di Massimiliano Boni, da Riflessi Menorah
Pubblichiamo una parte dell’intervista fatta dal sito Riflessi Menorah al giurista sul ricorso fatto dal Sud Africa che porta oggi, 11 gennaio 2023, Israele al Tribunale della Corte dell’Aja.
Giorgio, Il Sudafrica ha fatto ricorso alla Corte internazionale dell’Aja perché Israele sia condannato per i fatti di Gaza. Innanzitutto: cos’è la Corte dell’Aja e che competenze ha?
La Corte internazionale di giustizia che ha sede all’Aja è il tribunale delle Nazioni Unite. Si tratta di un giudice indipendente dagli organi politici dell’ONU, le cui competenze hanno come obiettivo quello di dirimere le controversie internazionali fra Stati, sulla base di una serie di trattati e convenzioni. Presupposto per cui la Corte dell’Aja possa intervenire è che gli Stati interessati accettino di sottoporsi al suo giudizio. Oltre a emettere sentenze, la Corte internazionale dà anche pareri, non vincolanti diversamente dalle sentenze, per lo più su richiesta dell’Assemblea generale dell’ONU, che presentano connotati più politici. In passato, ad esempio, la Corte si è pronunciata sulla legittimità del Muro costruito da Israele quale barriera di difesa contro i terroristi dalla Cisgiordania, mentre ora pende un altro parere, sempre richiesto dall’Assemblea generale, sulle conseguenze legali dell’occupazione israeliana della Cisgiordania.
Quali sono i trattati e le convenzioni che stabiliscono le competenze della Corte dell’Aja?
Sono diversi. Si tratta per lo più di convenzioni a tutela dei diritti umani, che attribuiscono alla Corte competenza su controversie che riguardano gli Stati firmatari. Uno di questi trattati, ad esempio, è la Convenzione sul genocidio, firmata nel 1948 a seguito della Shoah e di cui promotore fu un giurista ebreo, Raphael Lemkin. La convenzione prevede che in caso di dispute fra Stati firmatari sia possibile deferire alla Corte il caso, anche se lo Stato ricorrente non è direttamente interessato ai fatti sui quali chiede una pronuncia. Ad esempio, nel 2020, fu il Gambia a chiedere un intervento della Corte nei confronti dello Stato di Myanmar per la persecuzione esercitata da quest’ultimo nei confronti della popolazione Rohingya.
Questo è dunque anche il caso del Sudafrica nei confronti di Israele.
Si. il Sudafrica ha per così dire esercitato un actio popularis, ossia nell’interesse non suo proprio, ma generale, della comunità internazionale, affinché venga accertata la violazione della convenzione sul il genocidio da parte di Israele nel corso della guerra a Gaza.
Che poteri ha la Corte quando viene investita di una questione?
Direi che il potere più efficace è quello di pronunciare provvedimenti provvisori, potremmo dire delle misure cautelari. Spesso, quando gli Stati si rivolgono alla Corte, prima ancora di una sentenza definitiva nel merito, che a volte non arriva, e comunque richiede parecchio tempo per essere formulata, puntano piuttosto a ottenere provvedimenti cautelari i quali vengono adottati entro poco tempo da quando la causa è discussa. Ad esempio quando la Francia e il Canada chiesero l’anno scorso un intervento alla Corte per le torture effettuate dalla Siria nei confronti dei dissidenti politici, la Corte adottò un provvedimento cautelare con il quale intimava lo Stato siriano di non mantenere più i centri illegali di detenzione entro cui le torture venivano praticate. Il Sudafrica già col suo ricorso ha chiesto alla Corte un immediato provvedimento cautelare che ingiunga a Israele di cessare le azioni militari a Gaza o comunque di cessare dagli atti di genocidio di cui il Sud Africa accusa Israele.
Qual è l’accusa che muove il Sudafrica a Israele?
Sostanzialmente ritiene che Israele, in questi tre mesi di guerra a Gaza, abbia violato la convenzione sul genocidio, e in particolare suoi specifici articoli. Dobbiamo ricordare che la convenzione configura il genocidio non come un omicidio generalizzato e totale, quale fu l’obiettivo del nazismo durante la Shoah. Al contrario, sono atti di genocidio anche azioni più limitate, laddove però siano commesse con l’intenzione di distruggere volutamente, in tutto o in parte, un gruppo etnico, religioso, razziale o nazionale. Ad esempio, in relazione alla guerra in Jugoslavia la Bosnia citò la Serbia davanti alla Corte internazionale perché venisse condannata per genocidio per la strage della popolazione civile a Srebrenica. La Corte dichiarò che si era trattato di genocidio ma condannò la Serbia solo per non aver prevenuto la strage da parte delle bande di Mladic e Karadzic che erano sotto il suo controllo.
Possiamo fare altri esempi di azioni che rientrano nella nei casi vietati dalla convenzione?
L’uccisione premeditata di appartenenti a un determinato gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. L’infliggere serie lesioni fisiche ai suoi membri. L’infliggere loro deliberatamente condizioni di vita impossibili tali da portare alla distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo. Il voler impedire le nascite del medesimo gruppo. Infine, effettuare trasferimenti forzati di minori; tale ultimo caso è stato ad esempio denunciato presso la Corte internazionale dall’Ucraina nei confronti della Russia.
Israele si difenderà presso la Corte. A tuo avviso, quali argomenti possono essere utilizzati a suo favore?
Il Sudafrica interverrà presso la Corte il prossimo giovedì, Israele il giorno dopo. È stato annunciato che il suo principale avvocato sarà il noto esperto inglese prof. Malcom Shaw. Inoltre Israele, non avendo un giudice di propria nazionalità nella Corte può nominare (come il Sudafrica) un giudice “ad hoc” nel procedimento: non sarà il giurista di Harvard Alan Dershowitz, come inizialmente annunciato, bensì il prestigioso e ben più esperto in materia ex-presidente della Corte suprema d’Israele Aaron Barak (pur fino a ieri era inviso alla destra israeliana). Il punto più difficile che il Sudafrica deve dimostrare è che le azioni di Israele siano sostenute dall’intenzione, ossia dalla volontà, non solo di combattere Hamas, ma anche di distruggere un gruppo etnico definito, come la popolazione palestinese di Gaza. Questa intenzione è un requisito “soggettivo” che si aggiunge a quello “oggettivo” del compimento delle violenze che la Convenzione elenca, come ho ricordato più sopra. Credo che la difesa di Israele punterà proprio a dimostrare che non c’è alcuna volontà in tal senso.
Quali argomenti porterà invece il Sudafrica a sostegno della sua accusa?
Nel suo ricorso molto dettagliato (ben 84 pagine!) a sostegno delle sue accuse il Sudafrica ha evidenziato innanzitutto l’alto numero di vittime civili. Ha fatto anche riferimento al blocco dei viveri e degli aiuti umanitari che, soprattutto all’inizio del conflitto, è stato praticato da Israele, sebbene ora essi siano ripresi. Per quel che riguarda l’elemento soggettivo, il più complicato da provare, dobbiamo ricordare che ci sono state alcune dichiarazioni a dir poco incaute di membri del governo israeliano di voler distruggere completamente Gaza e affamare la sua popolazione. Ad esempio il ministro della Difesa Gallant dichiarò all’inizio del conflitto che Israele avrebbe impedito l’arrivo di carburante, elettricità, acqua e cibo, sebbene poi tale dichiarazione fu smentita dai fatti. In tempi più recenti alcuni ministri più estremisti hanno fatto affermazioni favorevoli a un’emigrazione forzata della popolazione palestinese della Striscia di Gaza. Il Sudafrica ha richiamato puntigliosamente queste e altre dichiarazioni del genere nel suo ricorso per cercare di dimostrare l’intento di Israele di voler distruggere la popolazione palestinese.
Quanto tempo impiegherà la Corte per esprimersi?
Come ho detto occorre distinguere fra l’adozione di provvedimenti cautelari e una sentenza definitiva. Mentre quest’ultima arriverà in un tempo non prevedibile, per quel che riguarda la possibilità di adottare provvedimenti provvisori, ciò potrà avvenire entro poche settimane; direi tra quattro e sei.
In cosa potrebbero consistere questi provvedimenti cautelari?
In teoria la Corte potrebbe respingere la domanda del Sudafrica e non adottare alcuna misura, soprattutto se non sarà provata l’intenzione di perseguire i palestinesi di Gaza come gruppo. Direi però che l’attenzione dell’opinione pubblica è così alta che difficilmente la Corte rinuncerà ad adottare alcuna misura, tanto più che i provvedimenti cautelari non si basano sulla prova piena delle accuse ma basta la loro “plausibilità”. Possiamo immaginare una dichiarazione di principio che critichi e condanni l’uso eccessivo dell’azione militare. Ricordiamoci che anche il presidente Biden ha fatto alcune dichiarazioni contro l’uso di “bombardamenti indiscriminati” su Gaza, esprimendo preoccupazioni per l’alto numero di morti civili. La Corte dell’Aja potrebbe quindi ingiungere a Israele non la cessazione dell’azione militare, ma la sua attenuazione.
In tal caso Israele sarebbe obbligato ad adempiere a quanto deciso dalla Corte?
Ricordiamo che tutte le decisioni della Corte dell’Aja sono obbligatorie, ma che sono prive di mezzi di esecuzione (salvo l’improbabile intervento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU). Israele certo negherà di aver usato mezzi eccessivi e di aver mirato a distruggere la popolazione di Gaza. Potrebbe dichiarare di adeguarsi comunque alla pronuncia, senza tuttavia essere certi che sul campo questo avvenga. Direi che una pronuncia della Corte potrebbe avere effetti sull’opinione pubblica internazionale, tale da indurre Israele a tenerne conto.
Come giudichi l’accusa del Sudafrica a Israele?
Certo oggi le guerre vengono portate avanti attraverso la tecnica di massicci bombardamenti, utilizzati per poter poi consentire alle truppe di terra di essere salvaguardate il più possibile. Tali tecniche inevitabilmente portano un aumento dei morti civili. Respingo però come assurda l’accusa fatta a Israele di perseguire volontariamente la morte dei civili o addirittura lo sterminio della popolazione di Gaza. L’accusa è assurda perché mossa nei confronti di uno Stato nato, ricordo, dalla Shoah. Si tratta a mio avviso di un’accusa non solo infondata, ma infamante.
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