. Sembra che quasi tutti i tabù relativi agli ebrei, all’ebraismo e alla vita ebraica siano stati infranti».