La notizia è uscita su tutti i media nazionali e internazionali suscitando grande clamore, e non poteva essere altrimenti. Si tratta infatti del primo scontro diretto tra Israele e Iran, che può aprire scenari inquietanti nella già incendiata regione.
La dinamica
Nella notte fra venerdì 9 e sabato 10 febbraio un drone di fabbricazione iraniana decollato da territorio siriano è penetrato nello spazio aereo israeliano, al confine con il Golan. Un elicottero israeliano lo ha intercettato e abbattuto. In rappresaglia per la violazione alcuni cacciabombardieri dello Stato ebraico hanno compiuto raid sulle postazioni dell’esercito siriano e delle milizie sciite alleate. La reazione dell’anti-aerea siriana è stata questa volta molto intensa. Un missile, probabilmente del sistema S200, ha colpito un F-16. Il jet è precipitato nel Nord di Israele. I due piloti sono riusciti a lanciarsi con il paracadute. Sono feriti leggermente, ma «in buone condizioni», e sono stati portati in un ospedale militare.
Come riporta La Stampa, i missili anti-aerei lanciati dalla difese intorno a Damasco sono penetrati nello spazio aereo israeliano e hanno fatto suonare a lungo le sirene di allarme in tutto il nord del Paese. “È la prima volta che un sistema antiaereo russo riesce ad abbattere un jet israeliano nel corso della guerra civile in Siria, che ha visto decine di raid dell’aviazione dello Stato ebraico contro obiettivi dell’Hezbollah libanese in territorio siriano – scrive il quotidiano -. Alcuni fonti, da confermare, dicono che in realtà sarebbero entrati in azione i più potenti S300, che in teoria però sono sotto diretto controllo di Mosca. Almeno 25 missili hanno preso di mira l’F-16, che alla fine è stato colpito”.
Poco dopo l’abbattimento dell’F-16 è partita una seconda ondata di raid israeliani di rappresaglia. Questa volta gli obiettivi erano postazioni e depositi di armi di Hezbollah, e forse iraniani, vicino alla base aerea T4, a Ovest di Palmira, e a Jabal Manaa, a Sud di Damasco. Abitanti della capitale riferiscono di forti esplosioni vicino al sobborgo di Al-Kiswah, nella zona. Damasco ha risposto con il lancio di decine di missili anti-aerei che si sono diretti anche verso lo spazio aereo israeliano e hanno fatto scattare per la seconda volta le sirene di allarme nel Nord di Israele. Secondo le forze armate israeliane sono stati colpiti «dodici obiettivi».
Le implicazioni
Diventa dunque sempre più globale la seconda guerra siriana, che vede impegnate direttamente potenze regionali e globali: Usa, Russia, Turchia, Israele, Iran, con l’aggiunta degli Hezbollah libanesi e, nella Coalizione anti-Assad a guida statunitense, l’Arabia Saudita e le milizie curde siriane dell’Ypg. E diventa sempre più concreto il timore di Israele di avere l’Iran, alleato alla Siria, ai propri confini. Come aveva spiegato il direttore della Stampa in una serata organizzata da Kesher: «La minaccia della presenza di forze iraniane in Siria pone Israele di fronte a un pericolo per la sicurezza che non ha mai conosciuto – dichiarava Molinari il 30 gennaio durante la serata dedicata al ruolo di Israele fra Usa e Russia in Medio Oriente -. La tradizionale dottrina di sicurezza israeliana, infatti, mostra difficoltà di fronte a una situazione completamente nuova: non deve combattere contro gruppi terroristici o stati confinanti, che possono essere attaccati, ma con una nazione pericolosa che è presente con un contingente. Per questo è una minaccia militare senza precedenti».
Interessante è l’analisi di Yaakov Katz uscita sul Jerusalem Post domenica 11 febbraio e tradotta da Israele.net: “È uno sviluppo che si preparava da tempo. Anni fa, gli iraniani accorsero in aiuto del dittatore siriano Bashar Assad in Siria e, insieme alla Russia, garantirono la sua sopravvivenza. Il problema è che non se ne sono più andati. Al contrario, anche se oggi Assad detiene il controllo della maggior parte della Siria, l’Iran rimane ben fermo e cerca di stabilire una sua presenza militare sempre più grande all’interno del paese. Sabato si è visto quanto sia determinato a farlo. È troppo presto per dire quale lezione l’Iran possa aver tratto dallo scontro di sabato. Da un lato, è riuscito a infiltrare un drone in Israele (sebbene sia stato ben presto intercettato ed eliminato). E il suo alleato, la Siria, è riuscito ad abbattere un jet israeliano. D’altra parte, Israele ha reagito effettuando su obiettivi militari in Siria i bombardamenti più massicci da quando distrusse quasi tutta l’antiaerea siriana nel 1982”.
“La reazione israeliana – continua il giornalista – è importante per due ragioni. Era necessario neutralizzare le batterie siriane usate per abbattere l’F-16, ma era anche importante far pagare un prezzo all’Iran bombardando il centro di controllo usato per gestire il drone, nonché altri obiettivi iraniani in Siria la cui esatta natura si apprenderà probabilmente solo nei prossimi giorni. La domanda è se Israele riuscirà a riaffermare la propria deterrenza (cioè l’elemento che previene una conflagrazione più ampia). La risposta dipende da cosa l’Iran deciderà di fare: continuerà a sviluppare la sua presenza militare in Siria? E mentre lo fa, tenterà ancora di violare la sovranità di Israele?
La perdita di un aereo da combattimento è un colpo per il morale israeliano, anche se non è del tutto inaspettato e deve essere visto nel più ampio contesto di ciò che è successo negli ultimi cinque anni: Israele ha effettuato centinaia di operazioni in Siria, e in guerra ci sono sempre successi e perdite. Il fatto che finora nessun aereo fosse mai stato colpito è la vera notizia, e dice molto delle superiori capacità delle forze aeree israeliane.
Infine, Israele deve preoccuparsi della risposta della Russia agli eventi di sabato. Da Mosca, il Ministero degli esteri ha diffuso una dichiarazione che invoca moderazione chiedendo a tutte le parti di “rispettare la sovranità e l’integrità territoriale della Siria”. All’apparenza, sembra che la Russia stia prendendo le parti di Iran e Siria e non di Israele, nonostante tutti gli sforzi del primo ministro Benjamin Netanyahu per convincere Vladimir Putin, nei suoi numerosi incontri con il presidente russo. Al di là del suo significato retorico, la dichiarazione ministeriale potrebbe avere conseguenze pratiche se la Russia decidesse di negare in futuro a Israele lo spazio di manovra nei cieli della Siria. Israele dovrà procedere con cautela e non potrà che tenere nella dovuta considerazioni gli orientamenti di Mosca. Finora la Russia, benché abbia consentito all’Iran di stabilire una presenza militare in Siria, non gli ha permesso di costruire grandi basi né di schierare una presenza lungo il confine con Israele sulle alture del Golan. Ma tutto questo potrebbe ancora accadere, e dipenderà da quali saranno gli interessi prioritari della Russia quando si tratterà del futuro della Siria e più in generale del Medio Oriente”
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